Il nostro sciopero sociale, tra le ferite delle borgate popolari

Il nostro sciopero sociale, tra le ferite delle borgate popolari

Il nostro sciopero sociale è passato tra le piaghe della crisi delle borgate, dei quartieri popolari, sempre più attraversati da rigurgiti rabbiosi da sottrarre al populismo dell’estrema destra. In particolare, insieme alle strutture presenti nel territorio di Cinecittà – Carc, Corto Circuito, Spartaco, Lottantuno, USB – stiamo dando vita ad una lista di lotta per i disoccupati del territorio, uno sportello sociale che ha l’ambizione di organizzare chi un lavoro non riesce a trovarlo ma per questo non decide di arrendersi alla “svolta individuale”. La possibilità di una mobilitazione costante, politica, intorno alla tematica del lavoro e della disoccupazione, è la nostra scommessa per il futuro, almeno su un piano sociale-territoriale. Venerdì ha segnato l’avvio di questo percorso, che vedrà una grande assemblea di quartiere allo spazio sociale Lottantuno giovedì 27 novembre, alle ore 18.00. Proprio per questo, evitando le solite, ma assolutamente legittime, concentrazioni comuni, abbiamo preferito declinare il nostro contributo allo sciopero sociale in chiave territoriale attorno alla tematica del lavoro. Di mattina abbiamo occupato il centro per l’impiego di via Vignali, presentando ufficialmente la lista “disoccupati in lotta” del VII municipio, mentre nel pomeriggio abbiamo partecipato al corteo di quartiere di Cinecittà, un corteo che ha visto la presenza di più di duemila persone e che ha attraversato i quartieri del municipio chiedendo lavoro, sanità pubblica e più servizi sociali per il quartiere. Una scelta di campo, decisiva in tempi di rabbia popolare cavalcata dalle destre razziste di ogni latitudine, e che potrebbe portare alla formazione di un blocco sociale potenzialmente mortale per le ragioni della sinistra di classe. Se il nemico da combattere è la nascita di una destra inserita nelle contraddizioni popolari, l’unico strumento possibile è tornare nei quartieri e nelle borgate delle metropoli colpite della crisi e dalle politiche di esclusione targate centrosinistra, cercando di sottrarre spazio e agibilità alla possibile ondata neofascista, razzista e populista. E’ un lavoro grigio, dai risultati precari e dalla scarsa visibilità mediatica. Ma è l’unico modo che abbiamo per riacquisire quell’internità nei quartieri popolari vinti altrimenti alla solita dinamica della guerra tra poveri che alimenta solo le ragioni politiche dell’estrema destra a là Borghezio. Solo il pensiero che Borghezio abbia potuto camminare per Roma senza essere preso a mattonate in faccia non ci fa dormire la notte. La saldatura politica tra Lega Nord e Casapound la dice lunga sulla credibilità di quest’ultima, ultimo passo verso l’infamità anti-romana e anti-popolare dell’organizzazione nazista di Iannone. Per ora il ridicolo tentativo di inserirsi nelle contraddizioni popolari sta fallendo, e la presenza di Di Stefano e Antonini insieme a Borghezio a Tor Sapienza la dice lunga sulle capacità di queste forze di cavalcare spinte sinceramente popolari, anche se deviate da un razzismo pervicace che non riesce a individuare il proprio nemico di classe se non nel soggetto sociale ancor più debole. Non sappiamo quanto potrà durare questo retaggio antifascista sebbene non antirazzista di queste borgate. Sicuramente, l’assenza delle sinistre da questi contesti, o peggio ancora la contrapposizione frontale, non farà che consegnare tale disagio popolare alla sponda politica di un’estrema destra capace di dare risposte immediate e istintive. E’ qui che si gioca la battaglia del prossimo futuro nelle metropoli italiane, Roma in primis. E’ qui allora che i compagni hanno il dovere, non solo il diritto, di intervenire.