Chi lotta vince
Ieri quattordici lavoratori, facchini della DHL e TNT di via di Salone e di Fiano Romano, sono stati reintegrati nelle aziende. Il reintegro avviene dopo che le aziende su indicate avevano promosso una loro sospensione a tempo indeterminato a seguito dello sciopero del comparto della logistica dello scorso venerdì. Nel suo piccolo, un’importante vittoria dei lavoratori, che si riprendono con la forza un diritto che nella sostanza è stato già abolito nella costituzione materiale di questo paese: il diritto allo sciopero. La sospensione avveniva infatti in un quadro di assoluta illegalità e costituiva il tentativo, da parte delle aziende, di porre in essere una forzatura tale da disincentivare il resto dei lavoratori ad aderire e partecipare ai prossimi scioperi che caratterizzeranno l’autunno della logistica. E che cercava di affermare, una volta per tutte, che con la logistica non si gioca.
Il tentativo padronale segue peraltro direttamente quello repressivo statale delle 179 denunce disposte ai lavoratori della logistica di Bologna che, supportati direttamente dai compagni emiliani, avevano contribuito alle mobilitazioni sindacali della scorsa primavera. Un tentativo e una sinergia che definisce il livello di attenzione del padronato su queste lotte. Le aziende licenziano o sospendono, lo Stato denuncia chi solidarizza con le lotte sindacali, puntando alla disgregazione del “fronte comune” fra lavoratori e compagni.
Le denunce e le sospensioni non avvengono però nel vuoto della mera lotta sindacale, non giungono nell’isolamento dei lavoratori con le correnti vive della lotta politica più generale, non colpiscono cioè un settore già estromesso dalle relazioni con il resto della società. Ed è proprio questo il salto di qualità che i padroni e lo Stato stanno cercando di arginare. Infatti, sia i lavoratori del nord che quelli “romani”, vedono la solidarietà militante di una serie di organizzazioni politiche che, con mille difficoltà, cercano di creare quel presupposto per la generalizzazione politica delle lotte operaie. Il reintegro lavorativo in questione infatti, a differenza della maggior parte degli altri casi, non è avvenuto per benevola concessione del padrone di turno, ma perché i lavoratori hanno saputo stabilire e mantenere un rapporto di forza con la controparte tale da riconquistarsi il diritto al lavoro, e non vederselo concedere. E questo rapporto di forza è dato proprio dalla capacità dei lavoratori e dei compagni di lavorare insieme, organizzarsi su più livelli e muoversi organicamente.
I lavoratori, sin da subito, hanno messo in chiaro che o venivano reintegrati tutti insieme o non sarebbero rientrati a lavorare. Un passo in avanti notevole, che esplicita il livello di coscienza di classe di tali lavoratori (che, ricordiamo, sono nella stragrande maggioranza migranti di varie nazionalità, e in cui è difficile anche la semplice comunicazione in un’unica lingua). La capacità delle forze politiche è stata quella di non percepirsi semplicemente a ricasco delle decisioni sindacali, ma determinare un loro percorso di lotta, parallelo e sinergico ma non sottoposto. Questa sinergia è stata messa in campo da noi il 30 ottobre, andando a ribadire al padronato della logistica che i lavoratori, questa volta, non sono soli nella loro lotta. L’irruzione durante una riunione fra parti sindacali e confindustriali deve aver spaventato non poco le rappresentanze del capitale, ponendoli di fronte a un problema che crediamo stia arrovellando i cervelli dei vari dirigenti industriali: se questa lotta si politicizza, rischiamo di perderne il controllo e la capacità repressiva.
Oltre a questo, i continui volantinaggi, i picchetti, gli scioperi, le assemblee e le riunioni fra operai e compagni, hanno impedito nel tempo proprio quell’isolamento a cui puntano le aziende della logistica. Ed è per questo che il futuro di questa lotta si gioca, oggi più che mai, sulla compenetrazione fra lavoratori e politica, ed è anche per questo che questo connubio non potrà che produrre un avanzamento della repressione, perché questo è proprio il passaggio che dev’essere evitato.
Altra novità essenziale delle lotte della logistica, è che non sono lotte caratterizzate dalla disperazione di chi teme di perdere da un giorno all’altro il lavoro. E’ una conflittualità operaia direttamente politica, che non attende il sindacato di turno quando si prospetta una perdita del posto, ma prova a giocarsi la partita in avanti, puntando a un miglioramento generalizzato delle condizioni di lavoro senza il ricatto pendente dell’ultimatum padronale. Una novità potenzialmente dirompente, e che vede oggi i lavoratori migranti della logistica nella posizione più avanzata, nella posizione d’avanguardia nelle lotte operaie di questo paese.
Sta a noi, ai compagni che ancora non hanno capito il valore di questa lotta, mobilitarsi nella maniera adeguata per supportare e determinare il livello di questa lotta. Altrimenti, si vedrà passare sotto gli occhi l’ennesimo treno utile per risollevare le lotte di classe di questo paese.