70 anni dai 900 giorni di Leningrado

70 anni dai 900 giorni di Leningrado

Per ricordare il settantesimo anniversario dei 900 giorni dell’assedio di Leningrado, iniziato l’8 Settembre del 1941 e terminato il 18 gennaio 1944.

Estratto dalla “Storia Universale”, redatta dall’Accademia delle Scienze dell’Urss. L’8 luglio in una conferenza dello stato maggiore di Hitler venne decisa la prosecuzione delle operazioni secondo il “piano Barbarossa”: il gruppo di armate “Nord” doveva occupare Leningrado e costringere alla resa la flotta del Baltico; il gruppo di armate centrale doveva distruggere le truppe sovietiche sotto Smolensk e aprirsi la via verso Mosca; il gruppo di armate “Sud” doveva sconfiggere le truppe sovietiche concentrate in Ucraina sulla riva destra del Dnepr, occupare Kiev e assicurarsi il possesso del bacino del Don e delle basi della flotta del mar Nero.

I generali hitleriani erano talmente sicuri della imminente fine della campagna contro la Unione Sovietica, che nella stessa conferenza dell’8 luglio discussero il problema delle operazioni nel Medio Oriente e in Africa con la partecipazione delle truppe che sarebbe stato possibile ritirare dal fronte sovietico. Gli avvenimenti si svilupparono tuttavia in modo molto diverso.

Alla fine di agosto le truppe tedesche si avvicinarono alle vie di accesso a Leningrado e, assieme alle truppe finlandesi che attaccavano da nord, l’8 settembre posero l’assedio alla città. I collegamenti con Leningrado divennero possibili solo per via aerea e attraverso il lago Ladoga. A prezzo di grandi sforzi le truppe sovietiche, sostenute da tutta la popolazione della città, riuscirono ad arrestare il 26 settembre l’avanzata degli hitleriani. Nei duri combattimenti difensivi dell’estate 1941 l’armata rossa aveva subito gravi perdite e fu costretta a cedere al nemico un vasto territorio. Ma anche alle truppe fasciste le vittorie erano costate serie perdite in uomini e in mezzi. Nell’autunno 1941 divenne molto più difficile per il comando hitleriano realizzare grosse operazioni offensive sull’intero fronte. Sui fronti centrale e nord-occidentale l’offensiva fu arrestata. Tuttavia la situazione per le forze armate sovietiche continuava a essere estremamente grave. La riorganizzazione dell’economia su basi militari era ben lontana dall’essere compiuta.

Le armate nemiche assediavano Leningrado, minacciavano Mosca, e il bacino del Don e la Crimea si trovavano sotto la minaccia nemica. Nonostante la crescente resistenza dell’armata rossa, il comando tedesco non abbandonava l’idea di farla finita presto con l’Unione Sovietica. Scambiando il desiderio per realtà, Hitler, dichiarò che “i russi sono già all’ultimo respiro” e che “occorre ormai ben poco per farli morire”. Da questa valutazione erronea, il comando fascista trasse la conclusione di potere, ancor prima dell’inverno, attuare una offensiva decisiva su tutti i principali fronti strategici. Mentre sotto Mosca l’armata rossa respingeva gli attacchi massicci del nemico, aspri combattimenti si svolgevano anche negli altri settori del fronte sovietico-tedesco. Una difficile situazione si creò a Leningrado.

Non essendo riusciti a prendere la città d’assalto, gli hitleriani decisero di costringerla alla resa mediante bombardamenti dall’aria e con l’artiglieria. Nel settembre-novembre 1941 vennero lanciate su Leningrado 70 mila bombe e per 272 volte la città fu sottoposta a un intenso bombardamento delle artiglierie. Il comando hitleriano intendeva chiudere completamente il cerchio dell’assedio intorno alla città. A questo scopo le truppe tedesche condussero un’offensiva sul fronte di Tichvin per unirsi alle truppe finlandesi sul flume Svir. L’8 novembre esse conquistarono la città di Tichvin, tagliando così l’ultima linea ferroviaria sulla quale transitavano i trasporti verso il lago Ladoga. Tuttavia il gruppo di armate “Nord” non riuscì a congiungersi con le truppe finlandesi. Perciò il collegamento fra l’Unione Sovietica e Leningrado attraverso il lago Ladoga fu mantenuto anche se in condizioni peggiori.
Gli abitanti della città assediata sopportarono prove incredibili. Con il sopraggiungere dell’inverno cominciò a mancare il combustibile. Le condutture idriche gelavano. Nelle stufe venivano bruciate le case di legno diroccate, i recinti, i mobili. Sul lago Ladoga si formò il ghiaccio e le navi dovettero cessare la navigazione. I rifornimenti di viveri non coprivano neppure un terzo del necessario. Dal 10 novembre si dovette nuovamente, per la quinta volta, ridurre la razione di pane a 250 grammi per gli operai e a 125 grammi per gli altri. Nelle difficili condizioni del freddo e della fame i leningradesi diedero esempi mirabili di volontà inflessibile e di coraggio. Ogni mattino decine di migliaia di persone occupavano i loro posti presso le macchine dclle fabbriche. Lavoravano tutti coloro che potevano appena muoversi. Il 18 novembre il lago Ladoga gelò e il 22 novembre sul sottile strato di ghiaccio scesero i primi automezzi. Fu aperta la “via della vita” – una traccia automobilistica sul ghiaccio aperta attraverso il lago Ladoga per iniziativa del consiglio militare del fronte di Leningrado e del comitato cittadino del partito comunista. Il collegamento con le retrovie sovietiche venne migliorato e a Leningrado giunsero carichi di derrate e di altri beni per aiutare la popolazione e le truppe. Alla fine di novembre l’armata rossa comincio a portare duri colpi al nemico nella zona di Tichvin allo scopo di alleggerire l’assedio di Leningrado. Sui fronti sud-ovest e sud le truppe sovietiche passarono alla fine di settembre sulla difensiva per non permettere al nemico di occupare il bacino del Don e la Crimea. La superiorità di forze dei fascisti era tale che non si riuscì a mantenere le posizioni.

I continui bombardamenti dall’aria e il fuoco delle artiglierie, il totale arresto dei trasporti, la mancanza di combustibile e di viveri resero la situazione dei leningradesi eccezionalmente dura. L’intero popolo sovietico seguiva allarmato la sorte di Leningrado. In molte località del paese i lavoratori organizzarono raccolte di viveri per i leningradesi. Attraverso la “via della vita” del lago Ladoga si riuscì a inviare a Leningrado un gran numero di carichi. Grazie a questi sforzi fu possibile aumentare le razioni di pane a Leningrado a 400 grammi per gli operai, a 300 grammi per gli impiegati e a 250 grammi per tutti gli altri. Venne iniziata anche l’evacuazione della popolazione non idonea al lavoro. Ai primi di gennaio le truppe del fronte di Volchov sfondarono le linee del nemico e cominciarono a muoversi verso nord-ovest. Tuttavia esse non poterono collegarsi con il fronte di Leningrado, e la città rimase assediata.

Uno degli obiettivi principali raggiunto dalle truppe sovietiche nella campagna invernale 1942-1943 fu l’eliminazione dell’assedio di Leningrado. Lo sfondamento della difesa fortificata del nemico venne realizzato dalle truppe del fronte di Leningrado e da quelle del fronte di Volchov che passarono all’offensiva il 12 gennaio 1943. Alla rottura dell’assedio presero parte attiva i marinai della flotta del Baltico e della flottiglia da guerra del lago Ladoga. Dopo aspri combattimenti le truppe sovietiche ebbero ragione della difesa del nemico e il 18 gennaio si congiunsero nella zona dei sobborghi operai n. 1 e n. 5.

L’assedio di Leningrado era rotto.

La rottura dell’assedio rese meno precaria la situazione di Leningrado. Per 18 mesi i leningradesi, sopportando privazioni indicibili, erano stati sottoposti a un completo assedio da parte del nemico. Complessivamente, specialmente nel primo inverno dell’assedio, erano morti per fame e per gli attacchi nemici oltre 600 mila abitanti. Ma i leningradesi resistettero. Per tutto il mondo la difesa di Leningrado divenne il simbolo della volontà del popolo sovietico di vincere il nemico. Il presidente degli Stati Uniti d’America Roosevelt, nel diploma inviato a Leningrado, scrisse: “A nome del popolo degli Stati Uniti d’America consegno questo diploma alla città di Leningrado a ricordo dei suoi valorosi combattenti e dei suoi fedeli abitanti, uomini, donne e bambini, che isolati dalla restante parte del loro popolo e nonostante i continui bombardamenti e le indicibili sofferenze provocate da fame, freddo e malattie, hanno difeso con successo la loro cara città nel periodo critico dall’8 settembre 1941 al 18 gennaio 1943, assurgendo così a simbolo dello spirito invincibile dei popoli dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e di tutti i popoli del mondo che si oppongono alle forze dell’aggressione”.

Le gesta degli eroici difensori della città di Lenin sono così rimaste impresse per sempre nella memoria dei popoli del mondo.

Жизнь и судьба. Vita e destino.