Zibaldone (anti)imperialista

Zibaldone (anti)imperialista


L’avventura neocoloniale in Libia è stata ormai ampiamente metabolizzata dalle opinioni pubbliche occidentali e declassata a fatto locale la cui cronaca viene quotidianamente consegnata a qualche articoletto nelle pagine interne dei giornali o a qualche servizio minore nei TG. Segno tangibile che anni e anni di offensiva ideologica hanno rimodellato a fondo il senso comune fino a rendere, di fatto, la guerra un mezzo più che accettabile per la risoluzione delle controversie internazionali. Senza per questo arrenderci allo stato di cose presenti continuiamo a buttare giù, come spunto di riflessione, alcuni appunti disordinati su quanto sta accadendo in queste ultime settimane.

I nipotini volanti di Gheddafi.
Ufficialmente la risoluzione 1973 dell’ONU avrebbe dovuto istituire una no-fly zone per impedire che l’aeronautica di Gheddafi tornasse a bombardare la popolazione civile. Sappiamo bene che nella realtà questo non è mai avvenuto e che i famosi 10.000 morti in un giorno erano in realtà una clamorosa bufala mediatica, così come le fosse comuni a Tripoli. Ma va da se che ogni intervento militare per essere “umanitario” ha bisogno di un casus belli “umanitario”. Quindi, almeno inizialmente, le consegne militari dovevano essere queste: difendere i civili. Nei giorni immediatamente successivi al voto della risoluzione da parte del consiglio di sicurezza autorevoli esponenti della cosiddetta “coalizione dei volenterosi” hanno più volte assicurato che l’eliminazione del Rais ed il “regime change” non rientravano nei piani delle cancellerie occidentali e che non c’era alcuna intenzione di sovradeterminare le volontà del popolo libico. Questo almeno fino a quando non si è capito che i “rivoluzionari” di Bengasi erano tutto tranne che autosufficienti e che la stessa “rivoluzione” era tutto tranne che popolare, almeno al di fuori della Cirenaica. A quel punto si è assistito ad un progressivo slittamento degli obiettivi fino ad arrivare all’ammissione esplicita che, per uscire dal pantano libico, è necessario tagliare la testa del serpente. Si è arrivati così, l’altro ieri, all’ennesimo bombardamento dell’ennesimo bunker (perché a Tripoli non ci sono i palazzi, ci sono i bunker) in cui i valorosi piloti della Nato hanno abbattuto tre pericolosissimi bambini (uno di 2 anni, uno di 15 mesi ed un altro di 6 mesi) evidentemente in procinto di librarsi in volo contro i civili. Si è passati così dalla “no fly zone” alla “no children zone”.

Spezzeremo le reni alla Libia.
La notizia è stata, ovviamente, silenziata. Ieri sera i telegiornali nazionali che abbiamo avuto modo di guardare hanno accuratamente evitato di trasmettere le immagini dei funerali che pure erano disponibili in rete. Questa omissione non è certo casuale. L’assassinio di tre bambini, per quanto rappresenti un fatto “minore” in un contesto in cui si spara e si uccide tutti i giorni da ambo le parti, rischierebbe comunque di incrinare quella lettura binaria (buoni contro cattivi) che i media mainstream ci stanno proponendo da settimane. Forse qualcuno non ci avrà fatto caso, ma ormai anche il più banale dei notiziari radiofonici da per assodato che in Libia non sia in corso un conflitto fra due fazioni armate, ma una guerra unilaterale di un esercito contro la popolazione civile. Con questa propaganda degna dei cinegiornali dell’Istituto Luce lascia sbalorditi il sondaggio pubblicato l’altro ieri dal Corriere della Sera (pag. 4) secondo cui tre italiani su quattro sono comunque contrari alla partecipazione del nostro Paese ai bombardamenti.

Dalla polvere bianca alla pillola blu.
La notizia più incredibile arriva però dal palazzo di vetro di New York, perchè quando uno è convinto di averle sentite tutte c’è sempre uno statunitense pronto a sorprenderti. L’ambasciatrice USA all’Onu,Susan Rice, in una riunione a porte chiuse del consiglio di sicurezza ha infatti denunciato che Gheddafi starebbe distribuendo confezioni di Viagra al proprio esercito allo scopo  di facilitare una campagna di stupri di massa nelle zone controllate dai ribelli. I rappresentanti degli altri paese membri pare l’abbiamo guardata con un certo scetticismo, forse perché memori della sceneggiata con cui Colin Powell nel 2003 mostrò (sempre all’ONU) una boccetta d’antrace per giustificare l’ intervento in Iraq. I più attenti ricorderanno come poi la storia recente abbia dimostrato quanto valga la parola di un rappresentate del governo statunitense. In questo caso, però, più che la storia basterebbe la scienza. E’ noto, infatti, come il citrato di sildenafil (viagra) non sia in grado di determinare erezioni in assenza di eccitazione sessuale e come, quindi, non sia nemmeno in grado, di per se, di trasformare degli uomini in potenziali maniaci stupratori. La violenza contro le donne nel corso dei conflitti armati è un argomento talmente delicato e orribile che non merita certo d’essere banalizzato e spettacolarizzato per motivi di pura propaganda.

Imperialismo si o no?
60 milioni di barili di riserve provate di greggio. 1500 miliardi di metri cubi di gas naturale. Fondi sovrani per oltre 200 miliardi di dollari. Basterebbero questi dati per rispondere a chi (a sinistra) si ostina a sostenere che questa non è una guerra imperialista. Se non dovesse bastare, però, consiglieremmo di andare a rileggersi i giornali di queste settimane e a valutare meglio le schermaglie che hanno opposto il decisionismo di Parigi (Total) e Londra (BP) all’attendismo di Roma (ENI). Per non parlare poi del vertice di Londra o dell’incontro bilaterale tra Francia e Italia, con buona pace di chi considerava ormai definitivamente tramontato il ruolo degli stati-nazione di fronte al sorgere di un fantomatico impero. E anche l’annuncio della partecipazione italiana ai bombardamenti cosa è se non il tentativo di Berlusconi di sedersi in extremis al tavolo dei (presunti) vincitori. Senza dimenticarci, poi,  del conflitto che (sottotraccia) proprio in Africa oppone i cosiddetti paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) a quelli a guida NATO per l’accaparramento delle risorse naturali. No, no, non è una guerra imperialista… è un’operazione di polizia internazionale.

Chi l’ha vista?
Di fronte a tutto questo c’è da registrare la scomparsa pressoché totale della sinistra che fino a qualche anno fa si definiva, anche solo vagamente, pacifista. Una sinistra che non c’ha mai fatto impazzire ma a cui adesso guardiamo quasi con nostalgia. Ed è forse un segno dei tempi (bui) che stiamo vivendo il fatto che in parlamento l’unico partito a schierarsi contro la guerra sia stata la Lega Nord. Ovviamente su posizioni xenofobe e reazionarie. Al suo posto, però, c’è ancora, viva e vegeta, l’ a-sinistra. Quella sempre pronta a dimostrasi responsabile ed a votare per il rifinanziamento di ogni missione militare. Quella che ispira ogni riforma del mercato del lavoro o del welfare. Quella che, al di la dell’apparennza, nella sostanza è perfettamente contigua (e intercambiabile) alla maggioranza di governo. Quella che poi, però, sotto elezioni viene a chiederti il voto per “cacciare” Berlusconi. A chi ancora ci crede, a chi ancora gli crede, suggeriamo la lettura dell’intervista al generale Tricarico, capo dele forze aeree italiane durante la guerra in Kosovo. Così, come promemoria. (leggi)