Le cose che non quadrano

Le cose che non quadrano

 

Va bene, il ritorno di Berlusconi sulla scena politica è una di quelle notizie a metà fra l’esilarante e il tragico che fatichiamo effettivamente a comprendere. Perché va bene ogni tipo di analisi politica, strutturale  e non relegata alle rappresentazioni mediatiche della realtà, ma l’eterno ritorno dell’impresentabile dice molto della condizione politica che sta vivendo il palazzo in questo momento. Però ci sono molte cose che non quadrano, e non può essere il semplice rigetto “di pancia” al berlusconismo a nascondercele.

Che Berlusconi sia impresentabile o meno, dovrebbero essere le strutture politiche avverse, i media e soprattutto i giornali, le radio e gli altri mezzi d’informazione, l’intellettualità diffusa, insomma davvero il grosso corpo della cosiddetta “società civile”, della cosiddetta “opinione pubblica”, a esprimerlo. Non i mercati finanziari attraverso la minaccia dello spread e del debito pubblico. E questa lettura, a cui si aggrappano tutti gli organi d’informazione e le organizzazioni politiche , va combattuta senza se e senza ma. Perché, così come oggi si rivolge contro Berlusconi, domani si rivolgerà verso chiunque non assecondi il ricatto mercatista neoliberista. E questo è un frame distorto molto più pericoloso di Berlusconi o del berlusconismo, e che va combattuto senza remore e mai agitandolo come prova dell’impresentabilità di Berlusconi stesso. Berlusconi è uno dei tanti orpelli di cui si serve la struttura economica del potere per governare. Le istituzioni economico politiche europee sono esattamente *quella*struttura. Per quanto impresentabile, l’imprenditore pappone non rappresenta il problema principale.

Il secondo grave problema delle numerose interpretazioni del ritorno del nano sessuomane sono più politiche. Si rimprovera da più parti che il problema di Berlusconi non è l’opzione politica che rappresenta, ma il fatto che non ha messo in pratica, in questi venti anni, quelle scelte politiche. Insomma, si rimprovera a Berlusconi di non essere stato coerentemente liberista, di aver prodotto debito, di non aver tagliato la spesa pubblica (cioè lo stato sociale), e via dicendo. Contraltare a questa lettura, l’affidabilità invece di un centrosinistra che, nonostante Vendola (risate), sembrerebbe più affidabile nel proseguire le politiche di “aggiustamento sociale” avviate da Monti. Questo, peraltro, determina un’avversione quasi unanime al ritorno di Berlusconi. Ma questo ovviamente non quadra. Oggi come oggi, tolto il TG4 e Libero, sono tutti contro il ritorno in scena dell’ex primo ministro. Ma le motivazioni di questa vera e propria posizione plebiscitaria sono esattamente quelle da combattere con ogni mezzo. L’abbandono di Monti è visto ovunque come il peggiore dei mali possibili, e la causa di questo abbandono, Berlusconi, un vero e proprio nemico. Nemico perché ventilerebbe l’ipotesi di portare avanti una diversa ricetta politica per il paese (ovviamente, non è vero: Monti è riuscito, con il ricatto europeistico, là dove Berlusconi si era arenato).

Se non fosse che non crediamo nei complotti, questa volta sarebbe da farci un pensierino. Il ritorno di Berlusconi ha di colpo spostato (ulteriormente) a destra tutto il quadro politico. Il (centro?) destra ha una deriva populista fastidiosa addirittura per la Lega Nord, si sta collocando sempre più all’estrema destra dello schieramento politico e rischia l’espulsione dal Partito Popolare europeo. Il centro (sinistra?), invece, viene indicato come il prosecutore più affidabile del montismo, sempre in attesa però che il centro politico, quel coacervo di imprenditori e banchieri, ex-sindacalisti e cattolici, si decida a costituire una vera e propria alternativa politica maggioritaria. Dunque, la situazione è paradossale: la parte sinistra dello schieramento politico ha come ideale Mario Monti e le sue ricette neoliberiste; la parte destra critica, da destra, in chiave neonazionalista, Monti stesso.

Tutto questo, in due giorni di avvenuta campagna elettorale. C’è di che rimanere stupiti. Il quadro che si va componendo, nel medio periodo, è però quello descritto senza mezzi termini da Angelo Panebianco sul Corriere della Sera. Vediamo:

Nel migliore dei mondi possibili ci sarebbero due grandi partiti, l’uno di centrosinistra e l’altro di centrodestra, nessuno dei quali ricattato e condizionato da forze estremiste, che si contenderebbero l’elettorato di centro. Entrambi i partiti concorderebbero sul fatto che l’Italia non ha altre possibilità che rispettare gli impegni presi con i partner europei e che nulla serve di più, per rassicurare mercati ed Europa, della certezza che chiunque vincerà rispetterà gli accordi e governerà di conseguenza. Nel migliore dei mondi possibili i due grandi partiti si differenzierebbero fra loro solo perché, pur nel rispetto degli impegni presi, l’uno, quello di centrodestra, proporrebbe di ridurre la pressione fiscale su ceti medi e imprese tramite una contrazione della spesa pubblica mentre l’altro, quello di centrosinistra, proporrebbe risparmi che servano a migliorare la condizione dei ceti meno abbienti.

 

Quindi: il vincolo europeo (cioè della finanza europea tramite la longa manus delle istituzioni politico-bancarie) è il paradigma al quale ogni opzione politica deve sottostare. Le differenze non si tradurrebbero in modi alternativi di vedere la realtà e cercare di modificarla, ma nella medesima lettura e dei medesimi obiettivi. Nessun margine è possibile. Quella fantasiosa differenza politica che intravede Panebianco è così flebile che sembra essere posta lì come artificio retorico, si vede che non ci crede neanche lui.  Berlusconi, incredibilmente, finirebbe per apparire come colui che tenta  di rompere lo schema che non riesce a scardinare la sinistra, cioè quello di liberarsi dal ricatto europeo e tornare a una politica delle differenze sostanziali, e non solo della messa in scena decorativa. Berlusconi la sta già mettendo sull’unico piano possibile per recuperare un po’ di voti: o con lui o contro di lui. Sembra paradossale, ma è così che dovremmo metterla pure noi: o con le strutture di potere economiche europee che ci governano, o contro di esse. Chi si schiera al loro fianco non può essere nostro amico. Dunque, è il nemico politico da combattere. L’assurdo, è che questa radicalizzazione non avviene dalle nostre parti, ma da Berlusconi.

Fra qualche mese questi partiti ci verranno a chiedere il voto, promettendoci chissà quali differenze, che in realtà non esistono, non possono esistere. La soluzione a tutto questo purtroppo (o per fortuna) non risiede in quelle aule, in quelle istituzioni, in quelle tribune.