Cernobbio val bene una messa

Cernobbio val bene una messa

 

Più rapidamente di quanto fosse lecito pensare, il Movimento 5 Stelle sta trovando la sua collocazione politica fino ad  ora malamente mascherata. Da mesi Grillo ripete la solita frasetta sul ruolo che  ha avuto in questa fase il Movimento: “Se noi non ci affermiamo esploderà la rabbia, ci saranno le barricate”, che già di per se è un’indicazione inequivocabile del compito politico di Grillo&Casaleggio. In quest’epoca di transizione  politica, di crisi economica e di vuoto di potere, è necessario mantenere dei movimenti diversivi che contribuiscano ad incanalare la possibile rabbia dei lavoratori verso obiettivi innocui e in un ambito di compatibilità. In questi giorni però un altro tassello si è aggiunto nel definire il quadro politico di riferimento del M5S. La presenza come invitato d’onore di Casaleggio al summit di Cernobbio dimostra quale sia il rapporto e l’internità di questo movimento nei luoghi dove viene concretamente esercitato il potere in questo paese. Cernobbio è uno di quei meeting strategici dove i rappresentanti del potere economico incontrano i loro esponenti politici, chiarendo la rotta e gli obiettivi dell’anno successivo. E’ in questo contesto che Casaleggio è andato fare la sua lezione, apprezzata da tutto l’arco politico presente alla conferenza. Peraltro, Cernobbio non è un luogo in cui si entra facilmente. Per essere invitato, oltre a molti soldi, è necessario un pedigree politico e sociale affidabile. Per poter parlare, poi, è necessario non solo essere accettato e riconosciuto da quel mondo, ma esserne una guida, un punto di riferimento dal quale trarre opportuni insegnamenti.

La presenza di Casaleggio in quel contesto definisce chi sono gli amici del M5S, e di conseguenza ne determina i nemici. Non è possibile, infatti, contribuire a definire le posizioni politiche dei padroni e allo stesso tempo quelle dei lavoratori. Non è neanche strano che qualcuno, all’interno del movimento, abbia polemizzato con Casaleggio. Aggregando di tutto, nel Movimento è anche presente una certa quota di lavoratori, che hanno tentato di esprimere in quel contesto il loro rifiuto dell’attuale sistema politico e dei suoi rappresentanti, e che giustamente rimangono spiazzati dalle prese di posizioni sempre più marcate degli esponenti di punta. Questa ambiguità di fondo non può reggere. Va bene finché rimane sul piano elettorale e  ci si posiziona – apparentemente – fuori dai palazzi del potere. Ma quando se ne fa parte e si è costretti a prendere delle posizioni, le scelte del M5S si stanno giorno dopo giorno definendo sempre di più. Le scelte cioè di un comitato politico di scopo, nato per canalizzare una parte della protesta popolare, e che sempre più si orienterà nel ruolo di sentinella attiva dei padroni, incalzandoli in quelle arretratezze che caratterizzano il sistema politico italiano per puntellarne la stabilità. Inesorabilmente, la quota “popolare” del Movimento andrà a ridursi fino allo scomparire, e con esso il suo peso elettorale.