Il boicottaggio a corrente alternata dei professori del moralismo sionista

Il boicottaggio a corrente alternata dei professori del moralismo sionista

 

Da qualche tempo va avanti l’esplicita richiesta di boicottare l’Arabia Saudita in ogni sua forma. A seguito dell’ennesima decapitazione ingiustificata, i media chiedono a gran voce una presa di posizione da parte del governo italiano. Paolo Mieli sul Corriere non solo critica il silenzio italiano sulle decapitazioni saudite, ma si chiede anche perché venga tollerato dalla comunità internazionale un paese tanto platealmente ostile ad ogni diritto umano. “L’11 gennaio scorso, due giorni dopo che Raif aveva ricevuto la sua prima razione di frustrate, l’ambasciatore saudita a Parigi partecipava contrito alla manifestazione di solidarietà per gli uccisi della redazione di Charlie Hebdo. Grande e pressoché unanime fu il plauso mondiale per l’iniziativa di pubblico cordoglio senza che nessuno rilevasse quell’impropria presenza.” Questo un estratto dell’articolo dello scorso 30 settembre. Che si chiudeva con la speranza che il Salone del libro di Torino rifiuti “la scellerata” presenza dell’Arabia Saudita quale ospite d’onore del 2016 al Salone stesso. Tacciamo del resto dei media, dall’Unità a Repubblica, tutti in prima fila a difendere i diritti umani contro i cattivoni sauditi. Benissimo, aggiungiamo noi, era ora che anche le sirene liberali criticassero il regime saudita filo-americano. I conti però non tornano riguardo all’esplicita richiesta di boicottaggio verso il paese arabo. Gli stessi personaggi che da anni attaccano frontalmente la campagna Bds di boicottaggio dei prodotti israeliani, i moralisti a corrente alternata à la Pierluigi Battista, quello che dichiarava che “chi collabora con l’antisemitismo, chi non dice una parola sulla caccia all’ebreo merita di veder giudicato il suo boicottaggio con parole che non siano troppo indulgenti: una schifezza antisemita”, oggi invocano proprio la pratica del boicottaggio verso un altro paese? Ma come, ci chiediamo, non erano proprio questi personaggi a spiegarci come la pratica del boicottaggio, colpendo nel mucchio indifferenziato degli israeliani in quanto tali, fosse di per sé antisemita e razzista? Una pratica che non individuava un colpevole politico, ma una popolazione nel suo insieme? Per non dire degli applausi a Renzi che dichiarava alla Knesset di voler impedire per legge il boicottaggio di Israele? Niente discussioni etiche sembrerebbero riguardare il boicottaggio dell’Arabia Saudita, popolata evidentemente da persone non degne di dubbi morali, eppure, a ben guardare, semiti esattamente come gli ebrei, ma semiti di serie b probabilmente agli occhi dei sionisti d’Italia. In realtà, molto più prosaicamente, alla lobby assolutamente trasversale dei filo-sionisti italiani del boicottaggio in sé non frega nulla. E di fronte ad un paese arabo, le capriole intellettuali capaci da una parte di avversare il boicottaggio di un paese che produce migliaia di morti palestinesi l’anno, e dall’altra di promuoverlo per un paese che in dieci anni ha condannato a morte 200 persone, raggiungono livelli paradossali. Per quanto ci riguarda, ben venga ogni forma di boicottaggio verso l’Arabia Saudita, l’altra faccia del potere sionista in Medioriente. Ma che non siano quei quattro sòla liberisti a farsi portavoce della campagna di boicottaggio.