Pagherete caro, pagherete tutto!

Pagherete caro, pagherete tutto!

Quello che è accaduto ieri notte, la morte di Abd Elsalam Ahmed Eldanf per mano di un crumiro, non è stato un “incidente” o una “tragica fatalità”, e non è stato nemmeno il frutto della follia di un singolo “padroncino” timoroso di perdere la consegna. Chi in questi anni ha seguito le lotte della logistica sa benissimo che fino ad oggi solo il caso aveva impedito che si verificassero omicidi come quello che ha tolto la vita al militante dell’USB. Le aggressioni, le intimidazioni, i pestaggi, la forzatura violenta dei picchetti sono ormai diventati forme di “relazioni industriali” usuali in un settore che fonda i suoi enormi margini di profitto sullo sfruttamento bestiale della manodopera, in larga parte migrante. Un settore in cui altrettanto forte è stata in questi anni la mobilitazione operaia per reclamare salario, diritti e dignità. In un paese che l’ideologia dominante vorrebbe definitivamente pacificato, in cui il conflitto sociale viene catalogato come una scoria del Novecento, questi operai fanno paura. Perchè sono lavoratori che se anche conoscono a malapena l’italiano usano però benissimo la lingua della lotta di classe, e che quindi parlano a tutti gli sfruttati lanciando un messaggio chiarissimo: lottare si può, lottare si deve! E’ per questo che i compagni del sindacato hanno fatto benissimo a parlare fin da subito di “omicidio padronale”, perchè dietro al piede del crumiro che ha schiacciato l’acceleratore c’erano i dirigenti delle multinazionali, c’erano gli estensori delle varie “riforme del lavoro” che hanno riportato le relazioni industriali di questo paese all’Ottocento, c’erano i vincoli dell’Unione Europea. E su quel Tir c’erano pure i sindacati collaborazionisti che ieri non hanno sentito il bisogno di dire nemmeno una parola o di indire un’ora di sciopero. Non è un caso quindi che oggi la notizia della morte di Abd Elsalam non abbia conquistato la prima pagina di nessun giornale e che sia stata invece nascosta nelle pagine interne dei quotidiani, accompagnata da qualche articolo sociologico e da commenti vergognosi, come quello di Dario di Vico sul Corriere, che tentano di addebitare l’accaduto alle forme di lotta adottate dal sindacalismo conflittuale. E non stupiscono nemmeno più di tanto le dichiarazioni quasi immediate del procuratore capo di Piacenza che, senza sentire nemmeno la necessità di approfondire le indagini, ha subito derubricato l’assassinio di Abd Elsalam a “omicidio stradale”, come se il tutto fosse accaduto sulla tangenziale e non davanti a un magazzino picchettato, sostenendo con sprezzo del ridicolo che “non era in corso alcuna manifestazione di protesta alla GLS”, quasi che operai, sindacalisti e perfino i poliziotti si trovassero a passare li per caso. Dando sfogo a quella fantasia di cui solo lo Stato è capace nel difendere gli interessi padronali il PM si è poi spinto ben oltre dichiarando che “uno degli operai è andato da solo incontro al Tir che stava uscendo dal cancello, forse con l’intenzione di stendersi per terra”. Quindi, stando al PM, sembra quasi che sia stato il compagno ad investire il Tir e non viceversa. Questa lettura giustificazionista però non può e non deve passare, e alla narrazione dello Stato e dei media mainstream va contrapposta dal basso la nostra richiesta di verità e giustizia già a partire dalla manifestazione indetta per domani alle 14 a Piacenza. Perchè Abd Elsalam era un operaio, era un militante, era uno di noi, ed è morto lottando contro lo sfruttamento. Non dobbiamo permettere che venga assassinato di nuovo.

GIUSTIZIA E VERITA’ PER ABD ELSALAM AHMED ELDANF!