OGM: il colpo è partito?

OGM COLPO

Il colpo è partito, o meglio, sta per partire. Se il ministro dell’agricoltura non terrà fede alla sua parola e non presenterà ricorso al Consiglio di Stato dal primo aprile sarà possibile coltivare mais transgenico anche in Italia. A deciderlo è stato qualche giorno fa proprio il Consiglio di Stato accogliendo la richiesta di un agricoltore di Pordenone, evidentemente “ansioso” di poter finalmente acquistare sementi transgeniche da qualche multinazionale agrochimica. E a quel punto altro che “sperimentazione controllata”, la contaminazione sarà bella che cominciata. Infatti, come raccontavamo qualche giorno addietro, di fronte ad un opinione pubblica europea fortemente restia a consumare alimenti derivati da OGM, la strategia adottata dalle corporations del settore è duplice: sottomettere al fatto compiuto i consumatori recalcitranti e/o tentare di imbonirli con la prospettiva della risoluzione della fame nel mondo. Dunque, a dar fede alle campagne di moral suasion realizzate in questi anni dagli esperti di marketing assoldati dalla multinazionali, la Monsanto, così come la Dupont o la Syngenta, si sarebbero trasformate improvvisamente in conglomerati benefici intenzionati a far concorrenza alla FAO. E poco importa che la prima nel 2009 abbia avuto un fatturato di 11.7 miliardi di dollari, grosso modo quanto quello della Syngenta (11.6 miliardi di dollari), o che la Dupont solo per la vendita di sementi transgeniche nello stesso anno abbia introitato ben 2.1 miliardi di dollari. No, non è assolutamente vero che lo fanno per i profitti, siamo noi ad essere prevenuti, siamo noi ad essere i soliti comunisti. Loro lo fanno per i bambini poveri, hanno a cuore le sorti del pianeta… sono multinazionali filantropiche. Ma, onestamente, chi può credere a questa favoletta? Forse solo i politici e i giornalisti a libro paga delle suddette corporations, oppure chi è ancora convinto che la fame nel mondo sia legata alla sottoproduzione di derrate alimentari e non all’irrazionalità del sistema di mercato e al dominio imperialista. L’Unione Europea e gli stessi Stati Uniti spendono quote imponenti dei loro bilanci solo per sovvenzionare le rispettive agricolture e tenere alti i prezzi dei prodotti, migliaia di contadini vengono pagati per lasciare incolte le loro terre evitando così di saturare ulteriormente i mercati agroalimentari. E c’è ancora chi crede che si produca troppo poco. Ma allora, se c’è sovrapproduzione di derrate alimentari, cosa spinge le multinazionali ad investire così tanto in questo settore? Lo abbiamo già scritto, per un verso il tentativo di deterritorializzare e destagionalizzare la produzione (leggi), dall’altro la creazione artificiale di una domanda potenzialmente autorigenerante di: sementi, antiparassitari, erbicidi, fertilizzanti ecc. ecc. Facciamo un esempio. La Monsanto sta per commercializzare una varietà di soia che dovrebbe garantire al contadino una produzione del 7% in più di quella normale, solo che per produrre di più la pianta avrà necessariamente bisogno di maggiori imput (acqua, elementi minerali, sostanza organica…) e quando la normale fertilità dei terreni sarà insufficiente (ovvero sempre) bisognerà intervenire somministrando fertilizzanti di sintesi. E chi produce gli indispensabili fertilizzanti? Indovinato… proprio la stessa multinazionale che produce i semi? Altro esempio. Prendiamo la Dupont, che vende Mais resistente ad un erbicida X da lei stessa prodotto. L’utilizzo di quest’ultimo, associato ai semi, garantirà inizialmente la protezione dei propri campi dalle infestazioni. Col passare del tempo, però, le piante infestanti inizieranno a manifestare sempre maggiore resistenza all’erbicida X (un po’ come avviene per gli antibiotici in medicina) per cui sarà necessario sintetizzare un nuovo erbicida Y (nuovi mercati) e poi un nuovo erbicida Z e così via all’infinito. Anzi no. Perché questa spirale ha dei costi sociali ed ambientali insostenibili.