L’attimo non colto

L’attimo non colto

 

L’assenza di una mobilitazione sociale e politica capace di costringere Syriza allo scontro frontale con la Ue ha decretato la fine anticipata di ogni ipotesi concretamente dirompente che all’inizio poteva assumere quest’esperienza. Lasciato solo, Tsipras si è dimostrato quello che in realtà è sempre stato, un politico impossibilitato a instaurare un qualsivoglia rapporto di forze favorevole alla sua parte politica. Il problema è che proprio oggi che il Grexit appare più di una suggestione, questo ha perso tutto il suo potenziale deflagrante. Invece di imporlo come arma politica decisiva “da sinistra”, l’eventuale uscita della Grecia dalla Ue è oggi utilizzata come ricatto dalla Ue stessa. Salvate banche, assicurazioni, fondi sovrani e titoli di Stato, non c’è più alcun rischio per il capitale europeista di un’uscita della Grecia dall’Unione, motivo per cui l’arma del ricatto è ora nelle mani del nemico. La vicenda greca ci racconta allora del rischio, in politica, di non cogliere l’attimo, di tergiversare evitando di decidere, lasciando al nemico la possibilità di metabolizzare i rischi annullandone gli effetti ingestibili. E’ questo il demerito maggiore del governo guidato da Tsipras. Che questo non fosse in grado di riattivare politiche socialdemocratiche in tempi di crisi, per di più all’interno del soggetto statale più debole della catena, questo era ovvio (anche se più di qualcuno fingeva di crederci, soprattutto dalle nostre parti). Nonostante ciò, aveva in mano la possibilità di dare una svolta radicale al destino dell’Europa neoliberista, quello di utilizzare il ricatto dell’uscita dalla Ue, indicendo ad esempio un referendum in proposito, o rompendo direttamente. Un arma che avrebbe prodotto la ricontrattazione generale dei meccanismi istituzionali ed economici alla base del patto continentale. Oggi quest’arma non c’è più, e a questo punto un’uscita dall’eurozona sta diventando sempre più affare della sola Grecia. Certo, non tutto è così lineare, e per il progetto complessivo dell’architettura europeista la rottura della catena, anche nel suo punto più debole e, in fondo, ormai inutile, potrebbe rappresentare un danno d’immagine non indifferente. Anche perché potrebbe attivare tensioni analoghe negli altri Stati periferici, producendo moti simpatetici potenzialmente ingestibili. Ma tutto il gioco ora è nelle mani della Ue, con una Grecia nella triste parte di chi domanda elemosina a quelle istituzioni da cui diceva di volersi liberare. Una parabola decadente, che segnerà per tanto tempo, almeno in Grecia, il destino della sinistra socialdemocratica.