Il Regina Elena è la lotta di tutti!

Il Regina Elena è la lotta di tutti!

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Qual è la sensazione di svegliarsi alle 6.30 di mattina, affacciarsi alla finestra e vedere decine di blindati di polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili del fuoco e ambulanze? Aprire la porta di casa, di quella che per due anni è stata la tua residenza, ma anche qualcosa di più, e trovarsi sul proprio piano la guardia di finanza in tenuta anti-sommossa davanti alla porta? Prendere al volo, più con la forza della disperazione che con la razionalità, le poche cose che avevi dentro la stanza, la tua misera vita passata in un posto di merda per poterla continuare da un’altra parte, e scendere le scale, quattro lunghi piani, fra due ali di celerini che ti guardano, ti prendono per il culo, sfottono, ridono, godono di tutto questo…? E poi le grida e i pianti dei bambini, gli svenimenti, le facce stravolte dal sonno e dall’incredulità, di chi lentamente si rassegnava ad una realtà più dura di qualsiasi immaginazione…una realtà che è riuscita a superare ogni più macabro incubo. Tutto questo, a chi fa finta di governare questa città non è interessato. Il comune, in qualsiasi sua veste, quella mattina del 1 Settembre era assente. Solo polizia e repressione, come sempre. Come sempre un problema, anzi Il problema sociale di Roma da decenni a questa parte, l’emergenza abitativa, si è deciso di affrontarlo come un problema di ordine pubblico. Niente di nuovo sotto il sole.

Tanto è stato scritto sui giornali, troppe le infamità alle quali volendo si dovrebbe e potrebbe rispondere. Ma in questo momento abbiamo altro da fare, sicuri che dopo, una volta calmate le acque, verrà il momento di rendere conto  a certo  giornalismo infame di regime, come quello del Messaggero e del Tempo, non a caso giornali di noti palazzinari fascisti e dunque impossibilitati a riportare qualsivoglia scampolo di verità.

Ma veniamo a noi. Il Regina Elena è stato, sino al 1999, un ospedale pubblico. Poi l’abbandono, il degrado, lo sperpero di denaro pubblico, la speculazione. Vuoto dal 1999 appunto, nel 2007 i movimenti di lotta per la casa decidono di occuparlo. Duecentocinquanta (250) famiglie, in emergenza abitativa già inserite nelle liste comunali per la casa popolare, decidono di riprendersi uno stabile pubblico, dunque anche il loro, e di vivere temporaneamente li in attesa di una soluzione a questa piaga sociale del problema abitativo. Nulla da fare,  le varie giunte di centrosinistra e di centrodestra se ne fregano, nascondono il problema, fanno finta di non capire cavalcando l’onda della legalità. Ma quale legalità, quella delle 200.000 case sfitte a Roma? O quella della 50.000 famiglie in emergenza abitative, sempre e solo nella capitale? Oppure quella dei 6 miliardi di buco nella sanità prodotti dalla regione sotto la guida di Storace, non a caso membro dello stesso partito (fino al 2007) del signor Alemanno? Non si capisce di quale legalità vadano blaterando questi mafiosi fascisti che presiedono oggi il comune…

E insomma dopo anni di abbandono, una volta occupato il Regina Elena diventa il problema principale del centrodestra, l’unico argomento della sua misera campagna elettorale. Tutti: l’università, il governo, il comune, i partiti, si accorgono che esiste un ospedale abbandonato da anni solamente per cavalcare l’onda securitaria della legalità di facciata, alimentando tensioni e contrapposizioni fasulle solo per non parlare e cercare di risolvere il problema vero, l’unico in tutto questo contesto, che è quello della casa.

Chiariamo subito che vivere dentro il Regina Elena, come vivere dentro il 90% di tutte le altre occupazioni, fa schifo. Bagni e cucine in comune; momenti di privacy praticamente ridotti a zero; picchetti, assemblee, riunioni, attacchinaggi. L’affitto che non si riesce a pagare con i soldi lo si sconta con una militanza, con una esperienza di vita, che in un modo o nell’altro segna indelebilmente ogni persona che sia passata per una occupazione. Non solo fa schifo, ma proprio dagli occupanti stessi del Regina Elena veniva la spinta più forte verso una soluzione alla questione, visto che meno ci si stava, la dentro, meglio era. Tutto questo non veniva minimamente recepito da chi emanava proclami sulla legalità.

E’ stato dipinta l’occupazione come un ricettacolo di criminali, spacciatori, drogati, papponi, ladri, rapinatori, extracomunitari. Chi scrive è laureato in scienze politiche, un lavoro fisso da 800 euro al mese, italiano, romano. Ovviamente non sono il solo, ma questo non interessa ai tutori della legge e della legalità. Nonostante il lavoro, 800 merdosi euro al mese non bastano per pagarsi una camera, né tantomeno un affitto, in questa città controllata da quel ristretto oligopolio formato dai papponi palazzinari mafiosi fascisti. E come me, centinaia di altre persone, che pur non volendolo, sono costrette ad occupare per non finire in mezzo ad una strada. E nella stessa situazione si trovano quella diecimila (10.000) persone in lista con 10 punti e uno sfratto già eseguito che affollano le liste comunali per una casa popolare. Quelli che si sono affidati alla legalità, e che da trent’anni (30) sono in attesa di una casa, anche fuori il raccordo, un tetto ad un costo accessibile.

Ma questi non rappresentano problemi per la politica cittadina. L’unica questione è ripristinare la legalità, sgomberando lo stabile restituendolo all’abbandono e al degrado. Speriamo solo che questa vola si portino via i macchinari ospedalieri, le TAC e tutto il resto delle apparecchiature costosissime lasciate in eredità dei topi e del ladri. Apparecchiature che sono state riconsegnate immediatamente dagli occupanti il giorno stesso dell’occupazione, per quanto potesse interessare ai responsabili della sanità e dell’università.

Oltre al danno, la beffa, cioè la deportazione, dopo lo sgombero, fuori Roma in centri di prima accoglienza per rifugiati politici. Intere famiglie con i propri medici e le proprie amicizie, le scuole dei bambini e i loro amichetti, prese dal terzo municipio e deportate a venti (20) kilometri fuori dal raccordo, in situazione di sovraffollamento criminale, senza cucina, senza stanze vivibili. Questa sarebbe la soluzione trovata dal comune per le persone sgomberate, spedite come pacchi da una parte all’altra della regione come fossero cartoline, senza tenere conto delle più elementari necessità di vita e di dignità.

Di fronte a tutto questo, le parole non riescono bene a definire lo stato d’animo, le sensazione che si possono provare, inesprimibili e angoscianti. Una sensazione di solitudine, di oscuramento, di negazione della realtà da parte di tutti, i media come la politica, la gente comune come il governo. Lasciati soli da tutti, nel silenzio assoluto, solamente la lotta riesce a ridare un po’ di dignità a queste persone che da un giorno all’altro hanno visto stravolta la propria vita, non ascoltati, abbandonati.

Per questo motivo chiediamo, come ex-occupanti del Regina Elena e come compagni, ma anche come semplici cittadini indignati, di passare al presidio permanente che è in corso a piazza Venezia e di dare una mano agli occupanti e ai compagni che stanno lottando giorno e notte, e soprattutto di partecipare numerosi al corteo cittadino in programma Venerdì prossimo, 11 Settembre. Si può essere più o meno solidali, più o meno vicini idealmente a chi sceglie di adottare determinati metodi di lotta, ma il modo in cui sono state trattate centinaia di famiglie, colpevoli unicamente di non avere i soldi per pagare l’affitto, merita uno scatto di dignità da parte di tutti i cittadini, se esiste ancora una coscienza civile in questa città, in questo paese.