Riflessioni su questa tornata elettorale…

 Sono passate poche ore dai risultati definitivi di queste europee 2009, ma già alcuni dati evidenti saltano agli occhi. Nell’attesa di leggere meglio e con più calma i dati, in particolare vorremmo sottolineare tre evidenze particolari:

la prima, la forte astensione che ormai ha normalizzato l’Italia rispetto agli altri paesi europei. Con il 34% di astensioni, ormai il partito di chi non vota è testa a testa col PDL, primo partito d’Italia. Ed è divertente vedere gli opinionisti e il ceto politico che si affannano a dire che le elezioni europee non sono sentite dalla gente, o altre boiate del genere. La verità è che si sta espandendo, in linea con gli altri paesi, un rifiuto per questa politica che è sotto gli occhi di tutti, tranne ovviamente per chi governa. La gente è sempre più distaccata, la partecipazione politica un lontano ricordo e l’ultimo baluardo di partecipazione, e cioè il voto, è in via di esaurimento anch’esso. Per quanto ci riguarda, questo dato era ampiamente previsto e non ci fa né caldo né freddo. Votare significa legittimare un sistema che non ha più nulla di legittimo, o anche solo di legale. La vera lotta politica è al di fuori del palazzo, nei quartieri come nei luoghi di lavoro, ed è proprio la che la politica ancora può vincere o perdere. E infatti le altre due constatazioni evidenti sono la grande vittoria della Lega e l’ennesima sconfitta della sinistra.

La Lega Nord prende il 10% in Italia e il 20% nel solo nord. Nell’area produttiva del paese la lega Nord è il terzo partito, insidiando addirittura il PD. Non vogliamo sbilanciarci in analisi affrettate, ma è evidente uno spostamento di voti dal centrosinistra verso la Lega proprio da parte del mondo del lavoro dipendente e salariato. E’ un dato su cui riflettere, che da una parte rende bene l’idea dello scollamento politico e sociale delle tradizionali forze politiche nei confronti di questi attori politici “sui generis”, dall’altra la capacità di lavoro della Lega nei suoi territori di riferimento. Notiamo come, al di là del teatrino politico romano, il partito di Bossi sia una forza effettivamente presente proprio là dove ci sono ancora grandi concentrazioni di produzione accentrata, dunque dove è più presente la problematica del lavoro e del sindacato.

La terza constatazione che ci viene da fare è il risultato della sinistra cosiddetta radicale. Rifondazione e Comunisti italiani insieme prendono il 3,4%. Soprattutto, in tutto il nord quest’accozzaglia politica prende un misero 2%. Dato emblematico di quanto siano rappresentate le forze di sinistra nei luoghi di lavoro e nel sociale. Anche nelle storiche roccaforti comuniste, dunque nelle regioni centrali, la “lista comunista” raccoglie un misero 4,3%, un punto percentuale in più della misera media nazionale.

Ci auguriamo che questo risultato sia la fine definitiva di questi micro partiti “comunisti”, totalmente avulsi da ogni contesto sociale ed espressione autoreferenziale di un ceto politico pluri-trombato che si ostina a ricandidarsi nella speranza dei rimborsi elettorali con i quali vivere.

Insomma, tendenze ampiamente prevedibili e previste, che nulla tolgono o aggiungono a quanto detto in questi mesi. Solo che la riconferma elettorale è un dato in più su quale ragionare. Se qualcosa non cambia, la tendenza verso una americanizzazione delle politica è evidente e inarrestabile, per cui fra qualche anno ci saranno solamente due o forse tre competitor, legittimati da affluenze alle urne ridicole che ruoteranno intorno al 40-50%, totalmente avulse da ogni contesto sociale.

Dispiace notare come questa tendenza, invece di essere combattuta, è stata fatta propria dalle forze di sinistra, che credendo di lottare ad armi pari sullo stesso terreno dei partiti maggiori, sono rimaste schiacciate colpevolmente dalla loro stessa voglia di vivere solo in funzione delle elezioni.

la prima, la forte astensione che ormai ha normalizzato l’Italia rispetto agli altri paesi europei. Con il 34% di astensioni, ormai il partito di chi non vota è testa a testa col PDL, primo partito d’Italia. Ed è divertente vedere gli opinionisti e il ceto politico che si affannano a dire che le elezioni europee non sono sentite dalla gente, o altre boiate del genere. La verità è che si sta espandendo, in linea con gli altri paesi, un rifiuto per questa politica che è sotto gli occhi di tutti, tranne ovviamente per chi governa. La gente è sempre più distaccata, la partecipazione politica un lontano ricordo e l’ultimo baluardo di partecipazione, e cioè il voto, è in via di esaurimento anch’esso. Per quanto ci riguarda, questo dato era ampiamente previsto e non ci fa né caldo né freddo. Votare significa legittimare un sistema che non ha più nulla di legittimo, o anche solo di legale. La vera lotta politica è al di fuori del palazzo, nei quartieri come nei luoghi di lavoro, ed è proprio la che la politica ancora può vincere o perdere. E infatti le altre due constatazioni evidenti sono la grande vittoria della Lega e l’ennesima sconfitta della sinistra.
La Lega Nord prende il 10% in Italia e il 20% nel solo nord. Nell’area produttiva del paese la lega Nord è il terzo partito, insidiando addirittura il PD. Non vogliamo sbilanciarci in analisi affrettate, ma è evidente uno spostamento di voti dal centrosinistra verso la Lega proprio da parte del mondo del lavoro dipendente e salariato. E’ un dato su cui riflettere, che da una parte rende bene l’idea dello scollamento politico e sociale delle tradizionali forze politiche nei confronti di questi attori politici “sui generis”, dall’altra la capacità di lavoro della Lega nei suoi territori di riferimento. Notiamo come, al di là del teatrino politico romano, il partito di Bossi sia una forza effettivamente presente proprio là dove ci sono ancora grandi concentrazioni di produzione accentrata, dunque dove è più presente la problematica del lavoro e del sindacato.
La terza constatazione che ci viene da fare è il risultato della sinistra cosiddetta radicale. Rifondazione e Comunisti italiani insieme prendono il 3,4%. Soprattutto, in tutto il nord quest’accozzaglia politica prende un misero 2%. Dato emblematico di quanto siano rappresentate le forze di sinistra nei luoghi di lavoro e nel sociale. Anche nelle storiche roccaforti comuniste, dunque nelle regioni centrali, la “lista comunista” raccoglie un misero 4,3%, un punto percentuale in più della misera media nazionale.
Ci auguriamo che questo risultato sia la fine definitiva di questi micro partiti “comunisti”, totalmente avulsi da ogni contesto sociale ed espressione autoreferenziale di un ceto politico pluri-trombato che si ostina a ricandidarsi nella speranza dei rimborsi elettorali con i quali vivere.
Insomma, tendenze ampiamente prevedibili e previste, che nulla tolgono o aggiungono a quanto detto in questi mesi. Solo che la riconferma elettorale è un dato in più su quale ragionare. Se qualcosa non cambia, la tendenza verso una americanizzazione delle politica è evidente e inarrestabile, per cui fra qualche anno ci saranno solamente due o forse tre competitor, legittimati da affluenze alle urne ridicole che ruoteranno intorno al 40-50%, totalmente avulse da ogni contesto sociale.
Dispiace notare come questa tendenza, invece di essere combattuta, è stata fatta propria dalle forze di sinistra, che credendo di lottare ad armi pari sullo stesso terreno dei partiti maggiori, sono rimaste schiacciate colpevolmente dalla loro stessa voglia di vivere solo in funzione delle elezioni.< ><-->