todo por la revoluciòn

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Da diverse settimane Cuba è sottoposta al fuoco incrociato di una campagna mediatica ipocrita e strumentale sobillata da chi, in nome del profitto, invade, bombarda, uccide e tortura… e poi si sente anche in diritto di poter parlare del rispetto dei diritti umani. In occasione del congresso dell’UJC, l’unione dei giovani comunisti, Raul Castro ha avuto modo di affrontare tali questioni, ma anche di indicare in maniera schietta e non indulgente alcune delle sfide che la Revoluciòn si troverà ad affrontare nei prossimi anni. Riteniamo che questo sia un documento significativo, anche perchè illustra un metodo di lavoro lontano mille miglia da chi dipinge Cuba come una sorta di museo del socialismo in cui il dibattito politico e ideologico ristagna, e proprio per questo motivo abbiamo pensato di tradurlo e pubblicarlo.Delegati e invitati,
Abbiamo celebrato un buon Congresso, cominciato nell’ottobre dell’anno scorso con le riunioni aperte alle quali hanno partecipato centinaia di migliaia di giovani, e poi continuato con le assemblee di bilancio delle organizzazioni di base e dei comitati municipali e provinciali, laddove hanno presso corpo le risoluzioni adottate in queste sessioni finali.

Se una cosa non è mancata, nei più di cinque anni trascorsi dal momento in cui Fidel ha chiuso il VIII Congresso dell’Unione di Giovani Comunisti, il  5  dicembre 2004, sono stati proprio il lavoro e le sfide.

Questo Congresso si tiene nel mezzo ad una delle più feroci campagne mediatiche ordite contro la Rivoluzione Cubana nei suoi 50 anni di vita, tema che necessariamente affronterò più avanti.

Sebbene non abbia potuto partecipare alle assemblee precongressuali, mi sono tenuto informato in maniera sintetica di tutte. So che si è parlato poco dei risultati ottenuti per concentrarsi sui problemi, su noi stessi e senza soffermarsi più del necessario sui fattori esterni. Questo è lo stile che deve contraddistinguere permanentemente il lavoro dell’Unione dei Giovani Comunisti (UJC), davanti a coloro che si dedicano a cercare la pagliuzza nell’occhio altrui invece di sforzarsi di fare ciò che gli compete.

E’ stato gratificante ascoltare molti giovani impegnati nella produzione spiegare con orgoglio e parole semplici il lavoro che svolgono, senza menzionare le difficoltà materiali e gli ostacoli burocratici che gli danneggiano.

Molte delle insufficienze esaminate non sono nuove, hanno accompagnato l’organizzazione da molto tempo, a proposito di esse i congressi precedenti hanno adottato le relativi risoluzioni e tuttavia queste si ripetono in maggior o minor misura, il che è una dimostrazione dell’insufficiente sistematicità e rigore nel controllo della loro realizzazione.

A tal proposito è giusto e necessario ripetere quello su cui i compagni Machado e Lazo, che hanno presieduto numerose assemblee, hanno insistito: il Partito è responsabile d’ogni insufficienza del lavoro dell’Unione dei Giovani Comunisti, soprattutto dei problemi nella politica dei quadri.

Non dobbiamo permettere che, ancora una volta, i documenti approvati diventino lettera morta oppure che siano dimenticati nei cassetti a mo’ di memorie. Essi devono essere la guida per l’azione di tutti i giorni sia a livello dell’Ufficio Nazionale che dei singoli militanti.  La sostanza è già stata decisa da voi, adesso occorre  lavorare.

Alcuni sono molto critici nel parlare della gioventù d’oggi e dimenticano che anche loro una volta sono stati dei giovani. Sarebbe illusorio pretendere che i giovani d’oggi siano come quelli di altre epoche, un saggio adagio dice: gli uomini somigliano di più al loro tempo che ai loro genitori.

I giovani cubani sono stati sempre disposti a fare fronte alle sfide, l’hanno dimostrato nel lavoro per risanare i danni provocati dagli uragani, nella lotta contro le provocazioni del nemico e nelle conquiste della difesa, e potrei menzionare tanti altri esempi.

L’età media dei delegati al Congresso è di 28 anni, per tanto tutti sono cresciuti durante i difficili anni del periodo especial e hanno partecipato agli sforzi del nostro popolo per preservare i successi del socialismo in mezzo ad una situazione economica  molto complessa.

E’ importante che l’avanguardia della gioventù sia al corrente della realtà economica, quindi, la Commissione dell’Ufficio Politico, considerando l’esperienza positiva  dell’esame fatto in merito dai Deputati dell’Assemblea Nazionale, ha deciso di fornire alle assemblee municipali dell’Unione dei Giovani Comunisti un dossier che descrive, con crudezza, la situazione attuale e le prospettive in questa materia. Dossier che è stato ricevuto da oltre 30 mila giovani militanti, così come dai principali dirigenti del partito, delle organizzazioni di massa e delle amministrazioni ai diversi livelli.

La battaglia economica è oggi, più che mai, il compito principale ed il centro del lavoro ideologico dei quadri, perché da essa dipende la sostenibilità e la preservazione del nostro sistema sociale.

Senza un’economia solida e dinamica, senza l’eliminazione delle spese inutili e degli sprechi, non si potrà andare avanti nell’elevazione del livello di vita della popolazione, né sarà possibile mantenere e migliorare gli elevati livelli raggiunti in materia d’istruzione e di salute che sono garantiti gratuitamente a tutta la popolazione.

Senza un’agricoltura solida ed efficiente sviluppata adoperando le risorse di cui disponiamo, senza sognare i grande stanziamenti di altri tempi, non possiamo aspirare a sostenere ed elevare il livello alimentare di cui gode la popolazione, livello che ancora oggi dipende in grande misura dell’importazioni di derrate che potrebbero essere prodotte a Cuba.

Senza che le persone sentano il bisogno di lavorare per vivere, perché tutelate da regolamenti statali troppo paternalisti ed irrazionali, non incoraggeremo mai l’amore per il lavoro, né daremo soluzioni all’assenza cronica di lavoratori edili, operai agricoli e industriali, insegnanti, poliziotti ed altri mestieri indispensabili che progressivamente stanno scomparendo.

Se non radichiamo un fermo e diffuso dissenso sociale nei confronti  delle illegalità e delle diverse manifestazioni di corruzione, alcuni continueranno ad arricchirsi con il sudore della maggioranza della popolazione, diffondendo un malcostume che attacca direttamente l’essenza del socialismo.

Se manteniamo gli organici gonfiati in quasi tutte le attività statali e paghiamo salari che non corrispondono ai risultati, elevando così la massa di denaro in circolazione, non potremo fermare l’ascesa dei prezzi che deteriora il potere d’acquisto della popolazione. Sappiamo che ci sono centinaia di migliaia di lavoratori eccedenti nei settori statali; alcuni esperti stimano che l’eccesso di posti di lavoro oltrepassi il milione, e questa è una questione molto delicata che dobbiamo affrontare con fermezza e senso politico.

La Rivoluzione non abbandonerà nessuno, lotterà per creare le condizioni affinché tutti i cubani abbiano un lavoro degno, però lo Stato non si dovrà incaricare di collocare ciascuno tra le varie offerte di lavoro. I più interessati a trovare un lavoro socialmente utile dovranno essere i cittadini stessi.

In breve, continuare a spendere al di sopra delle entrate equivale a mangiarci il futuro ed a mettere a rischio la sopravvivenza della stessa Rivoluzione.

Noi affrontiamo una realtà per nulla piacevole, tuttavia non chiudiamo gli occhi di fronte ad essa. Siamo convinti  che occorra rompere i dogmi e assumiamo con fermezza e fiducia l’attualizzazione, già in corso, del nostro modello economico, allo scopo di gettare la basi dell’irreversibilità e dello sviluppo del socialismo cubano, che come sappiamo costituisce la garanzia dell’indipendenza e della sovranità nazionale.

Non ignoro che alcuni compagni a volti disperano, desiderando cambi immediati in svariate sfere. Naturalmente mi riferisco a coloro che lo fanno senza l’intenzione di prestarsi al gioco del nemico. Comprendiamo queste inquietudini che, in linea di massima, originano dall’ignoranza della dimensione del compito che abbiamo di fronte a noi, della profondità e della complessità delle interrelazioni tra i diversi fattori del funzionamento della società che dovranno modificarsi.

Coloro che chiedono di andare avanti più rapidamente devono tenere presente il rosario di questioni che stiamo studiando, di cui oggi ho menzionato solo alcuni esempi. Dobbiamo evitare che per fretta o improvvisazione, tentando di dare soluzione ad un problema, se ne provochi un altro maggiore. Nelle questioni d’importanza strategica per la vita di tutta la nazione non possiamo lasciarci guidare dalle emozioni ed agire senza l’integrità richiesta. E’ questa, come abbiamo già spiegato, l’unica ragione per cui abbiamo deciso di posticipare di alcuni mesi il Congresso del Partito e la Conferenza Nazionale che lo precederà.

Questa è la più grande ed importante sfida che abbiamo di fronte a noi per assicurare la continuità di quanto costruito in questi 50 anni, una sfida che la nostra gioventù ha assunto con totale responsabilità e convinzione. La parola d’ordine di questo Congresso è “Tutto per la Rivoluzione” e quello significa, innanzitutto, rinforzare e consolidare l’economia nazionale.

La gioventù cubana è chiamata a sostituire la generazione che ha iniziato la Rivoluzione e per indirizzare la grande forza delle masse ha bisogno di un’avanguardia che sappia convincere e mobilitare, a partire dell’autorità che emana dell’esempio personale, capeggiata dai dirigenti fermi, capaci e prestigiosi, veri e propri leader, che siano passati per l’insostituibile fucina della classe operaia, in seno alla quale si coltivano i valori più autentici di un rivoluzionario. La vita ci ha dimostrato con eloquenza il pericolo di violare tale principio.

Fidel l’ha espresso chiaramente nella chiusura del Secondo Congresso dell’Unione di Giovani Comunisti, il 4 aprile 1972: “Nessuno imparerà a nuotare sulla terra, e nessuno camminerà sul mare. L’ambiente fa l’uomo, la propria vita, la propria attività, fanno l’uomo”.

E ha concluso: “Impareremo a rispettare ciò che crea il lavoro, creando. Insegneremo a rispettare quei beni, insegnando a creare tali beni”.

Questa idea, pronunciata 38 anni fa e che venne acclamata in quel congresso, è un’altra prova evidente delle risoluzioni che approviamo e che poi non compiamo.

Oggi più che mai ci occorrono quadri capaci di portare avanti un lavoro ideologico effettiva, che non può essere un dialogo tra sordi né la ripetizione meccanica degli slogan; dirigenti che ragionino con argomenti solidi, senza credersi padroni assoluti della verità; che sappiano ascoltare, anche se condivideranno ciò che gli verrà detto; che valutino con mente aperta i criteri degli altri, il che non esclude che debbano ribattere con argomenti ed energia quello che ritengono inaccettabile.

Stimolare la discussione franca e non vedere nella diversità un problema, ma la fonte delle migliori soluzioni. L’unanimità assoluta di solito è fittizia e quindi nociva. La contraddizione, quando non è antagonista, come nel nostro caso, è motore dello sviluppo. Dobbiamo sopprimere, con ogni volontà, tutto quello che alimenta la simulazione e l’opportunismo. Imparare a condividere le opinioni, incoraggiare l’unità e rafforzare la direzione collettiva, sono le caratteristiche che devono caratterizzare i futuri dirigenti della Rivoluzione.

Nel paese esistono moltissimi giovani con le attitudini e la capacità necessarie per assumere i compiti di direzione. La sfida è nello scoprirli, formarli e dargli progressivamente maggiori responsabilità. Le masse si occuperanno poi di confermare che la scelta è stata corretta.

Apprezziamo il fatto che si continui ad andare avanti nell’integrazione etnica di genere. E’ una strada in cui non possiamo permetterci regressi né superficialità e per la quale l’Unione di Giovani Comunisti deve lavorare permanentemente. Ricordo solo che questa è un’altra delle risoluzioni che abbiamo adottato, in questo caso 35 anni fa in occasione del Primo Congresso del Partito, e la cui realizzazione è stata lasciata alla spontaneità senza che controllassimo come procedesse, nonostante Fidel si fosse pronunciato in tal senso molte volte fin dal trionfo della Rivoluzione.

Come vi dicevo all’inizio, la celebrazione di questo Congresso ha coinciso con una campagna di discredito contro Cuba fuori dal comune, organizzata, diretta e finanziata dai centri del potere imperialista negli Stati Uniti ed in Europa, innalzando ipocritamente la bandiera dei diritti umani.

Si è manipolata con cinismo e impudenza la morte di un carcerato condannato in 14 cause per delitti comuni e diventato, grazie alle ripetute menzogne e al suo desiderio di ricevere appoggio economico dall’estero, un “dissidente politico”. Un uomo che è stato incoraggiato a mantenere uno sciopero di fame  con richieste assurde.

Malgrado gli sforzi dei nostri medici quest’uomo è deceduto, è un fatto che deploriamo ma allo stesso tempo ne denunciamo i soli beneficiari, gli stessi che oggi incoraggiano un altro individuo a continuare nello stesso e inaccettabile atteggiamento ricattatorio. Questo ultimo, nonostante le molte calunnie, non è in prigione, è una persona libera che in passato ha scontato delle pene per delitti comuni, nello specifico per aver aggredito e ferito una donna, medico e direttrice di un ospedale, minacciandola anche di morte, e successivamente e per aver aggredito una donna anziana, di circa 70 anni, alla quale è stato necessario rimuovere la milza. Così come nel caso precedente, si sta facendo il possibile per salvargli la vita, però se non cambia il suo atteggiamento autodistruttivo, egli sarà responsabile, assieme ai suoi sostenitori, di una fine che neppure noi desideriamo.

Ripugna la doppia misura di coloro che in Europa stanno in complice silenzio di fronte alle torture nella cosiddetta guerra contro il terrorismo, che hanno permesso i voli clandestini della CIA che trasferivano prigionieri e che hanno perfino prestato il loro territorio per la creazione di carceri segrete.

Che cosa avrebbero detto se, così come fanno loro, avessimo violato le norme etiche e alimentato a forza queste persone, come si fa solitamente, nei numerosi centri di tortura, alla Base Navale di Guantánamo. Sicuramente sono gli stessi che nei loro paesi, come fa vedere la TV quasi quotidianamente, si servono della polizia a cavallo per opporsi ai manifestanti, bastonandoli e disperandoli con gas lacrimogeni e pallottole di gomma. Che cosa possiamo dire dei frequenti maltrattamenti e delle umiliazioni che subiscono gli immigrati?

La grande stampa occidentale non solo attacca Cuba, ma ha inaugurato anche una nuova modalità d’implacabile terrore mediatico contro i leader politici, gli intellettuali, gli artisti e le altre personalità che in tutto il pianeta alzano la loro voce contro le falsità e l’ipocrisia e analizzano gli avvenimenti in modo obiettivo.

Nel frattempo, sembrerebbe che i portavoce della magnificata libertà di stampa abbiano dimenticato che il blocco economico e commerciale contro Cuba e tutti i suoi inumani effetti sul nostro popolo, sono tuttora in vigore e s’inaspriscono; che l’attuale amministrazione degli Stati Uniti non ha smesso di appoggiare la sovversione; che l’ingiusta, discriminatoria e ingerente posizione comune dell’Unione Europea, sostenuta nello stesso tempo dal governo nordamericano e dall’estrema destra spagnola, continua a chiedere un cambio di “regime” nel nostro paese, o in altre parole, la distruzione della Rivoluzione.

Più di mezzo secolo di lotta permanente hanno insegnato al nostro popolo che vacillare è sinonimo di sconfitta.

Non cederemo mai al ricatto, di nessun paese o insieme di nazioni, per quanto potenti esse siano, ad ogni costo. Abbiamo il diritto di difenderci. Se quello che vogliono è metterci alle strette, devono sapere che sapremo barricarci, in primo luogo nella verità e nei principi. Ancora una volta saremo fermi, calmi e pazienti. Gli esempi nella nostra storia abbondano!

Così combatterono i nostri eroici mambises nelle guerre per l’indipendenza del diciannovesimo secolo.

Così sconfiggemmo l’ultima offensiva dei diecimila soldati bel equipaggiati della tirannia, fronteggiati inizialmente da appena 200 combattenti ribelli che capeggiati direttamente dal Comandante in Capo Fidel Castro Ruz, in 75 giorni, dal 24 maggio al 6 agosto 1958, hanno portato avanti più di 100 azioni di combattimento, comprese quattro battaglie in un piccolo territorio di 650 -700 km2, cioè, una superficie minore di quella che occupa la Città di L’Avana. Questa grande operazione decise il corso della guerra e circa quattro mesi la Rivoluzione trionfò, cosa che spinse il Comandante Ernesto Che Guevara a scrivere nel suo diario di guerra: “L’esercito di Batista uscì con la spina dorsale rotta da questa ultima offensiva alla Sierra Maestra”.

Non ci intimidì nemmeno la flotta yankee di fronte alle coste di  Playa Gìron nel 1961. Sotto il loro naso annientammo il loro esercito mercenario in una battaglia che ha rappresentato la prima sconfitta di un’avventura militare degli Stati Uniti in questo continente.

E lo abbiamo fatto ancora una volta nel 1962 durante la Crisi dei Missili. Non cedemmo neanche un millimetro di fronte alle minacce brutali di un nemico che ci teneva sotto tiro con le sue armi nucleari e si preparava ad invadere l’isola, ne l’ha abbiamo fatto quando, negoziate alle nostre spalle le condizioni per risolvere la crisi, i dirigente dell’Unione Sovietica, il principale alleato in quella difficile situazione e di cui appoggio dipendeva il destino della Rivoluzione, in maniera rispettosa cercarono di convincerci ad accettare l’ispezione sul nostro suolo patrio dello smantellamento del loro armamento nucleare, gli rispondemmo che avrebbero potuto farlo a bordo delle loro navi, in acque internazionali, però mai a Cuba.

Siamo sicuri che circostanze peggiori di quelle difficilmente si ripeteranno.

In un’epoca più recente, il popolo cubano ha dato una prova indimenticabile della sua capacità di resistenza e della fiducia in se stesso quando, a causa della scomparsa del campo socialista e della disintegrazione dell’Unione Sovietica, Cuba ha subito il crollo del suo Prodotto Interno Lordo del 35 %, la riduzione del commercio estero del 85 %, la perdita dei mercati delle sue principali esportazioni, come lo zucchero, il nichel, gli agrumi ed altri, i cui prezzi si dimezzarono, la scomparsa dei crediti in condizioni favorevoli con la consequenziale interruzione di numerosi investimenti vitali come la prima Centrale nucleare e la Raffineria di Cienfuegos, il collasso del trasporto, le costruzioni e dell’agricoltura con l’improvvisa cessazione della fornitura di ricambi per i mezzi tecnici, i fertilizzanti, i mangimi e le materie prime delle industria, provocando la paralisi di centinaia e centinaia di fabbriche ed il brusco deterioramento quantitativo e qualitativo dell’alimentazione del nostro popolo che scese  al di sotto della soglia di nutrizione raccomandata. Noi tutti abbiamo sofferto quelle calde estati degli anni 90 del secolo scorso, con blackout di più di 12 ore al giorno a causa della mancanza di carburante per generare elettricità, e nel frattempo, decine di agenzie di stampa occidentali, alcune di loro senza dissimulare la loro gioia, inviavano corrispondenti a Cuba con l’intenzione di essere le prime a informare sulla sconfitta definitiva della Rivoluzione.

In questa drammatica situazione, nessuno fu abbandonato alla sua sorte e si evidenziò la forza che emana dall’unità del popolo, quando si difendono idee giuste ed un’opera costruita con tanto sacrificio. Solo un regime socialista, nonostante le sue insufficienze, è in grado di superare una simile prova.

Le attuali scaramucce dell’offensiva della reazione internazionale, quindi, non ci tolgono il sonno, coordinate come al solito da coloro che non si rassegnano a capire che questo paese non sarà mai sottomesso, in nessun modo, preferiremmo piuttosto scomparire come dimostrammo nel 1962.

Soltanto 142 anni fa, il 10 ottobre 1868, ebbe inizio questa Rivoluzione, allora si lottava contro un colonialismo europeo decadente, sottoposto al  boicottaggio del nuovo imperialismo nordamericano che non desiderava la nostra indipendenza, affinché il “frutto maturo” cadesse dalla “gravità geografica” nelle sue mani. Così avvenne dopo più di 30 anni di guerre e di enormi sacrifici dal popolo cubano.

Adesso gli attori esterni hanno cambiato i loro ruoli. Da oltre mezzo secolo siamo aggrediti ed assediati dal più moderno e potente impero del pianeta, che si avvale del boicottaggio che implica l’oltraggiosa Posizione Comune, che rimane invariabile grazie alle pressioni di alcuni paesi e di alcune forze politiche reazionarie dell’Unione Europea con numerosi condizionamenti inaccettabili.

Ci chiediamo il perché e constatiamo che, molto semplicemente, questo avviene perchè gli attori sono sempre gli stessi e non rinunciano alle loro vecchie aspirazioni di dominazione.

I giovani rivoluzionari cubani sanno perfettamente che per preservare la Rivoluzione ed il Socialismo e continuare degni e liberi, hanno davanti ancora molti anni di lotta e di sacrificio.

Al tempo stesso sull’umanità intera pesano colossali sfide che spetterà in primo luogo ai giovani affrontare. Si tratta di difendere la sopravvivenza della specie umana, minacciata  dal cambiamento climatico accelerato dai modelli irrazionali di produzione e consumo generati dal capitalismo.

Oggi gli abitanti del pianeta sono sette miliardi. La metà di loro sono poveri, un miliardo e venti milioni patiscono la fame. Occorre domandarsi cosa succederà nel 2050, quando la popolazione mondiale salirà a nove miliardi e le condizioni di esistenza sulla Terra saranno ancora più deteriorate.

La farsa con la quale si è concluso l’ultimo vertice nella capitale della Danimarca, nel dicembre scorso, è una dimostrazione che il capitalismo, con le sue cieche leggi di mercato non risolverà mai questo né tanti altri problemi. Soltanto la coscienza e la mobilitazione dei popoli, la volontà politica dei governi ed il progresso della conoscenza scientifica e tecnologica potranno impedire l’estinzione dell’uomo.

Per finire voglio dire che nell’aprile dell’anno prossimo si compierà mezzo secolo della proclamazione del carattere socialista della Rivoluzione e della schiacciante vittoria sull’invasione di Playa Giron.

Festeggeremo questo importante evento in tutti gli angoli del paese, da Baracoa, dove hanno tentarono di far sbarcare un battaglione, fino all’estremo occidentale della nazione e nella capitale faremo una grande marcia popolare ed una sfilata militare, attività nelle quali i protagonisti principali saranno i lavoratori, gli intellettuali ed i giovani.

Fra pochi giorni, il Primo Maggio, , in tutto il paese, nelle strade e piazze che gli appartengono di diritto, il nostro popolo rivoluzionario darà un’altra risposta decisiva a questo nuovo escalation aggressiva.

Cuba non ha paura della menzogna né si inginocchia davanti alle pressioni, ai condizionamenti o alle imposizioni, e indipendentemente da dove esse vengano si difende con la verità, che sempre, prima o poi, s’impone.

Quarantotto anni fa, in un giorno come oggi, è nata l’Unione di Giovani Comunisti. Quello storico 4 aprile 1962 Fidel affermò: “Credere ai giovani è vedere in loro, oltre all’entusiasmo, capacità; oltre all’energia, responsabilità; oltre alla gioventù, purezza, eroismo, carattere, volontà, amore alla patria, fede nella patria, amore alla Rivoluzione, fede nella Rivoluzione, fiducia in se stessi!, convinzione profonda in quello che la gioventù può fare, in quello che la gioventù è capace di fare, convinzione profonda che sulle spalle della gioventù si possono depositare grandi compiti”.

Così è stato ieri, così è oggi, così sarà in futuro.