MA QUANTO CE COSTA…

DEMOCRAZIA BORGHESE

In questi giorni sembra essere tornata in auge la questione morale, più di qualcuno di lorsignori s’è fatto beccare con le mani nella marmellata ed eccoli li, politicanti, imprenditori e giornalai, tutti pronti a giurare e a spergiurare sulle loro mamme che si tratta solo di qualche malandrino (sic), che non c’è una nuova tangentopoli (sic) e a far finta di indignarsi o di scandalizzarsi a seconda che il politico inquisito sia dell’altrui o del proprio schieramento. Come se non sapessero che il malaffare è l’essenza di quella cosa lurida e putrida che loro si affannano a chiamare democrazia, concetto ahinoi  un po’ vago se privo di quell’aggetivo dispregiativo che meglio lo qualifica: borghese. E per dimostrarlo proviamo a fargli due conti in tasca. Tra poche settimane “faccioni” di ogni risma si cimenteranno nelle elezioni regionali per cercare di accaparrarsi un posto da consigliere e casualmente proprio questa mattina la pagina romana del Corriere della Sera ricordava ai suoi lettori gli emolumenti percepiti mensilmente dai propri rappresentanti nella Regione Lazio: 8000,00 euro al mese più un vitalizio pari al 35% della mensilità (scusate ma facciamo fatica a chiamarlo stipendio) a partire dai 55 anni, cifra che sale al 60% in caso di una seconda consigliatura e al 70% dalle tre in su. Altro che “Win for life” penserete voi, questo si che ti cambia la vita. Ma continuiamo con i nostri conti. A fine mandato un consigliere X si sarà dunque messo in tasca 480 mila euro (8000 euro al mese x 12 mesi x 5 anni). Andiamo ora alla voce uscite e facciamo conto che il candidato consigliere X sia del PDL, e che in questi giorni stia inondando Roma di manifesti, magari a sfondo giallo. Si dice che il suddetto candidato consigliere X abbia intenzione di stamparne circa 500.000 per la propria campagna elettorale, il che comporterebbe una spesa di almeno 100 mila euro per la stampa e 150 mila euro per l’affissione. Andrebbero poi conteggiati i cartelloni 4×2, l’apertura dei comitati elettorali nei diversi comuni della provincia di Roma, il rimborso dello staff, le cene elettorali, l’affitto di sale per convegni e riunioni, le iniziative di propaganda, gli spot radiofonici, ecc. ecc. Insomma, per tenerci bassi, almeno altri 100.000 euro di uscite. Arriviamo così a 350 mila euro di spese sostenute ancor prima che il signor X passi dallo status di candidato a quello di consigliere. Nel caso questo dovesse accadere dovrebbero essere poi considerate anche le spese di rappresentanza e di fidelizzazione del proprio elettorato che il consigliere X dovrà sostestenere durante i 5 anni di consiglio. E se ne partono altri 50000 euro. Quindi, facendo due conti approssimativi il nostro signor X in 5 anni avrà incassato 480 mila euro e ne avrà spesi almeno 400 mila, con un saldo quinquennale in attivo di 80 mila euro, ovvero 1333 euro al mese. Ora, secondo voi, è plausibile che il signor X rischi 350 mila euro di tasca propria con l’ambizione di guadagnarne 1300 al mese? O non sarà forse più verosimile che il posto di consigliere gli consentirà di tutelare alcuni interessi privati da cui poi verrà ricompensato? Appalti, concessioni edilizie, commesse pubbliche… è questo il vero bottino. Ah, dimenticavamo, c’è pure una terza opzione: magari lo fa perchè ha sentito dentro di se la spinta all’impegno civile, una chiamata alla discesa in campo, come una vocazione laica. Vabbè, abbiamo capito, però adesso smettetela di ridere.