Il teorema Caselli e la geometrica potenza

Il teorema Caselli e la geometrica potenza

Nei giorni successivi alla maxi operazione di polizia contro attivisti del movimento No Tav (ma più in generale contro attivisti dei movimenti), ha tenuto banco la discussione nata intorno all’articolo di Beppe Grillo (leggi) che ha rispolverato dagli scaffali della Storia la “geometrica potenza”, ovvero una formula dall’alto valore simbolico e politico che fu coniata dall’allora leader di Potere Operaio Franco Piperno in relazione ai fatti di via Fani. Un’espressione che stigmatizzava l’azione volta al sequestro di Moro, contestualizzando l’azione brigatista nella guerra civile italiana degli anni ’70 e ribaltando il rapporto di forza che allora veniva messo in campo dallo Stato nei confronti dei movimenti e delle lotte sociali, fossero queste iscritte in un perimetro di legalità o illegalità, clandestinità o meno. Non è la formula di Piperno che ci interessa oggi evidenziare; tantomeno ci preme riaprire il dibattito sulle parole di Grillo (per l’autenticità delle quali, tra l’altro, nutriamo profondi dubbi: stiamo parlando di un personaggio passato alle cronache del nostro Paese non certo per la sua preparazione politica… semmai, un plauso alla sua squadra di ghost writers). Ci interessa, invece, fare alcune piccole osservazioni sulla non casualità dell’operazione condotta dalla Procura di Torino (in particolare dal gip Federica Bompieri e dal suo più acuto architetto, il procuratore capo Giancarlo Caselli), nonostante le immediate rassicurazioni sulla volontà della magistratura di non colpire il movimento No Tav, quanto invece di eliminare da queste proteste una parte di ipotetici facinorosi che nulla avrebbero a che spartire con il movimento piemontese.

Cominciamo col dire che le parole e la solidarietà espressa dalle comunità di Bussoleno e degli altri paesi della Val Susa verso gli arrestati sull’intero territorio nazionale sono indicativi di una complicità organizzativa e pratica che è stata, giustamente, rivendicata fin dalle prime ore dopo le perquisizioni, gli obblighi di dimora e gli arresti. E a questo aggiungiamo la consolidata prassi che ormai contraddistingue il lavoro della magistratura democratica italiana: colpire nel mucchio, ma un po’ meno a caso. 24 persone in carcere, 16 obblighi di dimora: colpite tutte le aree più o meno movimentiste attive in Italia, senza ovviamente far mancare il cliché dell’anarco-insurrezionalista e dell’ex brigatista pronto nuovamente a mettersi in gioco per sovvertire l’ordine costituito.

Ecco, su quest’ultimo vorremmo spendere le parole più rabbiose di questo breve articolo. Paolo Maurizio Ferrari, 67 anni, oggi in carcere. Imprigionato nel 1974 per concorso nel sequestro Sossi, fu il primo brigatista ad essere arrestato. Arrestato dall’allora giudice istruttore di Torino, guarda caso proprio Giancarlo Caselli. Una sorta di ispettore Zenigata e Lupin III, un feticismo per l’arroganza e l’accanimento, una prova di forza gratuita quanto inutile, che palesa la viltà di chi gioca a Risiko con la pelle degli altri. Ferrari ha scontato tutti i 30 anni a cui era stato condannato (21 in quanto militante di un’organizzazione che, quando è stato arrestato, non aveva ancora ucciso; 9 per la rivolta all’Asinara), senza chiedere un solo giorno di permesso premio o di sconto allo Stato, ed è uscito nel 2004; qualche giorno fa, tra di noi, sorridevamo amaramente pensando a come ci si possa reinserire in un tessuto sociale, prima ancora che politico, dopo 30 anni di carcere, di carcere politico vissuta da brigatista; all’epoca ci si dava un tono su una Lancia Fulvia 1.3 a benzina, oggi c’è la nuova 500 che poco mantiene del vecchio modello…chissà come tutto questo risulti strano agli occhi di chi s’è perso 30 anni di Italia.

Non stiamo cercando pietas né compassione per l’arresto di Ferrari; anzi, il suo arresto (per “lancio di 4 pesanti massi”) ci certifica che lui, come gli altri inquisiti, era al posto giusto al momento giusto. A fare la cosa giusta. Ci disgusta solo l’uso politico di azioni simili, non certo iniziate oggi e tantomeno oggi terminate. Il fil rouge tracciato da Caselli vuole evidenziare una netta continuità tra la declamata eversione degli anni ’70 e l’attuale fase di lotte sociali, frutto della crisi che attanaglia l’intero sistema-mondo. Il problema che la nostra magistratura democratica dovrà risolvere è però un altro. Il movimento No Tav, ma più in generale la lotta contro lo stupro dei territori, le lotte sociali contro la precarizzazione del lavoro e delle vite… non sono lotte che possono essere frammentate da teoremi politici di basso livello. Non possono essere sconfitte accusandoci di eterodossia eversiva. Non permettono di farli trincerare dietro la costruzione politica del nemico perfetto e la sua demonizzazione mediatica. I nostri carcerieri non possono ignorare l’estensione di questo dissenso, la sua fermezza e la sua forza (numerica e qualitativa). Per questo ribadiamo la nostra complicità a tutti coloro cui è stata tolta la libertà dal teorema Caselli e rilanciamo l’invito uscito in questi giorni a partecipare alla grande manifestazione nazionale di sabato 25 febbraio a fianco del popolo No Tav.

A SARA’ DURA!!