Il caldo da’ alla testa: ad agosto sgomberata la Baracca Occupata

Il caldo da’ alla testa: ad agosto sgomberata la Baracca Occupata

 

In estate succedono spesso cose molto brutte. A farne le spese si trovano a essere, altrettanto spesso, le strutture politiche che fanno il loro intervento nelle università. Il motivo è presto detto: ad agosto le università sono chiuse e i compagni/e non hanno modo di organizzare forme di resistenza attiva. Comunque, anche quando vi riescono, non possano contare sulla forza d’urto della massa universitaria (ad agosto latente), ma devono limitarsi alle energie dei militanti. È su questo che giocano i poteri forti, gli speculatori e i baronati universitari, quando vogliono annullare una struttura ritenuta preoccupante, quantomeno problematica. Senza confronto, senza dialettica, senza neanche “l’onore delle armi” di una sconfitta dopo una giornata campale: aspettano agosto, sfondano giù una porta e tanti saluti. Vi piace vincere facile?

È successo un’altra volta e la cosa ci dispiace particolarmente perché a essere sgomberata è stata la Baracca Occupata di Padova (lo scorso 10 agosto, all’alba, con una cinquantina di polizia e carabinieri, portando in questura e denunciando i cinque compagni che stavano dormendo lì in quel momento). Che cosa era (e speriamo che cosa sarà di nuovo) la Baracca Occupata? Era un luogo strappato all’incuria e ai rischi di speculazione mediante l’autorganizzazione dei compagni/e, in un contesto (l’Università Italiana) che chiude gli spazi perché intende disaggregare gli studenti; era un luogo di discussione e di approfondimento, anche su tematiche (apparentemente) lontanissime dall’Università Fortezza; era un luogo che ospitava materialmente compagni/e che venivano da fuori (come abbiamo potuto sperimentare di persona) all’insegna della solidarietà concreta e della reciproca fiducia; era il luogo in cui gli strumenti della critica sottoponevano a processo tutte le diverse declinazioni dei poteri forti e del capitale, proponendo un’alternativa dal basso, partecipata e includente. Soprattutto, era un luogo in cui veniva sottolineato il processo degenerativo dell’università italiana (per quanto sia decisamente improbabile di suo che esista un’università democratica in uno Stato capitalista) dalla legge Zecchino-Berlinguer in poi, legandolo allo sgretolamento del pacchetto di tutele nell mondo del lavoro.

Tutto questo avveniva senza alcuna rete di protezione e senza scendere ad alcun compromesso:

“Il nostro potere non è quello della legge. Come può esserlo quando la norma si riduce a maschera e veicolo di un ordine mortifero ed ingiusto, quando questa esprime un assetto giuridico che preserva privilegi e legalizza l’oppressione? La nostra legittimità non è quella delle decisioni democratiche. Come può esserlo quando le stesse regole della democrazia sono costantemente derogate da leggi speciali e misure d’emergenza che rendono irriconoscibile quella “volontà popolare” in cui dovremmo, ma non possiamo, riconoscerci?”

Tutto questo era la Baracca Occupata, ma in fondo lo è ancora, dal momento che i compagni/e sgomberati anche in questi giorni stanno continuando la loro attività a via Marzolo e davanti la Fusinato. A loro va la nostra complicità.