GLI OPERAI PROTESTANO E L’UGL FA LO SHOPPING

GLI OPERAI PROTESTANO E L’UGL FA LO SHOPPING

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Di seguito un nostro breve commento sulla protesta degli operai della Fiat che, martedì 22 dicembre, hanno manifestato fino a Montecitorio in occasione del vertice fra governo, Fiat e sindacati

“Pomigliano non si tocca”, “A Termini Imerese la lotta non si ferma”, ma anche “il potere deve essere operaio”. È in scena l’orgoglio operaio di Pomigliano, di Termini Imerese e di Arese. Il centro di Roma è bloccato, le tute blu sfilano fino in Campidoglio. Da Napoli giungono anche alcuni compagni dell’università. La pioggia non da’ tregua, ma la voce non diventa roca. Le comparsate dei politici opportunisti non vengono neanche notate. Termini Imerese è destinata a chiudere, “Pomigliano così non va”, dice Marchionne, il paraculo in maglioncino. A un certo punto, da un angolo di piazza Montecitorio si vede un piccolo gruppetto imbandierato di tutto punto. Pochi, ma con bei bandieroni in evidenza. Sono quelli dell’UGL. Non potevano mancare, evidentemente. Ma non sembrano molto tranquilli. Vedono la piazza piena di bandiere del sindacalismo di base e della Fiom. Allora tirano la giacca alle guardie e dicono: “Noi con i violenti non andiamo”. Eh già, bella la vita del sindacalista giallo, vero? Insomma, alla fine dove vengono piazzati?! Su via del Corso. Ben lontano dal sit-in di piazza Montecitorio. Soprattutto ben lontano da palazzo Chigi, dove Marchionne – quello che ti licenzia in maniera trendy (così fa meno male) – presentava il piano industriale della Fiat. Ci potremmo chiedere, a questo punto: che senso ha sbandierare a via del Corso? A noi viene in mente una interpretazione: così l’UGL non perde l’occasione per un po’ di visibilità (non ci dimentichiamo che la sua segretaria nazionale è stata da poco candidata per il Pdl alle regionali per il Lazio) almeno verso gli amanti dello shopping in centro, ma allo stesso tempo non “infastidisce il conducente”, manifestando contro quel Parlamento la cui maggioranza continua a legittimare le scelte padronali della Fiat. La stessa maggioranza che rappresenta la sponda politica dell’UGL. Nulla di nuovo, quindi: l’UGL abbaia quando il padrone è ben distante, ma scodinzola quando è vicino. A mordere, invece, non ci pensa neanche lontanamente. Sindacato emanazione della vecchia Cisnal – minuscola sigla che era una costola dell’MSI – esce dall’anonimato solo negli ultimi anni, in conseguenza di evoluzioni politiche che ormai abbiamo imparato a conoscere. Più che di evoluzioni, si tratta di involuzioni: l’arretramento della sinistra borghese e l’appiattimento su un piano concertativo dei tre porcellini sindacali. E la destra prova ad avanzare anche nel sindacalismo, con le modalità consuete: fa la voce grossa e poi si cala le braghe, promette conflitto poi firma gli accordi. Il bello è che li firma anche quando non ne avrebbe il diritto oppure quando nessuno le chiede la maledetta firma.

Come nel caso Alitalia: un anno fa, sul Corriere della Sera, Francesco Verderami raccontò come la Polverini, la segretaria dell’UGL, si meritò la convocazione al tavolo delle trattative per la liquidazione della compagnia. Tavolo che comprendeva all’inizio solamente i confederali.

Citiamo testualmente: “Si dice che la quadruplice sia nata quel giorno [conferenza stampa di presentazione della nuova-finta Alitalia], in realtà la Polverini è riuscita a imporla nelle settimane precedenti, facendosi trovare sotto il dicastero del Welfare nelle notti in cui il ministro Sacconi riceveva riservatamente gli altri leader sindacali. “Maurì, sto qui sotto. Salgo?” quando si alzò il muro tra Cisl e Cgil, fu lei a tenere i contatti tra i litiganti. E nel passaggio più drammatico della trattative, si rivolse a Epifani a muso duro: “Guglié, stai a fa’ lo str…”

(da Corriere della Sera Magazine, 9 ottobre 2008)

 

La cosa assurda è che una “scalata” alle vette sindacali fatta in questo modo (a dir poco indegno) è risultata invece assai apprezzata dalla borghesia, tanto che il suddetto articolo del Corriere della Sera elogiava la Polverini come la “Sarah Palin del sindacalismo italiano” (ovviamente prima della vittoria di Obama). Anche “Repubblica” dimostrava di apprezzarla, mentre i leader del centro-sinistra erano ben contenti di manifestare un dialogo con lei. Grande lungimiranza politica, non c’è dubbio. In tutto ciò l’UGL si sentiva in diritto di auto-rappresentarsi come il quarto sindacato confederale e di testimoniare, in un servizio di Report sul sindacalismo, “un milione di iscritti”. Meglio glissare su come vengono contate le iscrizioni nei sindacati. In tutto ciò i lavoratori sentitamente ringraziano. Speriamo almeno che i delegati UGL abbiano trovato qualche bel negozio, a via del Corso.