La conseguenza logica della legittimazione neofascista

La conseguenza logica della legittimazione neofascista

 

Tante cose sono state scritte sulla tentata strage neofascista di ieri a Macerata. Molte di queste assolutamente condivisibili. Inutile ripetere un ragionamento che da anni cerchiamo di portare avanti e che, però, rimane confinato al sempre più ristretto ambito dell’antifascismo militante. La legittimazione del neofascismo, la sua normalizzazione politica, mediatica, culturale, sociale, porta direttamente a Macerata. Ogni aggressione, uccisione, accoltellamento, strage o, come ieri, “tentata” strage per scarsa mira, sembra però suscitare nell’opinione pubblica e in quella politica l’effetto opposto: è l’assuefazione ad impadronirsi del dibattito medio del paese. Un lento scivolamento che sposta Macerata in Alabama, come ricorda oggi il Corriere della Sera. In uno di quei posti, cioè, in cui il terrorismo neofascista è entrato a far parte delle normali relazioni sociali tra “bianchi” e “neri”. Dai “bangla tour” di Forza Nuova ai massacri migranti di Casapound, è lo stupore ad essersi dileguato. E così l’asticella scivola progressivamente più in basso, ormai scavando sotto terra. La Lega Nord, un partito che ha governato l’Italia per un decennio abbondante e che, tra due mesi, potrebbe trovarsi nuovamente al governo, giustifica la tentata strage accanendosi contro le vittime: «colpa dell’immigrazione!», dice Salvini. Forza Italia, il partito che ha governato l’Italia fino al 2011 e che sicuramente formerà il prossimo esecutivo (da sola o in collaborazione col Pd), parla di «squilibrato senza connotazione politica». Un candidato politico del centrodestra con una runa tatuata in faccia: quale connotazione politica ricavarne, in effetti?

Nonostante i buoni propositi post-strage («mai più!» gridano in coro i democratici di tutto il mondo, salvo prossima ospitata in televisione), non ci sarà nessun effetto concreto. Il neofascismo continuerà ad occupare ogni spazio mediatico, invitato a colmare gap di democrazia elettorale, col beneplacito del restante mondo elettorale, evidentemente a suo agio nello scambiarsi convenevoli con chi arma mano e pensieri del militante più coerente. Perché l’azione di Luca Traini è simbolo di estrema coerenza, non di mancata comprensione. Luca Traini, e con lui i vari Gianluca Casseri, Amedeo Mancini e soci, non equivocano nulla del messaggio politico del fascismo italiano. Lo rendono effettivo. Probabilmente non sarà dalla sinistra che nascerà una risposta conseguente alla violenza fascista. Sarà dagli stessi migranti. E quando questo accadrà, quando anche (e finalmente) saranno le vittime del neofascismo a reagire con la medesima proporzione, questa violenza colpirà tutti. Il fascismo, ma anche quella sinistra che oggi lo legittima nascondendosi dietro parole di prammatica. Solo a quel punto capiremo la vera distanza che separa oggi il mondo bianco da quello nero nella metropoli occidentale. La banlieue è dietro l’angolo, e i primi a non poterci entrare saremo proprio noi.