Grillo è come la religione?

Grillo è come la religione?

La miseria religiosa è, da un lato, l’espressione della miseria effettiva e, dall’altro, la protesta contro questa miseria effettiva. La religione è il gemito della creatura oppressa, l’animo di un mondo senza cuore, così come è lo spirito d’una condizione di vita priva di spiritualità. Essa è l’oppio del popolo.

Karl Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel

 

Siamo ormai subissati da analisi sul Movimento 5 Stelle, e come da copione si è aperta la corsa al carro del vincitore. Tutti coloro che prima lo deridevano oggi analizzano seriosi le sue proposte e il suo bacino elettorale. Più o meno tutti affascinati non da Grillo o dal suo movimento, ma dal suo successo elettorale. A destra, si descrive il Movimento 5 Stelle con gli stessi strumenti che già inquadrarono la Lega Nord e che in fondo sono gli stessi del Berlusconismo. Una piccola e media borghesia in via di impoverimento che si ritrova nella protesta di pancia di Grillo, che in fondo da voce a ciò che chiede anche l’imprenditoria del nord: meno stato, meno burocrazia, più efficienza, abbattimento del “pubblico” in favore di un privato “illuminato” in un contesto di mercato dalle regole certe e concorrenziali, meno tasse, meno “politica” in qualsiasi campo. La visione del mondo di Grillo effettivamente è parallela a quella di questa borghesia, che poi è la stessa della grande finanza, come si evince dall’appoggio della Goldman Sachs al Movimento.

A sinistra (ovviamente) le cose si complicano. Gli unici a mantenere dritta la barra sembrerebbero essere i Wu Ming, che tentano di portare avanti una analisi che sia allo stesso tempo di classe e culturale del fenomeno grillino; analisi nella quale ci ritroviamo completamente. Anzi, uno dei motivi per cui abbiamo scritto poco su Grillo e il suo movimento è proprio perché non avevamo nulla da aggiungere alle accurate analisi di Wu Ming, nonché di Giuliano Santoro. A parte però questa sparuta rappresentanza, molti si stanno riposizionando in favore del grillismo. Un po’ perché il successo elettorale attira sempre consensi, e la tentazione di salire sul carro del vincitore miete vittime anche a sinistra; un po’ perché una parte importante della retorica grillina è molto simile a certe parole d’ordine di movimento, soprattutto di quelle aree che per sintesi definiamo post-operaiste; un po’ perché in Grillo si vede l’opportunità di arrivare a un determinato scopo, come ad esempio impedire la costruzione dell’Alta Velocità in Val di Susa. Insomma, per un motivo o per un altro, troppe situazioni stanno pericolosamente scivolando nel tentativo d’interlocuzione con il movimento 5 stelle.

Ora però non è questo ciò che ci interessa, quanto piuttosto capire se l’elettorato grillino sia, per quanto forse inconsapevolmente, potenzialmente vicino alle nostre istanze o al nostro modo di pensare. Quanto il voto per Grillo rappresenti non tanto una condivisione verso il suo presunto programma, quanto l’espressione di una protesta contro lo stato di cose presenti e il tentativo di convogliare questa protesta verso uno sbocco concreto, che possa produrre dei risultati.

Riflettendo su questo punto, ci è venuta in mente la nota definizione che Marx da della religione. In questo senso, ci chiediamo quanto il fenomeno Grillo rappresenti non solo ciò che realmente è, ma quanto la gente pensi che sia. Come la religione, per Marx, è sia l’oppio dei popoli che il gemito della creatura oppressa, ci chiediamo allora quanto Grillo rappresenti anche il tentativo disperato di una protesta che non trova altro modo di esprimersi politicamente che votando per il movimento 5 stelle. Proseguendo il parallelo, dunque, ci sembra chiaro come Grillo costituisca “l’oppio del popolo”. Infatti, il suo movimento è stato capace di catturare molte istanze dei movimenti di protesta, riarticolandole in chiave moderata e funzionale al sistema, riproponendole dentro una cornice politica liberale e liberista. In fondo è lo stesso percorso della Lega Nord, anche se la Lega lo compie in chiave molto più direttamente politica. Infatti, nei territori molte battaglie portate avanti dai movimenti di protesta vedono l’appoggio proprio della Lega (no-Tav, no Dal Molin, movimenti contro discariche e inceneritori, ecc..), ma reinterpretate in una cornice di destra.

Quello che invece pochi hanno colto è la funzione del Grillismo quale espressione del “gemito della creatura oppressa”, cioè come lo sfogo politico dove, in assenza di un’ipotesi politica autonoma e indipendente, vengono riversate le contraddizioni sociali in forma alienata. Infatti, il ruolo della religione non è, come dice Marx, unicamente quello di droga del popolo che frena gli istinti di protesta e concede una consolazione spirituale alle masse diseredate, ma è anche il sintomo stesso di questa disperazione, di questa miseria, che viene espressa anche tramite l’afflato religioso.

Tornando a Grillo, dunque, forse in questo momento non è molto importante chiedersi cosa esso sia oggettivamente, ma come viene percepito da una parte della popolazione. In assenza di organizzazione politica autonoma, la protesta sociale vede in Grillo un’ipotesi di cambiamento, di sconvolgimento del sistema? Forse sarebbe interessante capire questo, capire cioè quanto l’affermazione di Grillo parli a noi molto di più di quanto potremmo credere.

Secondo noi, infatti, nell’affermazione di Grillo, o almeno in una sua parte considerevole, c’è questa tendenza: il bisogno di rivoluzionare il panorama politico e sociale del paese. In assenza di una qualsiasi proposta politica concreta di cambiamento, il bisogno di una grande parte della popolazione di trovare anche nell’urna elettorale questa ipotesi di cambiamento ha prodotto il risultato di Grillo. Non era tanto una lotta politica fra quale fosse il voto più “di sinistra” fra SEL, PCL, Rivoluzione Civile o Movimento 5 Stelle, ma quale avesse più possibilità concrete di cambiare la realtà effettiva.  E su questo piano l’affermazione di Grillo è stata evidente, proprio perché, al contrario delle ipotesi velleitarie delle altre proposte politiche, Grillo è considerato l’unico che può incidere sui meccanismi del potere. Che poi ciò non avvenga, proprio perché quei meccanismi Grillo non solo non li vuole scardinare, ma li vuole oliare per farli funzionare meglio, è qui poco rilevante. La cosa rilevante è che queste elezioni hanno dimostrato che c’è una voglia repressa di cambiamento radicale del panorama politico, e che in assenza di una organizzazione di classe questa si esprime in forma alienata votando chi, mediaticamente, porta avanti il discorso più convincente rispetto alla possibilità di cambiamento.

Per portare avanti un’affermazione del genere bisognerebbe disporre anche di un’analisi di classe della composizione degli elettori del movimento 5 stelle, che ancora non è stata prodotta. Sappiamo però, tramite le veloci analisi dei quotidiani, quale sarà la composizione di classe degli eletti. Infatti, i futuri parlamentari M5S sono in buona parte appartenenti alla piccola e media borghesia altamente istruita, frustrata dalle proprie aspirazioni sociali, appartenente a quel precariato cognitivo che passa da un lavoro intellettuale ad un altro, che in questi anni è passata dal giustizialismo dipietrista al PD, e in una certa misura anche disillusa dal leghismo. La disillusione e la frustrazione per non aver raggiunto una certa prosperità economica o una adeguata soddisfazione lavorativa sembra essere la caratteristica generale degli eletti, che infatti ha prodotto la peculiare – e rarissima – situazione per cui la base degli eletti è generalmente molto più moderata dei vertici politici, in questo caso di Grillo e Casaleggio. Non solo dove già governa nelle città, come Parma, il movimento si è adeguato completamente a qualsiasi logica di “buon senso” e di moderazione politica, mandando in soffitta tutti i propositi di cambiamento per il quale erano stati votati. Ma anche la protesta di questi giorni in seno al movimento, in favore di un accordo di governo col PD di Bersani, ci sembra un segnale abbastanza chiaro. Infatti, non solo difficilmente si produrrà una rottura fra Grillo e gli eletti del M5S, ma se ciò avverrà sarà in senso moderato, di rottura rispetto a un Grillo visto come troppo spregiudicato o radicale. Dunque, le contraddizioni del M5S, se emergeranno, saranno fra il movimento e i suoi elettori più che fra eletti e Grillo.

Per quanto riguarda noi, ci sembra che l’exploit di Grillo confermi quanta possibilità di mobilitazione e quanto consenso diffuso ci sia verso ipotesi capaci di scardinare il sistema politico attuale. Quelle ipotetiche praterie che la crisi avrebbe dovuto aprire sono state per il momento recintate da Grillo, ma ciò non toglie che ci siano ancora e saranno ancora presenti per lungo tempo. Se solo ci fosse una organizzazione di classe capace di parlare efficacemente a questa parte di popolazione, la sinistra non starebbe dilaniandosi fra percentuali omeopatiche e cocci da raccogliere, ma avrebbe, oggi più che mai, la forza di incidere e di cambiare lo stato di cose presenti.