L’incubo finanziario

L’incubo finanziario

 

Il vortice di merda in cui stiamo entrando lo possiamo solo intravedere. Ma potevamo aspettarcelo. Il problema, invece, è politico. Di fronte ad una finanziaria stabilita dalla Germania e dalla Banca Centrale Europea che: 1) aumenterà le tasse 2) taglierà le pensioni 3) ristabilirà il ticket per i servizi di pronto soccorso 4) avvierà un nuovo ciclo di privatizzazioni e di cartolarizzazioni, dando per giunta il compito agli stessi comuni di stabilire cosa è privatizzabile e cosa no (cioè tutto tranne l’acqua per fortuna salvata dal referendum) 5) taglierà ogni tipo di servizio sociale comunale non strettamente necessario…Bene, di fronte a questa manovra, che per giunta si annuncia di quarantasette o cinquanta miliardi di euro in quattro anni (da far impallidire la finanziaria Amato del 1993 di 93.000 miliardi), il minimo che ci aspettavamo di vedere era la guerra civile. Quantomeno un livello di conflitto senza precedenti, proprio come lo è questa manovra: senza precedenti storici.

E invece, l’Italia si sta confermando il paese con meno conflittualità sociale d’Europa. Addirittura i Repubblicani statunitensi stanno minacciando la non riapprovazione del bilancio U.S.A., col rischio di far precipitare il paese nel default del debito. Invece nel nostro piccolo e sempre più superfluo paese non solo non avviene nessuna protesta sul tema cruciale per il nostro futuro, ma addirittura la manovra finanziaria è stata il frutto della mediazione del PD e di Napolitano, che hanno, come dire, fatto pressioni sul governo per velocizzare l’iter di approvazione. Forse è poco chiaro, ma questa manovra va addirittura oltre le intenzioni del governo perché glielo ha chiesto “l’opposizione”. Stiamo vivendo un incubo politico senza precedenti. Nessun sindacato che si ribella, men che meno la CGIL richiamata all’ordine dalla dirigenza democratica.  I sindacati di base non sappiamo neanche quale crisi organizzativa e politica stiano vivendo, ma di certo stanno ai minimi storici. I vari movimenti di protesta dal basso sembrano indignarsi su tutto tranne sui temi sostanziali, quali lo sviluppo economico del nostro paese e il suo livello di welfare sociale duramente conquistato in anni di vera conflittualità sociale. Una situazione senza precedenti, in cui nessuno ha il coraggio di dire e fare nulla. Senza capire che dipende tutto da questa manovra economica e dalla nostra capacità di costruire opposizione intorno ad essa: dai tagli alla scuola alla TAV, dalle pensioni che non avremo alla precarietà delle nostre vite, dal lavoro che non troveremo mai alla sanità sempre più cara, dai servizi pubblici che diverranno privati all’università che stanno smantellando.

Le condizioni oggettive per una rivolta sociale di massa ci sarebbero tutte, eppure continua a mancare il soggetto cosciente. La classe, per come la possiamo intendere e per come è cambiata in questi anni, non si muove e non produce più conflitto in quanto classe, ma sempre su singole tematiche slegate fra loro e che partono sempre da bisogni e necessità che non dipendono dalla propria condizione sociale. Come fare ad uscire da questo tunnel?