L’infografica del consenso

L’infografica del consenso

Da diversi anni tanto gli old quanto i new media stanno facendo largo uso della cosiddetta infografica: tabelle, disegni, prospetti, grafici, mappe concettuali e quant’altro la fantasia del creativo di turno riesce a partorire vengono così messi al servizio del giornalismo per esprimere in maniera visuale concetti che in forma testuale potrebbero risultare astratti od ostici al grande pubblico. Non bisogna essere certo degli esperti di comunicazione per comprendere quale utilità possa assumere uno strumento caratterizzato da un’assoluta immediatezza in un’epoca in cui ognuno di noi è letteralmente investito da un flusso continuo di informazioni, spesso impossibilitato anche solo a ordinarle per importanza o a fissarle il tempo necessario a costruirci sopra un ragionamento. Figuriamoci poi se si tratta di un pensiero critico. Il modo con cui i media mainstream cercano di nascondere la crisi economica, tra eufemismi e manipolazione dei dati, rappresenta al riguardo un ottimo banco di prova. E’ dal 2007 infatto che in totale contraddizione con la realtà che ognuno di noi si vive sulla propria pelle, ci sentiamo ripetere insistentemente che la crisi è passata, che non siamo in recessione e che non dobbiamo farci sfuggire l’occasione di fare finalmente le (contro)riforme necessarie per agganciarci alla ripresa. Sabato scorso il Corsera (ma avrebbe potuto essere qualsiasi altra testata) ha pubblicato un grafico a corredo di un articolo in cui si commentava il calo del 1.8% del Pil per il 2013. Guardando la curva in questione un lettore mediamente distratto avrebbe potuto trarne la paradossale (e tranquillizzante) conclusione che tutto sommato dopo un’anno di difficoltà (il 2009) l’economia italiana aveva retto l’urto e che ora bisognava aspettare solo il concretizzarsi delle stime al rialzo suggerite nel titolone al fianco del grafico. Insomma, la medicina dell’austerità per quanto amara si sarebbe dimostrata efficace. Questa curva però è assolutamente mistificatoria perchè l’andamento delle variazioni percentuali viene fatto passare agli occhi del suddetto lettore per quello del Pil reale che, invece, a tutt’oggi è ancora inferiore a quello del 2007. In realtà l’Italia, anche in virtù dell’architettura europea, è in piena stagnazione e la curva molto meno rassicurante (e molto meno pubblicabile) è dunque la seguente:

Ora, secondo voi, si tratta di una semplice distrazione? Forse prima di rispondere sarebbe bene rileggersi una vecchia poesia di Trilussa…

Sai ched’è la statistica? È na’ cosa
che serve pe fà un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che spósa.

Ma pè me la statistica curiosa
è dove c’entra la percentuale,
pè via che, lì,la media è sempre eguale
puro co’ la persona bisognosa.

Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:

e, se nun entra nelle spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perch’è c’è un antro che ne magna due.