Quegli strani ragazzi di Casa Pound, così “non conformi”, così coccolati dalle guardie

Quegli strani ragazzi di Casa Pound, così “non conformi”, così coccolati dalle guardie

Qualche giorno fa, sul suo blog, il compagno Paolo Persichetti ha pubblicato un documento della Direzione centrale della Polizia di prevenzione sull’attività di Casa Pound, redatto nell’aprile scorso (leggi). Per chi se la fosse persa, l’informativa in soldoni presenta Casa Pound  come un «sodalizio» caratterizzato da «uno stile di militanza fattivo e dinamico ma rigoroso nel rispetto delle gerarchie interne» e impegnato prioritariamente «nella difesa delle fasce deboli», nella lotta contro il precariato e nella difesa dell’occupazione.  Gli episodi di illegalità di cui – nonostante la gerarchia interna? – alcuni suoi esponenti sono stati protagonisti sono, nel documento, ricondotti all’inclinazione di «alcuni elementi» e a «frutto di mera occasionalità», più che di preordinazione: qualche mela marcia che tuttavia, aggiungiamo noi, occasionalmente si lascia prendere la mano con gli omicidi, come nel caso di Gianluca Casseri, militante di Casa Pound Pistoia, che nel dicembre 2011 ha ucciso a Firenze due uomini senegalesi.
Non è l’empatia del solerte funzionario del ministero dell’Interno nei confronti di Casa Pound, però, a stupirci, tanto più dopo che da anni sono noti i rapporti personali di esponenti di Cpi con le forze dell’ordine (ad esempio a Pistoia) e, a volte, perfino le parentele  che intercorrono tra essi (e il pensiero, qui, non può che andare al dirigente di Polizia Adriano Lauro). A nostro avviso, quindi, questo documento è «scontato» più che «sconcertante».  Lo «shock», semmai, potrebbe stare nell’onestà con cui – forse per la prima volta – il ministero dell’Interno abbandona ogni retorica sugli «opposti estremismi» e mostra il (neo)fascismo per quello che è (e, storicamente, è stato), una delle ramificazioni dello Stato capitalista e borghese: a tratti violento, a tratti più «presentabile», a tratti perfino stragista, ma pur sempre una costola del potere. Ed è per questo che noi, neanche ironicamente come Paolo, ci chiediamo se esista una nota informativa dal tono simile sull’attività dei movimenti di estrema sinistra in favore della lotta per la casa, contro il precariato e il sovraffollamento delle carceri, eccetera: non ce lo chiediamo perché sappiamo che, per fortuna, non è mai stata, e mai sarà, scritta.
Infatti, al di là di ogni retorica che ha ridotto il fascismo a violenza/razzismo/sessismo/omofobia/aggressioni (tutte componenti che, ovviamente, contiene ma che non ne spiegano l’essenza) o un esteso – quanto vago – autoritarismo (al punto che, essendo tutto diventato fascismo, niente è più tale), questo documento esprime chiaramente quello che il fascismo rappresenta: un movimento reazionario e conservatore, che non mette in discussione il sistema di rapporti economici e sociali esistenti e che, anzi, è assolutamente compatibile con essi. Non un movimento «non conforme», non un «esercito di spettri ingovernabili» (come recita, grottescamente, una loro maglietta), dunque, ma un movimento anti-rivoluzionario, al di là di ogni auto-rappresentazione di ribellismo che le organizzazioni neo-fasciste hanno tentato di diffondere e affermare nel corso della loro storia. Con tutti i nostri limiti, invece, i movimenti di estrema sinistra (utilizziamo volutamente questa definizione vaga, per quanto poco convincente) compiono – almeno nella maggior parte dei casi – proprio questo passaggio. Quelli per la casa, ad esempio, mettono in discussione gli assetti proprietari, la concezione stessa di proprietà privata; quelli contro il precariato, in gran parte, mettono in discussione il modo di produzione capitalista; quelli contro il carcere, mettono in discussione il diritto come fotografia dei rapporti di classe esistenti e il ruolo che hanno, al suo interno, le istituzioni totali. E, quindi, non possono che essere invisi alle forze di polizie, quelle deputate a mantenere l’ordine pubblico e, attraverso esso, lo status quo.
Casa Pound, invece, si pone su un piano completamente diverso: e qui si capisce perché la definizione – per quanto molto usata – di «opposti estremismi» non ha alcun senso per descrivere la frattura tra fascisti e antifascisti. Se la sinistra di classe rappresenta, o almeno prova a rappresentare, un visione del mondo opposta a quella attualmente egemonica, se non rivoluzionaria, e quindi classificabile come «estrema», i neofascisti fanno tutt’uno con il sistema economico, sociale e politico in atto, non si oppongono a esso: sono, semmai, uno degli strumenti della «lotta di classe dall’alto» contro i lavoratori, i proletari e le classi popolari. E la relazione del ministero dell’Interno ci sembra confermarlo.
Il ruolo dei movimenti neofascisti – e di Casa Pound, con le sue peculiari caratteristiche in primis – è proprio quello di erodere il terreno alle forze di sinistra, facendo propaganda sugli stessi temi, per quanto con motivazioni e scopi opposti. Il loro obiettivo non è quello di cambiare la realtà, ma quello di togliere terreno a chi si pone quel cambiamento come orizzonte politico e di smorzare la lotta di classe, tanto seminando confusione e riorientando l’opinione pubblica quanto – nelle versioni più inclini a emulare la repressione dello Stato – bastonando e aggredendo.
Questa funzione permette ai neofascisti, e soprattutto a Casa Pound, di far prosperare i loro affari, con la benevolenza dello Stato e, come dimostrato da alcune recenti inchieste giornalistiche, anche di alcune frange di criminalità organizzata (che vanno dal camorrista e narcotrafficante Mario Santafede, a Massimo Carminati, alla famiglia Spada a Ostia; per non parlare del coinvolgimento di un cosiddetto «ex militante» nell’omicidio di Silvio Fanella, il cassiere di Gennaro Mockbel). Legami con la criminalità organizzata che sembrano noti ai giornalisti e ai lettori dei loro articoli, ma non al ministero dell’Interno, dunque: o, per meglio dire, che sono certamente conosciuti ma sembrano irrilevanti ai funzionari di polizia che devono spiegare cosa sia Casa Pound. Un’ulteriore garanzia per i loro affari economici, dicevamo, che – per limitarci a quanto è pubblicamente noto e al contesto romano, visti archiviati  momentaneamente i tempi della corsa alle poltrone nelle società e negli uffici comunali – vanno dalla ristorazione (trattorie, con succursali anche a Milano; bistrot francesi; e per ultimo un ristorante spagnolo al Flaminio) ai pub all’abbigliamento, prima solo attraverso negozi come Badabing ora anche attraverso il marchio Pivert (il cui responsabile è Francesco Polacchi, colui che ha coglionato i giornalisti del Fatto quotidiano presentandosi come uno che «lavora nell’azienda», senza che nessuno di essi si accorgesse che si tratta anche di un dirigente di Casa Pound). Per non parlare degli ambigui rapporti con la Birmania e l’indipendentismo Karen, grazie ai quali hanno ottenuto introiti anche da iniziative benefiche come Voi siete leggenda. Insomma, ci sembra di poter affermare di trovarci di fronte a un «sodalizio» che usa le presunte finalità sociali e la beneficienza come foglia di fico per far soldi (o per muoverli, o per investirli, o magari per giustificarli…), con il benestare delle autorità di polizia. Sinceramente, non saremo noi a lamentarci per questo loro rapporto privilegiato con esse: non abbiamo mai pensato né che la Polizia fosse un’istituzione super partes né, tanto meno, che i neofascisti si opponessero realmente allo Stato al quale fanno, insieme alle forze dell’ordine, da cani da guardia.
Due parole conclusive merita, infine, la parte del documento in cui si afferma che il consolidamento di Cpi «è stato conseguito anche attraverso l’organizzazione di innumerevoli convegni e dibattiti cui sono frequentemente intervenuti esponenti politici, della cultura e del giornalismo anche di diverso orientamento politico». Posto che gli avvocati di Casa Pound utilizzeranno questa informativa in vari processi (che vedono coinvolti i compagni, ovviamente, e non solo nella causa civile della poetessa Mary de Rachewiltz, figlia di Ezra Pound, contro l’organizzazione per l’utilizzo del nome), per far emergere il volto «buono» dei suoi militanti (lo stesso che hanno mostrato al Family Day), non possiamo «rallegrarci» con i vari Sansonetti, Concia, ecc. ecc. che hanno consentito tutto ciò.