L’anticomunismo europeista della Lega Nord

L’anticomunismo europeista della Lega Nord

 

Per mesi la farsa di una Lega Nord presuntamente anti-europeista ha campeggiato un po’ ovunque. Le vacanze salviniane in Russia hanno poi offuscato ancor di più gli occhi di chi non riesce a discernere un discorso populista elettorale da una sostanza politica concreta, quella di un partito emblema di una piccola borghesia succube economicamente e politicamente dalle volontà di chi decide davvero oggi in Europa. Dopo tanta retorica, ecco arrivare i fatti: due consiglieri milanesi, non smentiti dal vertice leghista, hanno proposto al Parlamento di legiferare la “messa al bando dei partiti che si ispirano a dottrine bolscevico-marxiste, che hanno seminato terrore e morte nelle popolazioni di tutta la terra”.  Fosse solo questo, non ci sarebbe notizia. Il posizionamento della Lega Nord nel campo anticomunista era noto sin dalla fondazione del partito, e non saranno quattro abboccamenti salviniani a far cambiare mission ad un soggetto costruito proprio per strappare alle forze di sinistra pezzi di pensiero forte. Sostituire una certa identificazione sociale con una schiettamente territoriale è stato per decenni il compito di Bossi e sodali.

La notizia rilevante sta nel proseguo del comunicato dei due consiglieri:  “E’ di ieri la notizia che la Rada, il parlamento ucraino, ha approvato a larga maggioranza un provvedimento che pone giustamente sullo stesso piano il comunismo e il nazismo, vietandone i simboli, la loro propaganda e la negazione della loro indole antidemocratica e criminale”. I due leghisti, bontà loro, riescono a definire le posizioni in campo meglio di tanti compagni che in questi mesi hanno cercato di svelare la natura opportunista del messaggio leghista in chiave anti-europeista. Non solo viene riconosciuto il parlamento golpista ucraino, prendendolo peraltro come esempio di “buona politica”, ma lo si fa riguardo ad una questione che viene agitata con il solo scopo di indebolire le posizioni russe nel territorio del paese. E’ evidente infatti che in Ucraina le posizioni comuniste, soprattutto oggi in cui vige uno schiacciamento inevitabile tra i due campi, vengono identificate con quelle filo-russe dei territori del Donbass. La legge approvata dalla Rada ha l’unico obiettivo di criminalizzare le forze politiche, persino le semplici idee, che possano favorire il discorso russo. Insomma, si inserisce in quella serie di operazioni, come la soppressione del bilinguismo e l’abbattimento delle statue legate al periodo socialista, volte a colpire la parte russofona del paese.

Questo l’esempio che i due consiglieri, nella città capitale della Lega, prendono a modello, un riferimento che garantisce ulteriormente su quali siano gli interessi del partito di Salvini, quello cioè di giocare elettoralmente solleticando il malcontento popolare contro la Ue ma nei fatti rimanendo saldamente dentro un campo politico ed economico impossibile da mettere in discussione per forze storicamente prive di autonomia. Bisognerebbe tenerlo a mente alla prossima felpa contro l’euro di Salvini o alla prossima tirata putiniana di qualche sottocapetto leghista in cerca di notorietà.  Ma d’altronde un partito che gioca al filo-putinismo avendo come maggiore alleato un altro partito – Casapound – sostenitrice di Pravi Sektor in Ucraina, non aveva alcuna possibilità di credibilità in tal senso. Meglio tardi che mai, in ogni caso.