Non facciamo gli indiani. Oppure sì?!

La notizia è vecchia di qualche giorno, ma merita attenzione. Premessa: l’India difficilmente rappresenta oggi un esempio di sviluppo sostenibile e rispettoso dei diritti sociali della sua popolazione. Piuttosto è uno dei Paesi asiatici che sta producendo le migliori performance economiche, con la conseguenza, però, di accentuare le disuguaglianze di classe, i conflitti etnici e i fondamentalismi religiosi. Nonostante questo (forse proprio per questo), a volte presenta situazioni sociali molto interessanti. A fine settembre, infatti, si verificò un evento dai contorni tragici: il direttore indiano della sede di New Delhi di una ditta internazionale aveva appena licenziato duecento dipendenti. La ditta, ovviamente, era italiana (la Graziano Trasmissioni) e il direttore si chiamava Lalit Chaudhar. Cosa succede, però? Gli operai, inferociti, si riuniscono in assemblea a chiedono il reintegro dei licenziati (licenziati per motivi politici, tra l’altro, in quanto avevano protestato tempo prima contro un piano di ristrutturazione). L’assemblea diventa incandescente, viene chiamata la polizia che però tarda ad arrivare, gli operai vanno dal direttore e lo uccidono a sprangate. Dopo l’arrivo delle forze dell’ordine si conteranno 50 feriti e più di cento arresti. Ma la parte più interessante viene dopo: il Ministro del Lavoro indiano, Oscar Fernandes, difende gli operai sostenendo alle agenzie di stampa che “l’aver scontentato i lavoratori a lungo era stata la ragione principale dell’omicidio”.

Ora, vi immaginate in Italia una situazione simile o infinitamente meno conflittuale: cosa avrebbe detto il ministro Sacconi? E il precedente ministro del Lavoro di centro-sinistra, Damiano, avrebbe pure lui solidarizzato con gli operai arrestati?… Solo per far capire la differenza, lo stesso giorno di fine settembre in cui è avvenuto l’omicidio di Lalit Chaudhar i giornali italiani riportavano le illuminanti dichiarazioni ufficiali di un imprenditore salernitano (Rosario Pellegrino) nei confronti del sindacato che lamentava una scarsa democrazia all’interno della sua impresa. Le riportiamo fedelmente: “Egregi signori, credo di aver dimostrato in questo periodo tutta la disponibilità, non ultima quella di incentivarvi sulla produttività e sulle presenze al lavoro… ma ora mi sto rompendo il cazzo. L’azienda è mia e comando io e basta, e chi non è d’accordo se ne andasse a fanculo e verrà ringraziato…” Continuano altre carezze… L’imprenditore in questione, dopo tale exploit, è stato espulso dall’Associazione degli industriali di Salerno, ma qualcuno ha anche protestato, perché ritenevano il provvedimento eccessivamente punitivo…