venghino signori, venghino…

venghino signori, venghino…

Come abbiamo spiegato già in altre occasioni alle prossime elezioni non andremo a votare. Pur non riconoscendo nell’astensionismo una scelta strategica da praticare sempre e comunque crediamo che in questa fase l’obiettivo per i comunisti e per i proletari sia quello di riconquistare una propria autonomia politica, sociale e culturale; e ci pare di poter dire senza timore di smentita che nessuna delle compagini in campo vada anche solo lontanamente in quella direzione. Non per questo però assisteremo indifferenti a questo vero e proprio “Circo Barnum” e alle capriole di nani, saltimbanchi e ballerine che da sempre animano le italiche campagne elettorali. Le elezioni sono pur sempre un barometro, per quanto falsato, dell’umore del paese ed è in questa ottica che proviamo dunque ad elencare, così per come ci vengono, alcuni motivi di interesse e possibili chiavi di lettura.

Astensionismo. In Italia la crisi economica si è configurata, almeno in parte, anche come crisi politica. Durata appena l’arco di un ventennio la seconda repubblica sta cadendo a pezzi, sgretolata dai processi di integrazione europea e di cessione di sovranità che stanno modificando la natura e le funzioni dello Stato. Lo scollamento fra “cittadini” e “istituzioni borghesi” che ne sta discendendo è incontrovertibile. Siamo perfettamente consapevoli che non si tratta di un rigetto politico, quanto piuttosto di un rancore sordo che spesso assume i contorni dell’antipolitica e del disimpegno piuttosto che quelli della critica sociale. Comunque sia si è aperta faglia in cui qualsiasi forza antisistema dovrebbe provare a collocarsi, con l’intento di allargarla allargarla e non certo di ricomporla. Sarà dunque estremamente interessante capire se e quanto crescerà quello che a oggi è il più grande partito italiano, il partito degli astensionisti, e soprattutto quanti dei suoi iscritti appartengono alla nostra classe.

Faida moderata. Nel campo politico dei moderati, ascrivibile più o meno approssimativamente alla famiglia del PPE, è in corso una faida dagli esiti ancora incerti. Da una parte c’è Monti, il tecnocrate con l’endorsement dei poteri forti (dal Vaticano ai grandi giornali, passando per Confindustria e sindacati gialli) e  forte di un’inequivocabile investitura europea. Si tratta però, almeno fino ad ora, di un generale senza esercito costretto ad appoggiarsi a Fini, Casini ed altri vecchi arnesi centristi. Dall’altra parte c’è invece ciò che rimane del berlusconismo e del blocco sociale che è stato egemone nel corso dell’ultimo ventennio e che è di fatto espressione di un antieuropeismo reazionario. Entrambe le parti puntano ad essere determinanti negli equilibri che si determineranno a partire dal 26 febbraio, vedremo chi la spunterà.

Europa si Europa no. A tal proposito è abbastanza chiaro che al di la delle schermaglie ad uso e consumo del pubblico pagante (o meglio, votante) tanto il PD (e SeL) quanto Monti rappresentino oggi il campo più coerentemente europeista e imperialista. Molto probabilmente, complice il sistema elettorale che regola l’elezione dei senatori, una volta finito lo show e calato il sipario questi due schieramenti saranno chiamati a mettersi d’accordo e a governare insieme. Sarà dunque più che rilevante comprendere e quantificare il consenso che complessivamente queste forze saranno in grado di coagulare.

Che fine ha fatto l’a-sinistra? Pagando il pegno ad oltre un ventennio di analisi sballate e di scelte politiche disastrose la cosidetta sinistra radicale era scomparsa nel 2008 proprio alla vigilia di una crisi economica internazionale e sociale che in teoria avrebbe dovuto giustificare la sua ragion d’essere. Vale la pena ricordare che solo qualche anno fa  i partiti che oggi si riconoscono nella lista Ingroia e che festeggerebbero come un successo il superamento del 4% “valevano” quasi 5 milioni di voti, un patrimonio elettorale che in gran parte travaserà nel M5S. E il bello che i responsabili di questo sfacelo sono ancora tutti là, tutti in lista. Comunque sia la pattuglia arancione sarà inevitabilmente destinata all’ininfluenza, e per di più in un parlamento sempre più svuotato di senso e potere. Vengono in mente a commento le parole di Bertinotti/Guzzanti: “è un po’ come quando stai giocando a risiko e ti sono rimasti due carri armati sulla Kamchatka. Sai che non puoi vincere, te ne vorresti andare a casa ma devi restare altre due ore per far finire la partita agli altri“.

E l’alba dorata? In ultimo, a fronte dell’ignavia dell’a-sinistra e dell’incosistenza della sinistra di classe, sembrerebbero aprirsi spazi enormi per un partito reazionario, se non di massa quantomeno significativo nei numeri. Tanto per intenderci qualcosa di simile a quello che ha significato Alba Dorata in Grecia. Eppure la sensazione è che nessuna delle  tante anime neofaciste, ognuna col suo proprio ducetto, riuscirà ad andare oltre a percentuali omeopatiche. Anche in questo caso staremo a vedere sperando di non sbagliarci e consapevoli però che ci sono spazi che se non occupiamo noi prima o poi finiranno con occupare “gli altri”.