Quel passo in avanti che fa il cammino…

Sorprenderà forse che scriviamo solo oggi, a quasi una settimana dall’evento, quando i compagni arrestati la notte tra venerdì e sabato scorso in Valle sono già tornati a casa loro, per quanto continuino a essere privati della loro libertà. Ma scriviamo oggi, anche se molti (ottimi) contributi sono stati già pubblicati, perché pensiamo comunque che sia importante che tutti i compagni e tutte le compagne dicano la loro sugli eventi dello scorso fine settimana, e che lo facciano anche a mente più fredda, non spinti dall’emergenzialità dettata dai ferimenti e dagli arresti dei compagni, di fratelli che, come nel caso di Piero e Matthias, sono anche coloro con cui lottiamo fianco a fianco nella nostra città.

Lo scorso venerdì era prevista una passeggiata notturna, con partenza da Giaglione. Una passeggiata come negli anni se ne sono fatte molte, per ribadire che la lotta contro il Tav continua e va avanti, oggi come da vent’anni. Una passeggiata a cui – e ci sembra lapalissiano, ma tutti sembrano meravigliarsene – magari partecipano e hanno partecipato solo quanti si sentivano più pronti e preparati ad affrontarla: immaginiamo di dover camminare in un bosco di notte, al buio, circondati da poliziotti che ti insultano, ti colpiscono con gli idranti, ti fanno bersaglio di lancio di lacrimogeni (tanto dei gas, quanto dei candelotti). Dunque, non una distinzione tra buoni e cattivi, tra valsusini e “venuti da fuori” (secondo una nozione che sembra quasi riprendere l’antica nozione del “barbaro”), tra autoctoni che si affidano alle istituzioni e al M5S e misteriosi anarco-insurrezionalisti legati con fantomatici patti ad altrettanto misteriosi autonomi. No, la lotta contro il Tav è una lotta popolare che, con tutte le sue contraddizioni e le sue diversità interne, continua a considerare legittime e praticabili tutte le opzioni di lotta, anche quelle che non si scelgono in prima persona. «Gli arrestati della notte sono degli eroi», ha detto Nicoletta Dosio, che non può certo essere annoverata tra gli “anarco-insurrezionalisti”. E, del resto, basterebbe far caso al manifesto di convocazione della marcia, che mette insieme l’appuntamento della notte dello scorso venerdì e la marcia tra Giaglione e Chiomonte che ci sarà sabato prossimo.

In Valle si assiste ormai da qualche anno – e non da venerdì scorso – a una vera e propria occupazione militare di un’area, con tutto ciò che essa comporta: presenza stabile di polizia e carabinieri, perquisizioni, blocchi stradali, intimidazioni, fogli di via. Venerdì scorso si è assistito in qualcosa di nuovo, a un salto di qualità: un cambiamento di tattica delle forze dell’ordine all’interno del solito fine strategico di annientare ogni forma di resistenza popolare, per terrorizzare e dare l’esempio di cosa si prospetta a chiunque si opponga alle politiche neoliberiste, tanto più in un momento di crisi economica. La polizia ha quindi caricato subito, manganellando e lanciando lacrimogeni ad altezza d’uomo: 63 feriti e 7 arresti su circa 500 manifestanti sono una cifra enorme, superiore al 10%. Per non parlare poi delle botte dopo gli arresti, degli insulti sessisti e di quelli non sessisti, degli sputi, dei palpeggiamenti che ha subito Marta (ma, del resto, sappiamo che ciò che in qualsiasi altra circostanza sarebbe considerata una molestia sessuale quando avviene nel chiuso di una questura o di una caserma o di un carcere è ordinaria amministrazione). Militarizzare, reprimere, terrorizzare e umiliare: l’azione delle forze dell’ordine è sempre la stessa.

Un’ulteriore novità è stata la presenza dei due pm tra le forze dell’ordine durante la manifestazione: un sostanziale superamento della divisione dei poteri di cui si fa vanto uno stato che si dice democratico, in cui la magistratura dovrebbe intervenire DOPO un evento che si presume essere un reato, non prima. Un fatto, se ci pensiamo, ancora più grave della presenza di Fini nella centrale operativa delle forze dell’ordine nel luglio 2001 a Genova. Ma allora, nonostante le difficoltà e le menzogne e la retorica «anti-black bloc», scandalizzava l’opinione pubblica ben più che oggi. Si tratta, tra l’altro, di pubblici ministeri che, nonostante la loro presenza sul luogo, hanno formulato accuse ridicole e richiesto arresti che non potevano essere giustificati: a dimostrazione di come, nonostante la buona volontà che alcuni compagni riconoscono ad alcuni pm (ma, del resto, anche Hitler amava il suo cane Blondi), la magistratura sia fautrice della repressione di ogni movimento di lotta.

Un discorso a parte meritano poi gli articoli usciti sui diversi media e le dichiarazioni degli esponenti dei «diversi» partiti politici (uguali nella sostanza). Una mistificazione, quella sul movimento No Tav, che ha una lunga storia: basti pensare agli arresti, basati su accuse infondate, nel 1998, di Silvano Pellissero, Sole e Baleno, che portò al suicidio in carcere di questi ultimi due. Si va dalla riproposizione integrale delle veline della Questura (con errori talmente marchiani sulle biografie politiche di alcuni compagni che ci viene da chiederci se davvero la Digos sia composta da persone così stupide e incapaci di comprendere o se fanno finta di esserlo nella speranza di venir così sottovalutati), a ridicole gallery in cui con un righello si misura la lunghezza di una bottiglia di Moretti o si fanno primi piani di bottigliette di acqua e Maalox, a vere e proprie ricostruzioni fantasiose di nebulosi patti tra aree e compagni che esistono solo nella testa di chi quelle cose le scrive e le detta. Alcuni passaggi di questi articoli sono poi paradossali: fino a due anni fa si criticava il movimento No-Tav come afflitto dalla sindrome NIMBY, veniva quasi accusato di egoismo e particolarismo, ora invece si condanna l’ovvia presenza di persone che non sono nate, non vivono e non fanno attività politica in Valle. Ovvia, perché i compagni e le compagne hanno sempre pensate che le lotte vadano ricondotte a sintesi, che la lotta di alcuni sia la lotta di tutti, che un’ingiustizia contro uno sia un’ingiustizia contro tutti, che la solidarietà sia un valore irrinunciabile. E il discorso sul Tav riguarda tutti, perché è una lotta contro il capitalismo e le sue logiche: non è solo il problema di rumore e di inquinamento per chi ci vive (anche se, indubbiamente, tale inquinamento provoca il cancro a quanti in Valle ci abitano).

Ulteriore cardine di questi articoli è la distinzione assurda tra violenti e non violenti: una distinzione che TUTTI, in Valle, hanno sempre rifiutato, ripetendolo ogni volta e in ogni circostanza. Una posizione tra l’altro tanto dignitosa quanto anomala in un clima politico in cui la caccia al black bloc è diventato uno sport diffuso anche tra quanti si collocano nella cosiddetta estrema sinistra. Ma i giornalisti, i politici vari e la Digos, più realisti del re, continuano a riproporre la distinzione, affermando magari che solo i manifestanti pacifici vanno rispettati (e gli altri, ovviamente, manganellati e arrestati, magari condannati ad anni di carcere). Ma poi, per loro, basta il possesso di una maschera antigas (uno strumento chiaramente difensivo, perché quando i lacrimogeni vengono lanciati – e in Valle ne vengono lanciati a migliaia – intossicano tutti, vecchi e bambini, pacifisti, gente che magari sta anche lontano dagli scontri anche perché il gas sale dal basso, da dove vengono lanciati, verso l’alto, dove sta anche chi non partecipa agli scontri) per essere definito violento: insomma, l’apprezzamento dei pacifici è solo di facciata, per non perdere anche il poco residuo consenso alienandosi le già scarse simpatie popolari. Perché la lotta contro il Tav è una lotta popolare e lo sanno benissimo, ma in fondo politici, giornalisti e guardie manderebbero tutti al macello, senza distinzioni.

In questo pantheon di idiozie si distinguono poi personaggi come il senatore del Pd Stefano E., uno che è in cerca di pubblicità sulla pelle dei compagni: facciamo quindi a meno di citare il suo nome, per non dargli soddisfazione. Stefano E., un uomo che evidentemente odia i militanti politici quanto le donne (e, immaginiamo, soprattutto le donne militanti), è uno pronto a giurare che le molestie sessiste denunciate da Marta siano una bugia, come se non fossero già numerosi i casi di poliziotti accusati e condannati per stupro. Non si capisce se lui non creda mai alle donne quando denunciano una molestia, se non creda solo alle compagne o se non ci creda solo quando i responsabili sono guardie. Un problema del suo partito, e in particolare delle donne che fanno parte di quella lobby reazionaria che è Se non ora quando, che difende la dignità delle donne solo per attaccare Berlusconi. Noi sappiamo da tempo, invece, che il Pd è posto nel campo dei nemici, quelli che saccheggiano i territori, distruggono i diritti, opprimono e reprimono: e sono loro, infatti, ad aver sempre sostenuto il Tav.

Nessun vittimismo, tuttavia. Ogni compagno e ogni compagna, ogni persona, ogni uomo e ogni donna che va in Valle sa a cosa va incontro: arresti, lacrimogeni, ferimenti, sputi ed umiliazioni. Tutti capiscono la portata dello scontro in atto, il precedente che con la repressione dello scontro in Valle si vuole creare. Ma non è questo che ci può fermare: noi sappiamo da che parte stare. Solidali e complici con Piero e con Matthias e con tutti i compagni e le compagne arrestati e inquisiti negli anni per le lotte in Valle, invitiamo tutti a partecipare alla marcia di sabato prossimo tra Giaglione e Chiomonte e, in particolare, i romani alla marcia che si terrà domani (venerdì 26 luglio), alle ore 21, a piazza Trilussa (Trastevere).

Piero e Matthias liberi, liberi tutti!