E’ ora che tu sappia di chi sei figlio…

E’ ora che tu sappia di chi sei figlio…

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Ha vinto Obama, come è noto. C’è chi ha ironizzato sulla sua abbronzatura, con quelle battute che fanno la fortuna dei film di Ezio Greggio, chi ha affermato che questa vittoria avrebbe fatto la felicità di Al Qaeda, scansando le critiche in modo stucchevole (di fatto Gasparri ha detto: “posso dire quello che mi pare di politica internazionale, tanto non conto un cazzo”), chi ha fatto feste in piazza (a Roma, non a Chicago), neanche le avesse vinte lui le elezioni. Sinceramente, chi ci fa più schifo è proprio quest’ultimo, il buon Veltroni, sempre pronto ad accogliere in modo acritica tutti i miti della cultura progressista Usa (JFK, Martin Luther King, Manhattan, il basket), sempre pronto a ignorare le biografie di quegli americani che lottavano per esprimere il conflitto e non per il pranzo del Giorno del Ringraziamento. E’ Veltroni che ci fa rabbrividire, quando afferma candidamente che “io credo all’insostituibilità dell’America. Il mondo non può accettare l’isolamento degli USA, non può rinunciare alla sua leadership morale” (Repubblica, 6 novembre, ripreso anche dal blog “Giornalismo partecipativo”, di Gennaro Carotenuto). Solo per la cronaca, ricordiamo che il Pd viene (anche) dalla storia del Partito Comunista Italiano, per quanto rinnegata e offesa in tutti i modi. Ma torniamo a Obama: ci risulta francamente difficile accodarci agli entusiasti della prima e dell’ultima ora. Crediamo, infatti, che il presidente degli Stati Uniti – chiunque esso sia – rappresenti una delle figura simboliche dietro alle quali la democrazia liberale nasconde le sue magagne e prosegue nella sua finzione. Finché lo pensiamo solo noi, si dirà, poco male. Ma non tutti i “progressisti”, negli Usa, sono entusiasti dell’opzione-Obama. Qui sotto riportiamo il link a un’intervista che addirittura il Corriere della Sera fece, sul finire dell’estate, a Kevin Alexander Gray, uno dei fautori della Black Politics, convinto che tra Obama e McCain non ci fossero grandi differenze. Tra le altre, ricordiamo questa definizione: “per noi afroamericani Obama è come il poliziotto nero che sbarca nel quartiere: più cattivo degli altri” (leggi).