la dannosa sottoscrizione

Riproponiamo di seguito un intelligente commento apparso oggi sul manifesto di cui condividiamo lo spirito (tranne l’invito alle sottoscrizioni elettorali, ovviamente)

Non solo la ricostruzione ma anche l’emergenza devono essere gestite secondo criteri solidali e razionali. Che senso hanno tutte queste collette e sottoscrizioni che ci bombardano e circondano? A chi vanno i soldi che si raccolgono, con che criteri? Ma soprattutto: a chi evitano di tirar fuori i soldi, a chi consentono di risparmiare e su cosa? Personalmente preferisco prepararmi a sottscrivere per le campagne elettorali di chi si batte per evitare tutta questa follia edilizia, o a sottoscrivere per progetti specifici, innovativi e non altrimenti finanziabili. E’ ora di mettere in discussione quello che sta succedendo, magari in buona fede da parte di tutti (o quasi): il grande moto di senso civico sta andando in una direzione confusa e controproducente. Certo farebbe comodo al governo non modificare i propri programmi economici perché mezzo miliardo di euro gli arriva dalla commozione popolare, e non li deve stanziare. Ma il problema che il terremoto pone è invece che bisogna cambiare la gestione degli edifici, del territorio e un bel pezzo della politica – o non politica – economica. Lo stato – cioè tutti noi come contribuenti – ha il dovere di assistere gli sfollati e deve avere il coraggio di tassarci se c’è bisogno, e di fermare le spese inutili o non prioritarie. Come il Ponte sullo stretto, le nuove autostrade, la Tav. Le banche devono dare la priorità al risanamento edilizio antisismico – e già che ci siamo energetico – e non finanziare gli ampliamenti edilizi e tantomeno i grattacieli. E’ dell’economia micro e macro che stiamo parlando. Non rinnego il valore delle nostre missioni giovanili, le straordinarie esperienze che abbiamo fatto chi nel Belice chi in Friuli chi in Irpinia dopo i terremoti, e che hanno contribuito a far nascere quella Protezione Civile tutto sommato decente che abbiamo. Ma ora di volontari in Abruzzo ce ne sono troppi, lo hanno detto tutti, e non solo il governo che magari non li vorrebbe tra i piedi. Allora mandiamo latte e coperte? Proprio ieri Berlusconi ha detto che non occorrono più materiale e vettovaglie, piuttosto versate soldi. Ecco il punto. E partiti, associazioni, giornali, banche, sindacati, compagnie telefoniche fanno a gara. Quasi si sentono sminuiti se non aprono un conto. Ma oggi dal moto sia spontaneo che spintaneo che sta attraversando l’Italia dovremmo far sorgere una piattaforma concreta di impegni e di lotta, non una concorrenza di conti correnti (né tantomeno la furberia del referendum per il bipartistismo, ma questo è un altro discorso). Dopo il disastro annunciato dell’Abruzzo, prima dei prossimi disastri annunciati diciamo basta all’esagerazione edilizia, alle costruzioni sregolate, al mito dell’aumento delle cubature. Le risorse pubbliche e private devono essere prioritariamente dedicate a mettere in sicurezza edifici pubblici e privati, a fargli risparmiare energia e ove possibile produrne coi pannelli. Questa è la prima opera pubblica necessaria del paese, impegniamoci su questo.
Non facciamoci prendere per il naso, o tra¬volgere da un’emotività superficiale. Anche per quanto riguarda la Casa dello studente del¬l’Aquila, che rettori e persino collettivi studen¬teschi han proposto di ricostruire con sottoscrizioni popolari, il Ministero della Pubblica Istruzione ha stanziato i fondi. Come al solito i problemi più gravi sono per chi e per cosa non è nel cono di luce dell’attenzione del mo¬mento.Se abbiamo la spinta e la possibilità di sotto¬scrivere facciamolo per le cause impegnative e difficili, della sostenibilità e della politica di sinistra, non per consentire al governo di con¬tinuare nella sua furbastra irresponsabilità