Su privatizzazioni, diritto alla mobilità e stabilizzazione dei/lle dipendenti ATAC

Su privatizzazioni, diritto alla mobilità e stabilizzazione dei/lle dipendenti ATAC

Ieri sulle colonne virtuali di corriere.it è uscito un articolo che, alla vigilia del corteo di domani per il diritto alla mobilità e contro la privatizzazione di ATAC, ha certamente dato prova che la partita in corso intorno alla municipalizzata del trasporto pubblico romano, ad AMA e ACEA è un affare ghiotto a cui bisogna opporsi con ogni mezzo. L’articolo, firmato da Ernesto Menicucci, parla chiaro, mettendo nero su bianco quello che da tempo ipotizzavamo e che si continuava a voler nascondere. Nell’ambito del decreto legge “salva-Roma”, con cui le casse del bilancio capitolino saranno rinverdite di oltre 600 milioni stanziati dal governo, la Commissione Bilancio ha votato favorevolmente l’emendamento di Linda Lanzillotta (Scelta Civica) grazie all’intesa tra Lega Nord, M5S e PD. Linda Lanzillotta, già nota alle cronache romane per le sue gesta da Assessore al Bilancio della giunta Rutelli, nel 2001 indagata per danno erariale e condannata poi a pagare una multa di 40 mila euro per le “consulenze” offerte in merito ad un altro processo di privatizzazione, ovvero quello dell’azienda Centrale del Latte di Roma. Ma torniamo ad oggi. Una vera e propria messa in mora del servizio pubblico comunale, visto che l’approvazione dell’emendamento (nonostante alcune modifiche che lo hanno “ammorbidito”) porterebbe a vendere «una parte delle quote Acea, privatizzare i trasporti, la raccolta dei rifiuti e la pulizia delle strade, licenziare i dipendenti delle società comunali in perdita (vedi l’Atac), messa in liquidazione delle aziende che “non erogano servizi pubblici”, estensione dei vincoli del patto di stabilità, sulle assunzioni e sull’acquisto di beni a tutte le partecipate». O, meglio ancora, un ricatto che vincola i fondi per il disastrato bilancio capitolino alla privatizzazione delle aziende pubbliche oltre che al licenziamento per quelle che registrano perdite. Lasciamo ad altri credere o meno a chi, dalle fila del PD romano, si sgola adesso a dire che questo decreto non passerà così com’è. Lo pensate davvero? Avranno ricordato questi signori, che oggi abbaiano al guinzaglio, che il testo dovrà essere approvata da Palazzo Madama e poi dalla Camera entro il 31 dicembre, pena la perdita del contributo governativo al bilancio romano? Noi, fino ad oggi, non abbiamo vissuto sulla montagna del sapone; sapevamo di che pasta fosse fatto il PD, indipendentemente da quello che uscirà dal voto del Senato, o dalla fiducia che potrebbe essere richiesta per il decreto. Sapevamo e sappiamo qual’è il centro nevralgico delle sue politiche, a parte la farsa messa in piedi dalla federazione romana. Quale fosse e qual’è, soprattutto, il suo ruolo nello “spacchettamento e riordino delle società municipalizzate”, accusate di essere in rosso per inefficienza e improduttività dei lavoratori, quando le cronache dei giornali sono quotidianamente appaltate agli sviluppi delle sciagurate imprese di manager e vertici aziendali impegnati nella occulta spartizione degli utili. Ecco cosa vuol dire servizio pubblico per il PD e i suoi epigoni: un piano di ristrutturazione aziendale e di svendita ai privati senza precedenti, senza calcolare il conseguente (e annunciato) licenziamento di massa che verrebbe operato nelle suddette aziende. Un motivo in più per scendere in piazza domani, per l’appuntamento che lavoratori, lavoratrici e utenti ATAC hanno lanciato contro la privatizzazione del trasporto pubblico e per chiedere la stabilizzazione dei lavoratori interinali che continuano ad essere chiamati saltuariamente per i periodi di più intensa necessità senza che gli venga proposta alcuna prospettiva occupazionale seria. Una forte coesione ha mosso l’organizzazione del corteo di domani: unità tra chi è artefice quotidiano del funzionamento di un servizio precario, definanziato, che si regge sugli straordinari dei pochi lavoratori e lavoratrici dipendenti di ATAC, e chi quel servizio lo utilizza, magari per andare a sbarcare il lunario ogni giorno, in un altro posto di lavoro altrettanto precario, con salari altrettanto da fame. Quando si è iniziato a costruire la giornata di domani, si era certi di poter contare su un fattore di forza non indifferente: la solidarietà tra lavoratori e utenti, tra dipendenti di diversi settori produttivi, accomunati dalla lotta contro le ristrutturazioni aziendali, contro i salari da fame, contro la repressione del dissenso e il mobbing con cui vengono perseguitati lavoratori e lavoratrici che si mettono in gioco per i propri diritti. Come i lavoratori e le lavoratrici della logistica, alle prese con il piano di ristrutturazione promosso dai vertici di TNT che a partire da gennaio 2014 porterà alla messa in mobilità di un terzo degli impiegati diretti, alla diminuzione delle commesse in Italia – con la conseguente riduzione delle ore di lavoro e l’applicazione della Cassa Integrazione per le cooperative presenti in Italia. Anche per loro, come in ATAC, è aperta la battaglia per la stabilizzazione degli interinali, per il riconoscimento e il pagamento degli arretrati, per garantirsi ancora il diritto di sciopero, per una nuova “infornata” di assunzioni stabili che non facciano gravare su straordinari (mai remunerati) l’intero servizio offerto. L’avevamo detto. Lo ripetiamo. Unire le lotte è un primo passaggio, necessario, per invertire i rapporti di forza nella contraddizione capitale/lavoro. Ce lo hanno dimostrato, a proposito di trasporto pubblico, le lotte di Genova, di Pisa e Livorno, di Firenze; le mobilitazioni dei lavoratori delle multinazionali della logistica e della Granarolo a Bologna, a Piacenza, a Roma. La partita che si gioca a Roma, su trasporto pubblico e municipalizzate, è un baluardo da affrontare insieme. A partire dal corteo di domani.

Ore 17.00 – da metro Colosseo al Campidoglio.