LE FOIBE, FRA LEGGENDA E REVISIONISMO

 

Anche quest’anno, come ormai da cinque anni, la destra festeggerà la sua commemorazione, il suo 25 Aprile, la sua “giornata del ricordo”. Il ricordo sarebbe quello dei morti italiani infoibati in Istria e nella Venezia Giulia nel periodo post-bellico. La data, così tanto voluta dalla nuova classe dirigente nazionale, dovrebbe servire a momento di riappacificazione, di unità nazionale, di rispetto dei morti e condivisione di valori. Anche la sua vicinanza con la “giornata della memoria”, celebrata il 27 Gennaio, sta li ad indicare quasi una contiguità fra le due date. La memoria, o il ricordo, di un fatto simile o comunque assimilabile. Come la memoria di quello che fu il nazifascismo verso gli ebrei, così il ricordo di quello che rappresentò il comunismo Jugoslavo per le popolazioni italiane di confine.

Le cose ovviamente non stanno esattamente  così, ma a chi può interessare una ricostruzione storica che smentisca tutto questo, quando sono in campo i sacri valori dell’amor di patria, del rispetto dei morti, del mito della comune nazionalità aggredita dall’invasore slavo? Non serve la storia per suffragare e avallare un progetto di tale impatto politico. E infatti il disegno più generale è esclusivamente politico. E cioè, servendosi di un revisionismo strisciante, sempre più palese e inarrestato, ecco che l’intento è quello di accumunare due tipi di storie diverse, smussare o eliminare le differenze per una ipotetica pace ritrovata. In fin dei conti siamo tutti italiani, le differenze degli anni passati o delle ideologie contrastanti sono frutto di epoche remote, la modernità e lo sviluppo devono avvenire su basi nuove. Ma soprattutto, va sdoganata e leggittimata la nuova classe politica italiana, responsabile diretta di quella storia che ha portato al nazifascismo prima, al neofascismo e alla strategia della tensione dopo. Stiamo parlando proprio del partito di Alleanza Nazionale, il più convinto sostenitore della giornata del ricordo e della equiparazione delle foibe ai campi di concentramento. Un po’ come dire che, se noi avevamo i campi di sterminio, voi (dove per voi si intendono i comunisti di vario genere) avevate le foibe, quindi non state qui a parlarci di leggittimità o di violenza, eravamo uguali, adesso siamo cambiati. 1-1, palla al centro.

E no, se questo può andar bene alla classe politica non è detto che sia questa la verità storica. E soprattutto, tale verità non può essere trattata come semplice orpello del quale disfarsi ogni qual volta non coincida con i calcoli politici ed elettorali del politico di turno.

Quello che noi qui vogliamo affermare con forza non è solo il carattere reazionario e antiproletario del revisionismo moderno cavalcato da Alleanza Nazionale e da tutto il PDL (col tacito e colpevole assenso del centrosinistra), ma anche, nel merito della questione, l’assurdità delle tesi a sostegno delle foibe quale strumento di pulizia etnica Jugoslava nei confronti degli Italiani.

Che il revisionismo sia l’arma culturale fondamentale della destra italiana non lo scopriamo oggi. Proprio in questi anni però è avvenuta una accelerazione su questo fronte impressionante. E con la non curanza di chi ha snobbato tale argomento, sono state fatte passare lentamente delle verità spacciate per storiche che tali non sono, ma  nell’immaginario culturale ormai consolidate. E così prima la demolizione del mito della resistenza e dell’antifascismo, su cui è nato e si fonda lo stato. Quindi uno smantellamento scientifico dei valori intrinsechi dell’antifascismo, che è passato da guerra civile e di classe a semplice guerra contro l’invasore tedesco. Per essere poi, negli ultimi tempi, trattata come minoranza organizzata slegata dalla popolazione, e a guerra terminata tracimata in vendette personali che nulla avevano a che fare con la politica. Operazione connessa a questa poi, è stata ovviamente l’equiparazione fra chi combattè nella resistenza e chi nella RSI. Ovvio infatti che, se la lotta fu fra due minoranze organizzate sostanzialmente speculari, prima o poi si giungesse all’equiparazione dei combattenti. A corollario di questa opera di revisione generale dunque tutto il resto, e cioè le varie tesi degli opposti estremismi, per cui sia estrema destra che estrema sinistra coincidono nella lotta al sistema e devono essere trattate e giudicate sullo stesso piano. Per arrivare infine alle Foibe. Proprio ciò che mancava, un evento che potesse paragonarsi al genocidio ebraico e allo strumento dei campi di concentramento, per potersi definitivamente porre sullo stesso piano. Un evento inattaccabile, che facesse presa sul sentimento di unità nazionale, condiviso da tutti. Anche se non proprio simile, chi avrebbe potuto fraporsi con tanto nobili sentimenti?

Sono proprio gli strumenti storici,e più di loro una attenta valutazione di ciò che avvenne in quei territori a farci definire bufala il mito delle foibe.

E infatti entriamo subito nel merito della questione. Innanzitutto, è interessante notare che nessuno ha mai quantificato realmente la portata di questi morti infoibati. Per cui, se nessuno dice niente, sicuramente i morti necessari ad indire addirittura una “giornata del ricordo” saranno almeno migliaia, ma no, centinaia di migliaia. Se invece andassimo a leggerci i documenti storici (dell’esercito e della polizia italiani e tedeschi, peraltro) noteremmo che i morti accertati finiti nelle foibe sono all’incirca cinquecento (498). Le fonti? Il rapporto del maresciallo Harzarich, che operò i recuperi, una lettera del federale fascista dell’Istria Bilucaglia dell’aprile 1945. Va bene, anche se non si trattò di un genocidio, sono sempre 498 morti. Eppure, fra questi 498 morti, se si andasse veramente ad analizzare chi furono queste persone, scopriremmo che gran parte di questi erano militari, uccisi in combattimento o in seguito a sentenze. Militari, fra l’altro, non solo italiani, ma soprattutto tedeschi e sloveni. In particolare, i militari erano 122. Per il resto, sempre che  interessasse la verità e la contestualizzazione storica, faremmo un’altra scoperta, e cioè che la maggior parte dei civili erano o fascisti, o grandi proprietari terrieri che si opposero al processo di nazionalizzazione della terra e delle industrie operato da Tito in quegli anni di ricostruzione post-bellica. Fin qui, ecco che una accurata analisi di quante vittime e chi erano queste ci fa apparire la vicenda sotto tutto un altro aspetto. Ma non è tanto questo il revisionismo operato sulla vicenda istriana.

Quello che si è nascosto, che si è scientificamente occultato, è il nesso causa effetto che ha prodotto il fenomeno “Foiba”. E cioè che, al di là delle fandonie sulla pulizia etnica, le uccisioni di civili italiani dopo il 1945 furono né più né meno che operazioni di rappresaglia alla barbara occupazione nazifascista dei territori Jugoslavi. Dapprima con la discriminazione etnica operata nei territori italiani dagli anni 20’ in avanti sulle popolazioni slave residenti in Italia. Poi con l’occupazione fascista e nazista dal 1941 in avanti.

Quello che si è cercato di occultare è che in Jugoslavia era presente una forza di occupazione coloniale nazifascista, occupazione che ha prodotto una bonificazione etnica criminale, questa si rientrante nei canoni del genocidio. A questo genocidio risposero le forze di resistenza slave, immediatamente represse e loro si infoibate dai gerarchi fascisti. Questo vortice di odio razziale e etnico sommato alle mire espansioniste coloniali nazifasciste, produsse un odio tale nelle popolazioni slave da indurle, finita la guerra, ad una sorta di regolamento di conti. Regolamento che certamente talvolta sforò nell’odio contro l’italiano in quanto tale, ma che si trattò prevalentemente di una pura e semplice rappresaglia politica verso chi portò avanti per anni i campi di concentramento italiani contro le popolazioni slave. Anche perché le truppe italiane non si limitarono ad occupare militarmente i territori sloveni e croati, ma stabilirono la numerosi campi di concentramento, popolati da slavi, da ebrei, dai comunisti e dagli zingari.

Insomma, senza questa contestualizzazione storica non si può capire il fenomento delle foibe. Ed èproprio questa relazione ad essere attaccata dalla destra, come se il fenomento foiba nascesse direttamente nel 1945 come operazione di pulizia etnica slava nei confronti degli italiani. Niente di più falso, dunque. Per fortuna qualcuno non si arrende alla vulgata odierna, e attraverso studi approfonditi è riuscito e smascherare questa odiosa operazione tutta politica senza credibilità storica. Pensiamo ad esempio alla studiosa Claudia Cernigoi, che con il suo fondamentale saggio “Operazione Foibe tra storia e mito”, ha contribuito di certo a rispondere alle falsità messe in campo dalla destra. Il problema è che è stata lasciata colpevolmente sola non solo dagli storici, ma soprattutto da quelle forze politiche che invece dovevano controbbattere con forza a questa operazione di propaganda. La cosa non è stata fatta, e dunque anche quest’anno la destra rispolvererà tutto il suo vecchio armamentario celebrando la giornata del ricordo delle foibe, dandosi una dignità che la storia gli ha sempre negato.