Le divergenze del compagno Fini

Le divergenze del compagno Fini

Quello dello scontro tra Fini e Berlusconi è un argomento che potrebbe lasciarci indifferenti; le beghe di palazzo ci hanno sempre interessato il giusto, questa poi rientra chiaramente in un riposizionamento di poltrone e di ruoli che ha dell’incredibile, per le posizioni in campo e la teatralità scenica esilarante messa in campo ieri dai due litiganti. Confesso però che ieri ci siamo divertiti oltremodo a vedere i due contendenti accapigliarsi, è stato un momento di rara intensità e drammaticità, ma smaltite le risate e lo stupore, subito si è delineata in noi una riflessione sull’accaduto che ci riguarda molto da vicino, prefigurando foschi scenari all’orizzonte. Proviamo a darne una lettura di classe di tutto l’accaduto e vedere quanto questo scontro ci riguardi molto più di quello che potremmo pensare.

Ormai Fini è arrivato ad un punto della sua vita e della sua carriera politica che non gli permette più di rimanere l’eterno delfino, l’eterno secondo, buono per ruoli di secondo piano ma mai vero leader. Quello a cui aspira neanche tanto velatamente è diventare capo del Governo. Da qualche tempo però ha scoperto (complimenti per la tempestività) che lui segretario del PDL non potrà né potrebbe mai diventare. Fini, uomo del centro-sud, ex neofascista, con un profilo politico da conservatore europeo, non avrebbe mai l’appoggio della Lega, che è il vero perno della coalizione berlusconiana. La lega infatti ha altri candidati da spendersi e da appoggiare, primo fra tutti Tremonti, per quanto riguarda la successione di Berlusconi.

Dunque ha capito che, a quasi sessant’anni, non ha un partito capace di portarlo a giocarsi le elezioni da protagonista. Anzitutto perché Berlusconi rimarrà il candidato del centro-destra per i prossimi 20 anni, a meno di una infausta e questa si veramente esilarante elezione a capo dello Stato; secondo poi perché il vero partito del centro-destra, e cioè la Lega Nord, non se lo fila.

Capito questo, Fini sta cercando di smarcarsi, giocandosi il tutto per tutto e sparigliando le carte.

Questo smarcamento sta però sta incontrando pericolosamente il riposizionamento dell’altro blocco del capitale, quello del centro-sinistra. Tra fuoriusciti del PD, partiti di centro, industriali che scendono in campo, il blocco politico che si contrappone al centro-destra sta cercando di capire come uscire da questa sua crisi infinta e trovare il leader adatto e la formula politica e partitica giusta per vincere le elezioni. Ed è qui che probabilmente Fini andrà a sbattere. Essere il leader della grande formazione che si scontrerà alle elezioni del 2013, per battere Berlusconi e diventare Premier.

Cosa ci interessa a noi e quale previsione trarne? Presto detto…

Fra pochi anni è molto probabile che a fronteggiare il centro-destra di Berlusconi ci sarà alla testa di una coalizione di centro-sinistra proprio Fini, che a ben vedere è l’unico che ha i numeri e le capacità per aggregare intorno a se una vasta coalizione che comprenda il PD innanzitutto, poi l’UDC e le altre personalità varie che scenderanno in campo, ad esempio Montezemolo.

Ora, detta così sembra quasi normale, ha addirittura una sua logica, ma l’effetto sarebbe al limite del destabilizzante: da una parte un praticamente avremmo un monarca, l’espressione del capitale in persona, Berlusconi; dall’altra uno che fino a quindici anni fa si definiva fascista e considerava Mussolini il più grande statista del secolo, passato poi ad essere “democratico” ma esponente comunque della destra dei valori.

E noi? Già vedo le divisioni, le chiamate a votare il compagno Fini perché comunque è il meno peggio, perché bisogna battere Berlusconi, perché è più democratico. Gli appelli al voto utile; Fini invitato nelle sedi del centrosinistra, Rifondazione che invita a votarlo per buttare giù Berlusconi. I compagni anche più radicali che turandosi il naso e di nascosto andranno nei seggi, perché va bene tutto, ma altri cinque anni di Berlusconi no è…

Voi dite di no? Ma quante volte in questi anni abbiamo sentito e digerito gli stessi discorsi con candidati simili, che dovevamo votare pur di buttare giù la destra? Prodi, ancora ancora, e poi Marrazzo, Gasbarra, Zingaretti, la Bonino, poi Rutelli sia al governo che al comune. Altri esempi potremmo citare, ma il discorso non cambierebbe: a forza di votare il meno peggio (ma meno peggio per chi e in base a cosa?) abbiamo in questi anni spalancato le porte al peggio. Cerchiamo di non finire dalla tragedia alla farsa…