Sciopero: dalla resistenza all’attacco (aggiornato)

Sciopero: dalla resistenza all’attacco (aggiornato)

Venerdì inizierà lo sciopero nazionale di 24 ore dei lavoratori della logistica indetto da SI. Cobas e ADL. Cobas. Il Contratto Nazionale Trasporto Merci Facchinaggio è giunto a scadenza e lo sciopero ha lo scopo di ottenerne uno nuovo sulle migliori basi possibili. Le aspettative sono alte. In questi mesi i lavoratori della logistica sono tra quelli che hanno mostrato più combattività, capacità organizzativa e disposizione al conflitto. Tutti abbiamo in mente la lotta dell’Ikea di Piacenza ma sappiamo anche che non è stata l’unica. Solo qui a Roma c’è stata quella dell’SDA e ora sta partendo quella di Bartolini.

Un primo fatto è che nella costruzione dello sciopero, i sindacati confederali, sono stati completamente scavalcati. Il 3 marzo scorso oltre 1000 lavoratori hanno discusso  e approvato lo sciopero all’unanimità tramite assemblee collegate via web tra Milano, Piacenza, Bologna, Genova, Torino, Roma, Padova, Verona e Treviso. Un momento di condivisione, connessione e ricomposizione delle lotte sul lavoro. Il tutto mentre Cgil, Cisl e Uil trattano in altre stanze il rinnovo del contratto nazionale bypassando interamente la partecipazione e i bisogni degli operai ponendosi ancora una volta sul campo della cogestione dello sfruttamento perché la loro piattaforma prevede il taglio delle ferie, della quattordicesima e del peggioramento degli orari di lavoro.

Dicevamo che all’interno del settore della grande distribuzione, che possiamo assumere come uno dei paradigmi della nuova composizione di classe, il comparto della logistica è quello che dimostra la maggiore combattività e conflittualità. I motivi possono essere tanti e necessitano di essere inchiestati per trovare conferme. In parte perché si deve discutere il nuovo Ccnl e rischia di essere peggiorativo. In parte perché i lavoratori immigrati, presenti in gran numero in questo comparto, sono più predisposti alla lotta perché sfruttati selvaggiamente e vessati dai capi reparto. In parte perché i continui cambi forzati di cooperative (fatte fallire e ricostituite) azzerano livelli e anzianità acquisiti con il precedente rapporto di lavoro. Per non parlare delle continue ruberie e frodi dai parte dei padroni su ferie, malattia, straordinari, TFR. Non è da sottovalutare neanche il ruolo importante che svolgono le cooperative, tanto care al centrosinistra, nel permettere un’estrazione del plusvalore molto forte riducendo il costo del lavoro, i diritti dei lavoratori e la compressione dei salari. Un meccanismo di sfruttamento che non è solo della logistica, ma anche della pulizia, cantieristica, edilizia, industria e sanità/assistenza. Infine uno dei grandi vantaggi di questo settore è che lo sciopero classico conserva gran parte della sua efficacia perché blocca realmente le attività vitali dell’azienda lasciando in mano ai lavoratori un’arma non ancora del tutto spuntata.

È un periodo che in Italia si vede il rifiorire di una miriade di lotte spontanee a livello di fabbrica, lavoro e quartiere che, almeno in partenza, sfuggono totalmente alle maglie delle organizzazioni sindacali salvo poi esservi ricondotte in un secondo momento. All’interno di queste lotte, come di molte altre, è fortemente presente una componente spontanea dei lavoratori che prima insorgono e poi cercano un contatto con le sigle sindacali disposte ad ascoltarli. Il punto è che  oggi la lotta di classe deve essere portata avanti direttamente dagli operai e affinché ciò avvenga bisogna partire almeno da una considerazione: il politico non può più permettersi di delegare al sindacale la “gestione” della contraddizione capitale/lavoro. Altrimenti, anche animati dalle migliori intenzioni, si scade nel mero assistenzialismo. Meritorio ma totalmente privo di prospettiva rivoluzionaria e che, almeno in parte, riconduce le lotte nel terreno della compatibilità con il capitalismo . Una malattia che ha già contagiato molti altri aspetti della vita di movimento. Il compito del politico, a dispetto del sindacale, non deve essere semplicemente quello di strappare il miglior accordo possibile ma quello, viceversa, di sostenere con più forza possibile la lotta dei lavoratori. I lavoratori non vanno difesi ma sostenuti. Dovrà tornare a essere chi suda, lavora e chi vive sulla propria pelle lo sfruttamento a stabilire la rotta della propria lotta, senza che ci si metta d’impegno a soffocare tutto nel tatticismo vertenziale. E’ su questo terreno che bisogna lavorare, in cui sporcarsi le mani.

Ciò ci dice ancora una volta che ogni possibilità di resistenza del proletariato italiano è sempre più legata alla capacità di organizzazione politica delle lotte e della loro propaganda politica. Le forme di lotta devono essere rese compatte ed estese, socializzate. Bisogna riuscire a riunificare settori specifici in lotta: operai, disoccupati, precari e precarizzati, giovani senza lavoro, lavoratori in nero. Immaginare anche nuove forme di ripresa della lotta sul salario indiretto. Le iniziative spontanee della classe devono essere appoggiate e sostenute per raggiungere una maggiore incisività. Alla crisi del riformismo che ci ha consegnato l’ultima tornata elettorale bisogna  rispondere avendo la capacità di interpretare i bisogni reali che muovono lo spontaneismo delle lotte. Dentro queste lotte non dobbiamo semplicemente esserci, che già sarebbe qualcosa, dobbiamo sostenerle, promuoverle e magari un domani riuscire ad organizzarle. Bisogna farsi carico delle urgenze del proletariato, anche partendo dalle singole situazioni e dai singoli settori. Trovare la capacità di collegare ogni singola vertenza alla sua dimensione territoriale. Per trasformare ogni momento di resistenza in momento di attacco. Riunificando questa spinta in termini rivoluzionari. Con questo spirito e questa prospettiva parteciperemo attivamente allo sciopero di venerdì, senza velleità avanguardiste, dando una mano dove c’è bisogno e dove i lavoratori riterranno più opportuno.

Aggiungiamo le immagini degli striscioni che abbiamo attaccato per generalizzare lo sciopero:

 

Gli scioperi e i picchetti saranno nelle seguenti città:
BOLOGNA: INTERPORTO BENTIVOGLIO – ore 6:00
MILANO: DHL Settala – ore 7:00
PIACENZA: IKEA – ore 6:30 / Manifestazione – ore 15:30 – Giardini Margherita
PADOVA: presidio fisso con dei gazebi all’ incrocio tra via Messico e C.so Spagna.
 I Principali appuntamenti sono – alle 21 di Giovedì 21
 – alle 7:00 di Venerdì 22
 – alle 14:30 di Venerdì 22
ROMA: ore 08.30 – viale Europa 176/190 (davanti alla posta centrale)

22 MARZO – AGGIORNAMENTO

Qui a Roma, rispetto alle altre città, la situazione è meno conflittuale. C’è ancora molto da fare per mobilitare i lavoratori, connettere le lotte, unirle, generalizzarle e riuscire ad innalzare il livello di combattività magari attraverso altre azioni, picchetti, scioperi, blocco straordinari e blocco merci. Il presidio davanti alla posta centrale andrà avanti fino alle ore 13.00. Un centinaio di lavoratori di SDA e BARTOLINI, per lo più migranti, sono i principali animatori della giornata insieme ad altri compagni. Ancora una volta il “movimento” sembra essere il grande assente della giornata e, più in generale, della contraddizione capitale/lavoro. Per fortuna la lotta degli operai della logistica non si ferma qui e questa è solo una tappa, non si fermerà nemmeno con il rinnovo (peggiorativo) del contratto nazionale sponsorizzato da CGIL, CISL e UIL. Costruiamo insieme le basi per un sostegno concreto, materiale e duraturo alla lotta degli operai della logistica. Uniti si vince!

Per una diretta dello sciopero da tutte le città rimandiamo a: http://www.clashcityworkers.org/index.php

Di seguito il volantino distribuito dai lavoratori aderenti al SI COBAS e ADL COBAS: