I mandanti…

I mandanti…

In Libia non è in corso nessuna rivolta popolare. Una serie di tribù avverse a Gheddafi (a sua volta a capo di un’altra sfilza di tribù), stanno cavalcando l’onda dell’attenzione mediatica sul maghreb per portare l’attacco finale al colonnello libico. Repressi da quarant’anni, i nostalgici della monarchia, i predoni del deserto, i piccoli raìs locali stanno sfruttando l’attenzione occidentale per potersi sbarazzare di chi per anni li aveva domati. Neanche iniziata la rivolta, questi “giovani democratici” armati di Kalashnikov, carri armati e aviazione militare, hanno subito richiesto l’appoggio militare occidentale per spodestare Gheddafi e tornare al potere e spartirsi le risore del più grande bacino petrolifero africano. Richieste subito accolte, peraltro.

Neanche per un attimo è stata presa in considerazione l’unica via d’uscita democratica e pacifica che fino ad ora era stata avanzata: la proposta, del presidente venezuelano Chàvez, di una conferenza internazionale senza l’intromissione della Nato, che riportasse la pace nel territorio libico e offrisse una via d’uscita a Gheddafi, ormai (da anni) non più presentabile. Senza guerre. E andando a capire chi sono veramente questi “ribelli” che si stanno opponendo al “regime libico”.

Una storia già vista, insomma. Quello che invece non avremmo mai voluto vedere, è la sinistra italiana esultante agli attacchi Onu. Una sinistra senza più senso nè visione del mondo, per la prima volta ha deciso di appoggiare apertamente un attacco militare contro uno stato sovrano. E, nel giro di pochi giorni, mandando in soffitta tutti i buoni propositi del finto pacifismo politico. Oggi che c’è Obama, non fa più tendenza dirsi per la pace e contro l’esportazione di democrazia manu militari. Ne prendiamo atto. E ce ne ricorderemo quando verrà il prossimo turno. Perchè c’è sempre una guerra dietro l’angolo, che ci aspetta e che ci verrà giustificata come umanitaria, inevitabile, per la pace, contro la tirannia. I buffoni di corte della sinistra hanno perso per l’ennesima volta la faccia, ma sapremo ricordarcene, alla prossima carneficina.