Una mattina mi son svegliato…

Questa mattina, nell’ottantesimo della Liberazione, quasi duemila compagne e compagni hanno raccolto l’appello a non lasciare ai sionisti la Piazza di Porta San Paolo, simbolo non solo della Resistenza romana ma anche di quella generazione di “magliette a strisce” che nel luglio 60 pagò un tributo sanguinoso alla repressione poliziesca di uno Stato che nelle strade e nelle fabbriche mostrava tutta la sua continuità con il regime fascista.
È stato un segnale politico importante e per certi aspetti inaspettato, almeno nei numeri. Soprattutto per come si era andata costruendo questa giornata nelle scorse settimane.
Su pressione dei vertici nazionali l’ANPI romano aveva infatti deciso di abdicare alla piazza per non urtare la “sensibilità” di quella stessa comunità ebraica cittadina che l’anno scorso si era presentata all’appello con bombe carta e con una sassaiola contro i manifestanti antifascisti. Una comunità che oggi, è sempre bene ribadirlo, oltre ad appoggiare incondizionatamente il governo Netanyahu, conta diversi suoi membri inquadrati nelle fila dell’IDF, impegnati quotidianamente a massacrare i bambini di Gaza, e che usa pretestuosamente le vicende della Brigata Ebraica per legittimare il genocidio in corso e l’occupazione della Palestina.
Proprio per questa ragione insieme a molte altre realtà cittadine e a tutte le organizzazioni palestinesi, fatta eccezione per chi si riconosce nel collaborazionismo dell’ANP, abbiamo sentito il dovere di convocarci in piazza *mentre* i sionisti facevano la loro sfilata, per contestare e contendergli l’agibilità politica, come da sempre si fa con i fascisti. E così è stato.
Nonostante la defezione dell’ANPI e di quelle altre strutture che hanno ritenuto più opportuno sfilare altrove (o sfilare dopo), proprio grazie alla determinazione di chi è venuto questa mattina in piazza i sionisti hanno sì messo in scena la loro kermesse, ma lo hanno potuto fare solo in ragione di un imponente apparato di sicurezza oltre che di un doppio cordone di blindati disposto a proteggerli. Insomma, sono venuti scortati dall’esercito, così come accade con i coloni in Cisgiordania. E proprio come in Palestina appena sionisti e polizia se ne sono andati quella piazza ce la siamo ripresa, perché ci appartiene, perché appartiene a chi lotta per la liberazione di tutte e di tutti.
Il 25 aprile non è solo una data segnata in rosso sul calendario, e non può essere nemmeno solo l’occasione per una sfilata liturgica… il 25 aprile è una giornata di lotta che vive e si invera solo se saremo capaci di intersecarla con le lotte e le resistenze di chi, in ogni parte del mondo, continua a combattere per la libertà.
E stamattina duemila antifasciste e antisionisti l’hanno fatto!
Buon 25 aprile a tutte e tutti!
Dal fiume al mare, Palestina libera!