Sinistra “radicale”… zero tituli

Sinistra “radicale”… zero tituli

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Sembra incredibile, ma ci sono riusciti un’altra volta. Un altro fallimento. Deve essere qualche cosa di diabolico, forse l’intervento di un genio del male, di un folletto cattivo, di un sortilegio. Ancora una volta la cosiddetta sinistra “radicale” (PRC+PdCI+SL) ha toppato il momento elettorale, al quale tanto teneva.

Nel 1996, prima che si scindesse in due partitini,  Rifondazione aveva preso l’8,6% alle elezioni politiche (risultando decisivo per il governo Prodi alla Camera). Nuovamente riuniti, per quanto solo a fini elettorali, non sono riusciti a superare il 3,4%, ben lontani dalla fatidica soglia di sbarramento.

Cosa è successo nel frattempo? Certo, Rifondazione ha subito una serie di piccole scissioni, ma da dieci anni a questa parte si sono anche sviluppate alcune dinamiche internazionali che avrebbero dovuto portare voti a un partito comunista: la crisi economica, l’emersione di un blocco socialista e anti-imperialista nel Latino America, la minore aggressività degli Stati Uniti. Non solo: nello specifico italiano la scomparsa di ogni accenno di pensiero progressista e laico nei DS, poi Partito Democratico. Insomma, lo spazio a sinistra c’era, eccome. Eppure niente, i meravigliosi macchinisti di Rifondazione (e PdCI) hanno toppato ancora. Complimenti vivissimi. Il proletariato ringrazia. L’ennesima sigla elettorale, piovuta sulla testa degli elettori, ha fallito ancora una volta il suo obiettivo. Le dinamiche non sono molto diverse dalla sigla “Sinistra l’Arcobaleno” delle Politiche del 2008. Certo, questa volta è rimasto l’aggettivo “comunista” e la falce e martello del simbolo, ma bastava grattare un po’ e si vedeva come fossero appiccicati con lo sputo, secondo logiche di puro marketing politico. Tanto è vero che un’altra sigla (“Sinistra e Libertà”), che si guardava bene dal metterlo, ha avuto pochi voti in meno. Qui è il momento di un’altra considerazione: come cavolo è possibile che un’accozzaglia tra un partito che non esiste (quello di Vendola), un gruppetto di ceto politico (Sinistra Democratica) e un ectoplasma da anni Ottanta (i Verdi) abbia avuto un risultato di poco inferiore alla macchina da guerra “anticapitalista”?? Quanti voti hanno portato via le cazzate dette da Vendola, i suoi versi poetici, la sua rassicurante faccia da opinionista di reality tv? Era così convincente, per una parte dell’elettorato ex Rifondazione? Evidentemente sì. Questo è il vero dato notevole: l’ultimo rappresentante del bertinottismo, dunque dell’anti-comunismo militante, della sinistra “pane e caviale”, della strenua difesa di tutti i fenomeni mediatici e umani presenti nella società (basta che non fossero lavoratori e che non volessero emanciparsi politicamente) ha rubacchiato diversi punti percentuale alla Lista Comunista, come pure ha affermato Ferrero. Il problema è a monte: non quanti elettori ha oggi la Rifondazione di Ferrero, ma quanti (e QUALI) aveva la Rifondazione di Bertinotti, quella che negli anni ha abbandonato i luoghi di lavoro e ha espulso i compagni capaci di produrre conflitto, in favore di una classe di scolaretti vestiti in cachemire, che pensassero che il comunismo era fare bella figura in tv, parlare di politica nel the delle cinque e andare alla manifestazione del sabato pomeriggio per riscuotere applausi. Volenti o nolenti, quello è stata una parte consistente dell’elettorato di Rifondazione negli ultimi anni, dunque è perfettamente legittimo che parte di quell’elettorato sia andato con Vendola (come era evidente anche nell’ultimo congresso del partito). Oppure, come sicuramente sarà avvenuto, che qualcuno sia andato addirittura con Di Pietro, fomentando l’equivoco – francamente imbarazzante – che il partito dei questurini fosse quanto di più “a sinistra” offrisse il panorama politico.

Questo tracollo, inevitabilmente, è dedicato proprio a quel ceto politico che lo ha prodotto. A quelli che …“a Cuba c’è un regime e tutti i giovani vogliono scappare”. A quelli che …“sbagliano gli operai perché non ci votano come dovrebbero fare”. A quelli che…”il territorio lo controlliamo noi” (poi vai a vedere e scopri che i fascisti gli pisciano in testa). A quelli che…”se non voti Agnoletto scompare il comunismo in Europa”. A quelli che…”siamo il partito sociale, infatti vendiamo il pane a 1 euro al kg” (la Caritas invece lo distribuisce gratis e aggiunge pure la minestra). A quelli che …”è cattivo il PD che l’anno scorso non ha fatto l’accordo elettorale e ora non lo vogliamo fare noi” (infatti nelle amministrazioni locali continuano ad andare d’amore e d’accordo). A quelli che …”Luxuria è il nostro Obama” (infatti tenetevi Luxuria e pure Obama).

Siamo sicuramente certi che dentro Rifondazione e nei Comunisti Italiani ci siano tanti compagni di buona volontà e ottime motivazioni. Con loro siamo sempre pronti a dialogare, nella premessa che un cambiamento necessario della realtà non è solo auspicabile, ma necessario. Pensiamo, d’altro canto, che in politica l’ingenuità sia una colpa e che tanti anni di leader bertinottiani, ex-bertinottiani e neo-bertinottiani siano una offesa ai tanti lavoratori subalterni di questa società.

Oggi più che mai, viva il comunismo.