La classe e le categorie, i privilegi contro i diritti

La classe e le categorie, i privilegi contro i diritti

 

Premesso che non è certo con la liberalizzazione dei taxi – o dei farmaci di fascia C – che il governo risolverà, anche in minima parte, la crisi di domanda e di reddito che sta attanagliando i lavoratori italiani, due parole su questi fantomatici “scioperi” dei tassisti le vorremmo pur dire. Perché, al di là del merito della questione, il discorso pubblico che stanno portando avanti politici e media stravolge completamente la realtà e rischia di fare più danni di una qualsiasi di queste battaglie per la difesa dei privilegi delle mille categorie italiane.

Anzitutto, qui si parla a gran voce di sciopero dei taxi, ma quello che stanno mettendo in piedi i tassisti è molto più simile alla serrata padronale che non ad uno sciopero. E si, perché a scioperare sono i lavoratori dipendenti, non i padroni, e i tassisti quello sono: padroni. Anzi, padroncini per meglio dire, come i camionisti. Sono proprietari del proprio mezzo di produzione, il taxi, e sono anche proprietari della licenza con cui possono svolgere la propria professione. Decidono loro quando e come andare a lavorare, non devono rispondere a nessuno, se non a loro stessi, del proprio operato. Non sono equiparabili neanche alla categoria dei lavoratori autonomi. Sono dei veri e propri padroncini, che dunque non possono mettere in atto alcuno sciopero verso altri padroni, ma semmai possono dare vita a reazioni di categoria esattamente come stanno facendo, cercando di salvaguardare i propri privilegi, come tutte le categorie e professioni chiuse. Non rischiano nessun licenziamento per gli scioperi fatti, men che meno alcuna precettazione. Quella è roba da lavoratori, non da padroncini.

Altra piccola differenza – fondamentale –  rispetto alla deprimente retorica pubblica, è che i tassisti sono una categoria, i lavoratori che hanno protestato e scioperato in questi mesi sono parte della classe. Ovviamente non staremo qui a sottolineare l’evidente differenza, però sui giornali i tassisti vengono equiparati alle tante altre “lobbie” che stanno protestando contro i tagli del governo. Come i lavoratori, come i pensionati. Ormai lavoratori e categorie rientrano nello stesso ambito, nella stessa situazione sociale, e dunque vengono trattati allo stesso modo. Come abbiamo visto, però, se proprio vogliamo catalogare i tassisti in una classe, è quella dei padroni e non certo dei lavoratori.

Terzo punto da sottolineare, i tassisti stanno “lottando” per la difesa dei propri privilegi, ma dai media e dai politici questo viene specularmente equiparato ai lavoratori dipendenti che lotterebbero per mantenere i propri privilegi guadagnati in questi anni. Non sfiora neanche per la testa a qualche esponente della sinistra – parlamentare e non – ribadire che i lavoratori dipendenti lottano per i propri diritti, e non per la salvaguardia di qualche privilegio. Mentre i diritti dei lavoratori che lottano riguardano tutta la cittadinanza, e soprattutto tutti i lavoratori, i privilegi che cercano di mantenere i tassisti riguardano solo loro e la loro categoria chiusa ad ogni cambiamento.

 

 

Altro grande assente dal discorso pubblico è che a nessuno è venuto in mente di trovare una soluzione al problema taxi con la mano pubblica. Non sarà certo portando a due (2) il numero massimo cumulabile di licenze che cambierà qualcosa rispetto alla questione taxi. Men che meno, quello di concentrare tutte le licenze nelle mani di qualche grande imprenditore, come ad esempio Montezemolo, al fine di creare grosse aziende private di taxi. Quello che però forse ci avvicinerebbe alla soluzione sarebbe che lo Stato, tramite qualche sua azienda pubblica, decida di cumulare le licenze e offrire un vero servizio pubblico dei taxi, così come lo fa, o lo dovrebbe fare, con i vari servizi pubblici di linea come i treni, gli autobus, le metropolitane e i tram. Perché i taxi no? Per quale motivo è impossibile ragionare su un servizio pubblico dei taxi, anche affiancato da una serie di operatori privati, ma che almeno garantisca lo spostamento in taxi a prezzi accessibili e controllandone la frequenza e l’offerta? In quel caso si che i tassisti diverrebbero lavoratori dipendenti, e ogni loro eventuale sciopero sarebbe lo sciopero della classe e non di una categoria.

Ma questo nell’Italia di oggi è impensabile, assolutamente impossibile proporlo. Addirittura provocatorio, e la completa assenza di una proposta simile rende benissimo chiaro il panorama politico attuale e le sue proposte.

E allora ci troviamo come oggi, coi tassisti che vengono paragonati ai pensionati nella difesa dei propri privilegi. Ma c’è una cosa che possiamo, anzi dobbiamo, imparare dai tassisti: e cioè che la lotta dura, il cosiddetto sciopero selvaggio, il blocco delle città, alla fine porta sempre ad ottenere risultati, riesce sempre a riequilibrare i rapporti di forza e portare a proprio vantaggio le trattative. Certo, i tassisti non rischiano lo sciopero, i tassisti non devono rendere conto a nessuno, per loro è molto più facile: cadono sempre in piedi. Ma una certa creatività e incisività nelle lotte dei lavoratori non farebbe per niente male e porterebbe sicuramente a risultati migliori che i vari sciopericchi di 3 ore dei mesi passati.