La sagra del poraccismo

La sagra del poraccismo

 

Sono sicuramente centrali le analisi politiche sulla débâcle grillina, ma qui sta emergendo una vera e propria antropologia che non trova spazio nelle seriose interpretazioni della derrota capitale. La vicenda della polizza sulla vita di Salvatore Romeo racconta molto di questa miserabile accozzaglia che gravita alle pendici del Campidoglio. Il valore giuridico o legale di questi fatti è nullo o quantomeno secondario. Qui stiamo in presenza di un vero e proprio poraccismo istituzionalizzato, della questua che si insidia nelle maglie del potere, del sottobosco di accoliti a cui si illuminano gli occhi alle briciole che cadono dal tavolo di una politica immiserita. Ci stanno facendo rimpiangere Gelli, Dell’Utri e Berlusconi insomma, che almeno quando gli girava muovevano miliardi (di lire), interessi strategici, truffe secolari: senza eleganza, ma con maestria. Qui stiamo alle polizze vita da 30 mila euro, al biglietto omaggio allo stadio, all’imbucato ai matrimoni. Anche questo testimonia la crisi di un ceto politico: non riesce a pensare in grande neanche quando ruba.

Da Alemanno in poi è la sagra del poraccismo. Vinte le elezioni – le prime elezioni vinte dalla destra dal 1945 in avanti – neanche insediatosi sul sacro colle, di fronte alla grande vetrina, al salto di qualità, al trampolino definitivo dello sdoganamento, cosa fa il Nostro? Inizia ad assumere tutti gli amici e parenti, anche quelli acquisiti, senza vergogna, con evidente sprezzo del pericolo e del ridicolo. Piazza ai vertici del Campidoglio la sua congrega umana. La questua perenne che marchia il sottobosco cittadino viene catapultata alla direzione della città, senza alcuna competenza, senza alcuna conoscenza, con l’unico obiettivo di accaparrarsi tutti i benefit che quei rigagnoli di potere concedevano loro: bidelli, medici, parcheggiatori, ex picchiatori avvinazzati, pizzardoni, amanti, sorelle delle amanti, sciampiste e via degradando, incantati dal miraggio dei mille euro facili, del lavoretto in nero, del contrattino al Comune (qui per una panoramica dei successi di Alemanno). Perso il Comune e tramontata per sempre(?) l’idea di un altro fascista in Campidoglio, quel sottobosco maleodorante, fatto di avvocatucoli, di bottegari, di ristoratori con la celtica al collo, di travet comunali, sembrerebbe aver scalato il movimento grillino romano, anch’esso privo di competenze e di conoscenze. Un’Opa avvenuta forse due o tre anni fa: i fascisti di ieri si sono riscoperti grillini di oggi, ma la questua è continuata come prima. Non hanno paura di niente. 30 mila euro sono il sogno di una vita la settimana bianca con escort al fianco il Golf taroccato in garage il sabato sera a Sabaudia la domenica in tribuna da Sora Lella i giorni dispari da Checco in quelli pari cocaina per tutti uomini donne mignotte trans. Senza neanche percepire il rischio di sputtanare tutto e tutti, la paura dell’intercettazione, della fine di tutto ancora prima che il sogno inizi. E’ tutto a portata di mano, basta allungare la mano, e sticazzi di tutto il resto, e quando ricapita sennò. Mi denunciano? Pazienza, due anni con la condizionale, un anno ai servizi sociali se va male, e intanto la roba mia sta in cassaforte e chi me la tocca.

Ci sono ragioni profonde e strutturali che spiegano questa degenerazione perversa. Ne siamo perfettamente coscienti e d’altronde proviamo a ragionarci tutti i giorni. Ma quest’homo novus che fa del miserabilismo un vanto e a cui viene data dignità sociale, produce un cambiamento antropologico. Che non spiega niente magari, e che certo non inizia con Alemanno, ma che non si può non rilevare. Non è un problema morale, ma è un degrado della moralità che svela la catastrofe etica della politica contemporanea. Che ha cause strutturali. Ma che oggi sembrano quasi passare in secondo piano di fronte allo sfacelo umano che siamo costretti a vedere.