Nieri, Gaza e la fiera dell’ipocrisia

Nieri, Gaza e la fiera dell’ipocrisia

 

Mentre vengono aggiunti gli ultimi 4 bambini (colpiti per “errore”, ci ha confessato Peres) al conto dei morti palestinesi dall’inizio delle operazioni (per un totale di 227) da queste parti l’aggressione sionista diventa oggetto di una gazzarra politica di bassa lega. Il vice-Sindaco di Roma Luigi Nieri ha aggiornato la copertina della sua pagina Facebook con un’immagine che negli ultimi giorni sta facendo il giro del mondo: l’invito a fermare i bombardamenti su Gaza, a restare umani, nonostante tutto. Un gesto che, pur non significando solidarietà con la resistenza e la lotta palestinese, ha messo nero su bianco il dramma dell’emergenza umanitaria che si sta consumando nella striscia di Gaza. Un gesto che evidentemente non è andato giù alla fitta schiera di ipocriti che in questi giorni si stanno affannando non tanto a parlare delle giuste ragioni di Israele, quanto a tacere ogni giudizio su quella che si sta dimostrando essere un’aggressione senza se e senza ma, una non-guerra combattuta da un solo esercito contro una popolazione che risponde con i potenti mezzi dell’artiglieria artigianale self-made.

«Bufera sul vice-sindaco», titola il messaggero.it, riportando poi la sfilza di idioti commenti che hanno invaso la pagina di Nieri. Commenti sui quali sorvoliamo, un po’ in ossequio alle nostre intelligenze, un po’ perché poi la bile ci salirebbe fino al cervello. Andate a vederli, rimproverano la mancata equidistanza, rimproverano di parteggiare per Hamas (!), invitano a stare attenti ad usare grafiche e simboli (come fossero icone ufficiali) dei sostenitori di Hamas…e poi ci sono anche quelli più ricercati, che si riempiono subito la bocca di antisemitismo (non antisionismo) e mettono le mani avanti tanto per stare sicuri.

Ora, questa vicenda non ci serve per magnificare Nieri, l’istituzionale che ha iniziato a fare politica nell’OPR e che crediamo in cuor suo e anni fa avrebbe detto qualcosa in più di un semplice Stop bombing. Il vice-sindaco ha provato a rispondere, l’ha buttata tristemente sul piano umanitario (“Questa è una questione umanitaria che riguarda i diritti umani, non c’entra nulla con la politica e le contese fra Israele e Palestina”, ha scritto poco dopo in un commento), ha fatto marcia indietro e poi ha cambiato nuovamente la sua immagine di copertina celebrando il Nelson Mandela Day, 18 luglio, compleanno del defunto Madiba – che anche dall’al di là riesce a togliere castagne bollenti dal fuoco.
Ci chiediamo, e come noi sono in parecchi a farlo in queste ore, perché Nieri sia stato tacciato – al di la delle sue convinzioni e delle frasi d’opportunità poi pronunciate – di essersi schierato a favore di una delle due parti in lotta mentre la partecipazione del Presidente del PD romano Tommaso Giuntella alla “veglia” della Comunità ebraica romana al Pantheon sia stata letta con le lenti della lungimiranza politica, della delicatezza umana, della volontà super partes di una soluzione condivisa del conflitto, e via discorrendo. Si badi che a noi interessa il giusto di quello che fa il PD, nella persona di Giuntella o di Renzi (che dall’inizio dell’operazione ha rilasciato zero dichiarazioni, inviato zero tweet e fatto trapelare solo un silenzio imbarazzante) o di chicchessia.

Ci preme molto più evidenziare che schierarsi con la resistenza palestinese, ad ogni latitudine politica, da antagonisti come da istituzionali in carica, equivale ad essere nel torto, parteggiare per i terroristi ed essere antisemiti. Potere della logica, della pregiudiziale aprioristica che non ammette una voce che non sia fondata sulla legittima esistenza e sulla legittima azione dello Stato d’Israele. In un articolo che abbiamo avuto modo di leggere alcuni giorni fa si faceva notare che Israele non può permettere che esista e che venga suffragata l’idea di vendetta del popolo palestinese. Una simile affermazione implicherebbe l’ipotesi che la gente palestinese sia stata vittima di un risentimento o un’ingiustizia precedente; tratteggerebbe in maniera indiretta quell’umanità che prima di tutto, prima ancora delle terre e dei diritti, Israele vuole negare alla Palestina.
«Riconoscere nei palestinesi un “desiderio di vendetta” equivarrebbe a introdurre la storia in Israele, che è per definizione autogena ed eterna. Ma negare ai palestinesi anche il più irrazionale e perfino criminale “desiderio di vendetta” implica negargli anche la più elementare umanità. Al contrario di quanto si afferma spesso, negare l’umanità dei palestinesi non è razzismo, o non è solo razzismo. E’ un imperativo tecnico-politico: riconoscere la loro umanità obbligherebbe gli israeliani a mettere in discussione la propria e a mettere in discussione anche, alla radice, la fondazione e storia del loro Stato».
Siamo convinti che queste parole siano un passaggio determinante per chi lotta al fianco della Palestina. Siano un punto di partenza imprescindibile. Anche per questo bisogna battersi affinché dichiararsi a favore della Palestina, o anche solo contro l’aggressione sionista, non diventi un tabù. Che lo faccia la comunità palestinese nelle nostre città, Vattimo in alcuni riflessi di lucidità o il Nieri di turno, a noi interessa solo che si possa e si continui a farlo. Perché questo si sta rischiando oggi: l’impossibilità di dare una dimensione umana alla causa palestinese, soffocandone quindi sul nascere la portata politica. L’estinzione di un’idea e di un immaginario pro-Palestina, né più né meno.

A proposito di tabù da sfatare, poi, vogliamo rinnovare a tutte e tutti l’invito a scendere nuovamente in piazza per la Palestina il prossimo giovedì, alle 18, a Piazza Vittorio. Non vorremo che sfilare per la Palestina nelle strade della nostra città diventi un discrimine arbitrario nelle mani della Questura di Roma che già lo scorso 11 luglio ha evitato in tutti i modi che le mille persone scese in piazza si muovessero da Largo Corrado Ricci. Riprendiamoci la città, in questo senso: a partire dalla politicità del gesto e del corteo, affinché le marce per la Resistenza palestinese tornino ad essere uno dei tratti caratterizzanti e distintivi di un vero movimento internazionalista.