UE, epic fail

UE, epic fail

 

Immagini dell’Europa dallo spazio, bambini che giocano in tutta sicurezza con papere di gomma marchiate CE, pannelli solari in piena attività, ricercatori felici del loro lavoro, studenti Erasmus sorridenti, tariffe telefoniche ridotte, ragazzi che suonano con l’orchestra a Strasburgo l’Inno alla Gioia, immagini di un’Italia competitiva, di fiorenti scambi commerciali e di beni culturali nel loro splendore. Il tutto con toccante sottofondo musicale e una voce fuori campo che sul finire chiede se tutto sarebbe così meraviglioso se non ci fosse l’Unione Europea. Gli spot che la RAI ci sta infliggendo da qualche mese in concomitanza delle elezioni al Parlamento Europeo e del semestre italiano di presidenza del Consiglio UE hanno del melodrammatico. Degni dei migliori episodi di Tempesta d’amore su rete 4. E andando sul sito dedicato dalla RAI all’Unione Europea “Cantiere Europa” si apprezza ancora di più l’enorme potenziale dei media mainstream nell’infiocchettamento della realtà. Non serve, infatti, essere convinti antagonisti dell’Unione Europea per accorgersi che tra i titoli dei video le hanno sparate davvero grosse: “L’EUROPA, UNA UNIONE NATA PER LA PACE” oppure ancora meglio “L’EUROPA, UN’OASI DI DEMOCRAZIA E DI DIRITTI”.

Disoccupazione – povertà – politiche contro l’immigrazione – licenziamenti – guerre imperialiste – austerity – abolizione dei diritti sociali e del lavoro – razzismo – jobs act e eliminazione art.18 – emarginazione sociale – erosione dei salari – aumento delle tasse – sanzioni e filtri commerciali ad altri paesi – discriminazione – precarietà – sfratti – innalzamento delle frontiere – e così via. PROPRIO UN’OASI.

Ma tralasciando l’evidente contrasto tra le favole raccontate dalla combo RAI+UE e la realtà, quello che ci interessa è l’uso strumentale di questi mezzi nella definizione di un’ideologia dominante che a  partire da quella capitalista più tradizionalmente liberal-liberista prenda dei tratti specificamente made in Europe. E, di conseguenza, nella veicolazione di questa ideologia in modo sempre più capillare e subliminale nelle vite dei cittadini degli stati membri. Più che pubblicizzare le cose positive prodotte dall’Unione Europea a partire dalla sua nascita questi spot risultano come un mal celato tentativo di voler distogliere l’attenzione dalle criticità palesi del sistema Europa e allo stesso tempo “naturalizzare” e attestare l’esistenza stessa dell’Unione Europea, presentandola come un processo irreversibile e incontrovertibile. Un processo OVVIAMENTE bellissimo e pieno di cose fantastiche e che ormai è parte della nostra storia come del nostro futuro.

E su questo non può che venirci in mente il Marx dell’Ideologia Tedesca:

Se ora nel considerare il corso della storia si svincolano le idee della classe dominante dalla classe dominante e si rendono autonome, se ci si limita a dire che in un’epoca hanno dominato queste o quelle idee, senza preoccuparsi delle condizioni della produzione e dei produttori di queste idee, e se quindi si ignorano gli individui e le situazioni del mondo che stanno alla base di queste idee, allora si potrà dire per esempio che al tempo in cui dominava l’aristocrazia dominavano i concetti di onore, di fedeltà, ecc., e che durante il dominio della borghesia dominavano i concetti di libertà, di uguaglianza, ecc. Queste sono, in complesso, le immaginazioni della stessa classe dominante. (…) Infatti ogni classe che prenda il posto di un’altra che ha dominato prima è costretta, non fosse che per raggiungere il suo scopo, a rappresentare il suo interesse come interesse comune di tutti i membri della società, ossia, per esprimerci in forma idealistica, a dare alle proprie idee la forma dell’universalità, a rappresentarle come le sole razionali e universalmente valide.

Per di più, siccome il caso non esiste, queste pubblicità sono cadute proprio a pennello nei mesi a cavallo delle elezioni al Parlamento Europeo e nel semestre guidato dall’Italia. E qualche sincero democratico ha anche posto pubblicamente il dubbio che questi spot non fossero troppo appropriati al periodo di campagna elettorale influenzando esplicitamente il voto delle persone e mancando di rispetto ai contrari all’UE. Ma questo poco importa e fa parte di un’etica democratica che non c’è motivo di cercare né nell’impianto UE, dove per dirne una le istituzioni centrali assegnano i “compiti” agli stati a prescindere dalla loro sostenibilità, né nella RAI, diretta espressione dell’europeismo di buona parte della borghesia italiana e del governo Renzi che sarebbe seguito alle elezioni.

E poco importa soprattutto perché questi spot, così come tutto il resto della propaganda UE nei vari paesi, colpo di scena… non sono serviti a niente. Le elezioni europee sono state una débâcle, e questo non lo diciamo noi, ma lo stesso Parlamento Europeo nello Studio Post-Elettorale presentato a Ottobre e costituito da un sondaggio rivolto ai cittadini europei.

Questi i risultati principali dell’indagine, che in Italia ha riguardato circa 900 persone.

AFFLUENZA. La partecipazione alle elezioni europee 2014 è stata pari solo al 42,5%, in calo rispetto al 43% delle elezioni del 2009, con i cittadini di ben 18 paesi su 28 dell’UE che hanno votato in percentuale minore. Tra questi l’Italia, che è passata dal 65% dei votanti al 57%.

POSTA IN GIOCO. La disoccupazione costituisce la principale posta in gioco del voto (45%) per i cittadini che hanno votato – seguita dalla crescita economica – e, come prevedibile, è la voce più menzionata in Grecia, a Cipro, in Spagna e in Italia (65%,+29), tra i paesi più toccati dalla crisi. Più significativo è però per noi il tema dell’immigrazione, che arriva terzo e che vede un aumento rispetto al 2009, passando dal 16 al 23%. Stiamo parlando, per chiarire, del fatto che con una percentuale di astensione di quasi il 60%, un quarto di quelli che hanno votato alle europee l’hanno fatto per preoccupazioni riguardanti l’immigrazione. E, senza sorprese, tra i 19 Stati membri che hanno visto aumentare questo fattore si trova il Regno Unito (42%, +21), la Francia (21%, +11) e l’Italia (30%, +7), perfettamente in linea con le tendenze europee e con i risultati elettorali, non ultimi quelli delle regionali in Emilia Romagna, che vedono le formazioni di estrema destra (British National Party, Front National, Lega) aumentare il loro pressing sulle questioni legate all’immigrazione e cavalcare i sentimenti di rivolta dettati dalla crisi.

MOTIVAZIONI. Interessanti sono poi le motivazioni per cui le persone sono andate o meno a votare. Tra i votanti le ragioni principali sono “è mio dovere di cittadino”, “voto sistematicamente” o “per sostenere il partito politico che sento a me vicino”. Insomma, motivazioni di condotta civica più che di supporto all’UE, come evidente anche dal fatto che le ragioni puramente europee sono in diminuzione: “sono per l’UE” (-2%) e “posso far cambiare le cose votando alle elezioni europee” (-7%). Tre evoluzioni significative riguardano il fatto che pensare che si voti “per far cambiare le cose” diminuisce, mentre coloro che mirano a “esprimere la propria disapprovazione nei confronti dell’UE”(+5%) e “esprimere la propria disapprovazione nei confronti del governo nazionale” (+5%) aumentano. Tra gli astensionisti, i motivi più citati sono la “mancanza di fiducia nella politica in generale”, il non essere interessati alla politica e “votare non ha conseguenze/non cambia nulla”, tutti in aumento soprattutto nei paesi più “periferici” o colpiti dalla crisi, tra cui l’Italia. In generale, si sottolinea soprattutto come oggi la maggioranza assoluta dei cittadini europei dichiara di non essere “interessata alla politica” (54%), al punto che al 50% non interessa nemmeno sapere quali candidati siano stati eletti come deputati, dato in aumento in Italia, terzultima nell’interesse.

APPARTENENZA. Una maggioranza degli intervistati considera che l’appartenenza all’UE è una “buona cosa”, ma circa il 30% pensa che non sia una cosa “né buona né cattiva”. In questo l’Italia risulta caratteristica, essendo penultima tra i paesi che pensano che sia una “cosa buona”, e con percentuali alte di persone che pensano che sia una “cosa cattiva” o “né buona né cattiva”. Cioè, tenendo presente la generalità della domanda, vuol dire che gli italiani sono tendenzialmente contrari o indifferenti all’UE. Inoltre, in 24 Stati membri a sentirsi “cittadino-a dell’UE” è circa un terzo degli intervistati mentre è tra i paesi più colpiti dalla crisi che si registrano le riduzioni più significative: Cipro (52%, -19), Grecia (46%, -17) e Italia (45%, -16).

FIDUCIA. La fiducia complessiva per l’Unione Europea è pari solo al 55% tra i votanti e al 35% tra in non votanti. A livello nazionale la fiducia nei confronti delle istituzioni europee diminuisce in quindici Stati membri rispetto al 2009, con un calo significativo in alcuni dei paesi più toccati dalla crisi (in Italia -25). E’ poi in aumento rispetto al 2009 (dal 41 al 54%) la parte di europei che ritiene che il Parlamento europeo non tenga conto delle loro preoccupazioni.

EURO. Prendendo invece a riferimento i risultati dell’”Eurobarometro” di Ottobre 2014 – i sondaggi effettuati periodicamente sui cittadini degli stati membri UE – si aggiungono altre due indicazioni interessanti. La prima è che negli stati membri solo circa la metà dei cittadini intervistati pensa che avere l’euro come moneta sia un fattore positivo per il proprio paese, con picchi al ribasso per Cipro (42%) e l’Italia (che in un anno passa dal 52% al 43%). E in questo senso emerge come dopo 13 anni di moneta unica il 28% degli intervistati dichiara di convertire mentalmente i prezzi ancora dalla moneta vecchia. Secondo, che si ritiene che le riforme attuate dai governi su indicazione dell’UE abbiano avuto effetti negativi, soprattutto sul mercato del lavoro, sulle tasse e sulle pensioni. In merito, la percezione delle persone è che il proprio benessere, anche in termini di reddito, sia nel migliore dei casi stabile o continui a diminuire lungo il tempo, con prospettive negative anche per il futuro.

I dati si commentano da sé: i cittadini europei, soprattutto nei paesi che hanno subito maggiormente la crisi, sono poco interessati, scarsamente coinvolti, a tratti scontenti e ripongono ben poca fiducia nell’Unione Europea. Si evidenzia quindi un evidente scollamento tra la base dei cittadini e la classe politica filoeuropea, nonostante gli spot e i tentativi di sviamento dalla realtà da parte di mass media e politici. Sulle motivazioni, pensiamo che basti guardare le condizioni di vita e di lavoro delle persone per capire il perché. La responsabilità, ma anche l’opportunità, a questo punto sta a noi, nel fare in modo che questi risultati continuino a peggiorare e che cresca l’opposizione verso il blocco UE, contrastando i tentativi di attecchimento della crescente ideologia made in Europe e allo stesso tempo stando ben attenti ad arginare i sentimenti antieuropei di matrice nazionalista e razzista portati avanti dalle destre europee.

Ma comunque, almeno per ora, nel guardare gli smielati spot RAI possiamo ancora stare tranquilli nel pensare che non ci sono da qualche parte “cittadini europei” a sentirsi orgogliosi.