Renzi e Salvini, due facce della stessa medaglia

Renzi e Salvini, due facce della stessa medaglia

Fin dalle prime battute di questa campagna abbiamo voluto mettere in chiaro una cosa, un elemento imprescindibile per la riuscita e la diffusione a macchia d’olio della mobilitazione che porterà al 28 febbraio: quello di Salvini e dei suoi sgherri terroni non è un fenomeno fascista o qualcosa che direttamente e intimamente anela ad esserlo. Siamo piuttosto di fronte alla costruzione di un nuovo blocco reazionario di massa, ed è in questo senso che andrebbero analizzate le diverse mobilitazione dei territori in vista della giornata di sabato prossimo. Dopo quasi un decennio di crisi economica che ha portato al depauperamento di milioni di proletari, la sinistra (tutta, nessuno escluso) non è mai stata così debole in termini di insediamento e radicamento sociale nei quartieri, in termini di peso politico e di capacità di mobilitazione. È in questo scenario che Salvini si candida a rappresentare un blocco reazionario capace di parlare alla pancia del paese e a farsi realmente “di massa”, liberandosi del localismo nordista e della pesante ed invadente goliardia in cui era confinato.

Come dobbiamo quindi fermare l’avanzata di questo fenomeno? Solamente con un momento di piazza? Ovvio che no. L’arrivo di Salvini a Roma non si risolve con la giornata del 28 ma va inteso come l’occasione per obbligarci a tornare nei quartieri popolari, nelle periferie, collegare le lotte e costruire un’alternativa credibile a Renzi e alla finta opposizione di Salvini. Perdere anche questo treno renderà tutto più difficile. In questo senso abbiamo partecipato all’assemblea popolare che si è svolta a Cinecittà venerdì scorso  e stasera parteciperemo (e vi invitiamo a partecipare) a quella di Torpignattara, uno dei quartieri, come Tor Sapienza, con più contraddizioni al suo interno dovute allo sviluppo capitalistico della metropoli. Ma anche il quartiere simbolo della cacciata di Borghezio. Un’assemblea che vedrà la partecipazione del quartiere e delle realtà di lotta che lo attraversano. L’operazione di Salvini fallirà se saremo capaci di impedire la saldatura tra la nuova versione della Lega targata Salvini (quella che ha dismesso i panni del secessionismo e che parla a tutta Italia come oggi nulla fosse) e quel malessere sociale che oggi, non trovando sponde credibili a sinistra, inizia a percepire la xenofobia e il populismo leghista come unica alternativa al governo Renzi, al PD e all’austerità dell’UE.

Uno dei compiti storici che ci spetta davanti è quello di ritrovare la coscienza di classe sulla base della specificità della situazione e della conseguente autonomia dei propri interessi di classe. Solo in questo modo si può divenire capaci di unire tutti gli sfruttati in una lotta comune. Chiaramente sarebbe un’illusione mortale pensare che questa coscienza si formi spontaneamente o automaticamente, per mera crescita della spontaneità delle masse o per effetto meccanico delle forze economiche della produzione capitalistica, senza attriti o intoppi o contraddizioni. Piuttosto avviene lungo una tortuosa strada che passa per diverse sconfitte e necessita del lavoro delle soggettività. Chiaramente per vincere questa partita il tema centrale rimane quello dell’organizzazione ma è un problema che non si risolve dogmaticamente, anzi va costruito in base alla previsione di come la classe possa raggiungere la propria coscienza. Come è ovvio lo sviluppo capitalistico, che inizialmente livellava e unificava la classe operaia, nel suo sviluppo dà luogo a continue differenziazioni. La conseguenza non è soltanto che la classe perde la capacità di contrapporre un muro compatto di interessi e ostilità ma ne deriva anche l’influenza ideologica negativa della borghesia su questi strati tendendo a oscurare la coscienza di classe e a orientarla verso un tacito accordo con la borghesia o una sua parte, in questo si inserisce anche Salvini e il suo progetto. Se è vero che il carattere fondamentale del periodo nel quale ci troviamo a vivere è straordinario è anche vero che può essere potenzialmente rivoluzionario, nel senso che una situazione rivoluzionaria (nel bene o nel male) può verificarsi in ogni momento senza la possibilità di essere anticipata esattamente. Si fanno però evidenti le tendenze che ne ostacolano l’avvento e su queste bisogna agire e non basta la sola chiarezza teorica e l’attività di agitazione e propaganda ma agire materialmente, è la questione organizzativa che si fa sempre più pressante.