“Bugie” comuniste e gli zorro della storia
di Angelo D’Orsi (dal manifesto del 5 ottobre)
Su Antonio Gramsci di solito gli scoop (pretesi) li fa il Corriere della Sera; questa volta è stato bruciato dal grande concorrente milanese, il Sole 24 ore guidato peraltro dall’ex direttore di Via Solferino, Ferruccio De Bortoli. Autore della nuova importante acquisizione storiografica è un ex comunista, Piero Melograni. Dopo l’esperienza, evidentemente poco esaltante, politicoparlamentare sotto le insegne di Forza Italia, si è impegnato nella produzione di libri e articoli di chiacchiericcio pseudostorico, con un chiodo fisso, quello dell’ex: la denigrazione della sua parte. Ossia il comunismo, in genere, il PCI in specie. Il «fondatore del Partito», Antonio Gramsci, da sempre è un oscuro oggetto del desiderio: in tanti hanno provato a possederlo, adattandolo alle loro strategie, più o meno nobilmente politiche, più o meno bassamente clientelari; e si presta magnificamente, nella triangolazione con Stalin e Togliatti, a essere usato come arnese per togliere il coperchio al pozzo nero delle nefandezze comuniste. Di solito, però, gli scoop si fondano su documenti, magari male interpretati, magari decontestualizzati, magari manipolati (chi non ricorda il caso Andreucci e la lettera di Togliatti da Mosca?). Ma il Melograni sull’ultimo domenicale del Sole ritiene di poter prescindere dalle fonti. Che sarà mai un documento? Quello che conta è esprimere un giudizio, dire un’opinione, sentenziare. Ed ecco lo storico farsi “rovescista”, e imbastire, non solo senza documenti (ce lo aspettiamo, questo), ma senza uno straccio di argomento, il suo filo riparatore della storia. «Ritengo che la morte di Antonio Gramsci sia avvenuta nel 1937, perché ucciso dai sovietici o per suicidio». Questo lo scoop. Non ci sono argomenti, pietosi «argomenti»; non un filo di ragionamento accettabile sul piano della logica. Ma c’è la notizia che, come insegnano i «grandi direttori» di quotidiani, può prescindere assolutamente dal fatto. E qui il fatto manca, mentre la notizia, sebbene passata sotto silenzio, invece c’è. Ed è doppia: il lettore scelga la soluzione del giallo che più gli aggrada. Preferisce la A), per palati forti: un picconatore nascosto in uno sgabuzzino della clinica Quisisana (dove Antonio Granisci spirò nella notte del 27 aprile 1937) colpisce Nino alla testa, fingendo poi trattarsi di «commozione cerebrale» ovvero introduce, stile assassinio di Pisciotta o Gelli, arsenico nel caffè…: oppure, soluzione B) per signore e stomaci delirati il povero Nino quando riceve il decreto di libertà, temendo, chissà. che i paparazzi non si sarebbero occupati di lui, e che il suo destino era.. l’isola dei famosi, beve la cicuta, come Socrate, che così volle sottrarsi alle angherie della moglie santippe (prossimo scoop di Melograni; lo avvertiamo che ci pensò già Panzini). Ma le motivazioni? Facili. Omicidio ordinato da Stalin: «Gramsci non voleva tornare in Russia perché lì sarebbe stato processato e condannato a morte… Meglio la più tranquilla Sardegna di Mussolini: un affronto che il tiranno sovietico non poteva tollerare». Elementare, Watson. Più in difficoltà sulle motivazioni del suicidio, il nostro studioso; ma si sa che ognuno di noi ha una buona ragione per morire. E Gramsci ne aveva più d’una: il Partito, la moglie, il fascismo, Stalin… Il romanziere Melograni ci lascia il beneficio del dubbio: condensato in un articolo di giornale, è un esempio perfetto di «opera aperta». Il lettore è invitato a scegliere il finale e, scendendo nel dettaglio, precisare come fu ucciso Granisci o si uccise, e nel secondo caso, inventarsi una ragione vagamente plausibile. Quella che più lo convince. Che fonti orali e scritte, e gli studi, ci mostrino tutt’altro quadro, interessa poco l’ex storico che ora racconta storie. Del resto perché stupirsi? Melograni ha al suo attivo un libello intitolato «Le bugie della Storia», campionario di scoop di questo livello (vi si scopre ad esempio che la Luxemburg fu fatta assassinare da Lenin), con un filo sotteso: la maledetta «egemonia» dei comunisti, che hanno prima compiuto crimini e poi hanno assoldato storici bugiardi. Meno male che ci sono gli Zorro della Storiografia a ristabilire la verità.