ULTRAS NO PROFIT

ultimo ultras copy

da Il Manifesto

Da capo criminale della curva milanista e imputato per associazione a delinquere ad attore protagonista sul grande schermo. Giancarlo Lombardi detto Sandokan tenta altre strade. O almeno ci prova. Visto che nel film L’ultimo ultras del regista curvaiolo Stefano Calvagna, attore romano, irrudicibile della Lazio con due gambizzazioni alle spalle, altro non fa che interpretare se stesso: ras da stadio con concrete mire da balordo e sogni da boss mafioso. Non è uno scherzo. Il film esiste sul serio e occupa la programmazione delle sale più importanti di Roma e Milano. Si tratta di una pellicola che nelle intenzioni vorrebbe mostrare cosa ci sia di bello ed eroico nell’andare a fare a mazzate allo stadio e che invece non ce lo fa capire. Non solo non mostra la forza spersonalizzante del fare branco ma manco ci spiega perché il protagonista sia l’ultimo ultras. A Giancarlo Lombardi però piace fare gruppo. Lui, nella vita a capo del gruppo Guerrieri Ultras, ha bisogno della sua scorta armata anche sul set. E così ecco apparire in pochi fotogrammi i due fratelli Lucci, Luca e Francesco, recentemente condannati, il primo a quattro il secondo a due anni, per aver aggredito un tifoso dell’Inter – che perse l’uso di un occhio – durante il derby di ritorno dell’anno scorso. Oltre a loro, nella produzione del film compare Giancarlo Capelli, alias il Barone, trait d’union tra curva e società, imputato con Sandokan per estorsione al Milan. A lui si deve la preziosa partecipazione di Andry Shevchenko, il cui cameo spicca nel film come uno sterco raro. Avvicinato in una latrina dal protagonista – un ultras in fuga per aver ucciso un ragazzo durante scontri davanti a San Siro (unico richiamo alla realtà: tutto il resto, squadre e colori delle sciarpe compresi, sono inventati) – a Sheva viene rinfacciato il menefreghismo dei giocatori per ragazzi «che fanno migliaia di chilometri per andarli a vedere e questi non vanno nemmeno sotto la curva». E per non faresi mancare nulla, ecco comparire, tra i ringraziamenti, un tale Loris dei Viking Juve. Lui è Loris Grancini, amico e consigliere di Lombardi, con ottime entrature negli ambienti della criminalità organizzata calabrese e siciliana, già intercettato al telefono con Sandokan durante l’inchiesta della procura milanese. Il battesimo cinematografico di Sandokan Lombardi coincide con un ritrovato e per certi versi inaspettato feeling con il Milan. A tenere insieme questi due aspetti proprio la curva Sud che una settimana fa, durante il secondo tempo del derby, ha esposto questo striscione. «E il 4 settembre tutti al cinema… L’Ultimo Ultras!». Un coming soon pubblicitario, un invito al cinema che a molti è sembrata una presa in giro. Perché in quel momento San Siro proiettava le immagini di una delle più disastrose disfatte della storia del Milan. L’Inter maramaldeggiava su una squadra in evidente stato confusionale mentre i poveri caciavit abbandonavano le tribune. Immagini sulle quali la Sud non aveva voglia di infierire. Tutt’altro. Anche perché quel derby disastroso era cominciato con la riconciliazione tra gli uomini di Lombardi e i dirigenti rossoneri: «L’amore non è bello se non è litigarello: avanti Silvio!». Una smanceria che mostrava tutta la foga dei boss della Sud nel voler celermente voltare pagina dopo i moti di luglio, quando la curva si era portata in via Turati, sede storica del Milan, per chiedere di non vendere Kakà . Allora i toni erano di un altro timbro: lo slogan «Se vendi Kakà non voto Podestà» (era la settimana cruciale del ballottaggio che avrebbe consegnato la Provincia di Milano al centrodestra per un pugno di voti) aveva fatto pensare molto Berlusconi, il quale ha da sempre legato a filo doppio i suoi successi personali con quelli della squadra. A quella contestazione, però, non era seguito alcun moto di rivalsa per il Milan bensì un’estate di calciomercato asfittico, senza soldi e senza idee. E poi ecco il derby a decretare senza alibi la superiorità dell’Inter. Così ci si sarebbe aspettati che la Sud rincarasse la dose. Se lo aspettava anche Berlusconi che, come si sa, è refrattario alle contestazioni. Così non è stato: quel che Silvio ha pagato o promesso alla curva (si parla di 5000 biglietti, Galliani ha smentito) è servito, almeno per il momento, a calmare gli animi. Bisognerà vedere in futuro. Certo è che al di là delle smentite rossonere, sembra proprio che i rubinetti dei biglietti si siano riaperti dopo un anno e mezzo di stop. L’ultima volta era capitato per la finale di Champions ad Atene. Allora, Sandokan si intascò 780mila euro. Denaro che tenne quasi tutto per sé suscitando le ire degli altri gruppi milanisti e dei loro padrini. Su tutti i Commandos. Gente di mafia e di rispetto che ha preteso da Lombardi una spiegazione. In questo caso, la questione si è risolta con un’aggressione subita da Sandokan e con un summit riparatore tenutosi in un bar di via Carlo Marx a pochi passi dallo stadio. In quell’occasione Lombardi, spalleggiato dal fedele Grancini, dovette confrontarsi addirittura con uomini del clan mafioso dei Fidanzati. Insomma, per Giancarlo Lombardi tira una brutta aria. Arrivato dal nulla, Sandokan in appena due anni si è preso la curva Sud e tutti gli affari che le girano attorno. Ora non sarà facile tenersela. Nelle prossime settimane alcuni personaggi del tifo milanista con ottime amicizie nei clan usciranno di galera. L’ipotesi, ventilata anche da uomini della Digos, è che si possa arrivare a un sanguinoso scontro finale.