facciamogli venire l’appendicite…
In attesa dei risultati del referendum della paura suggeriamo la lettura di un interessante articoletto pubblicato oggi dal Corriere della Sera (ebbene si, ogni tanto capita anche a loro) da cui saccheggiamo alcuni stralci. A pagina 12 il giornalista Marco Imarisio riporta le voci dal ventre della balena di alcuni operai che si chiedono come cambierà la loro vita in fabbrica se l’accordo dovesse passare. Al di la dell’approccio un po’ paternalista dell’estensore vale la pena riportare alcune di queste considerazioni che secondo noi valgono più di mille pippotti ideologici. Il primo operaio intervisato lavora al reparto montaggio da 13 anni e ogni santissimo giorno deve fissare 320 bulloni e 660 chiodi maneggiando una macchina ad aria compressa del peso di 5,8 Kg, il tutto per otto lunghissime ore passate in piedi. <Io ho bisogno di sapere se con questi nuovi ritmi di lavoro non corro il rischio di “imbarcarmi”, e come verranno calcolati i tempi di lavoro, che sono poi quelli che definiscono il mio spazio in linea>. A Mirafiori ci si “imbarca” quando non si sta più dietro alla catena di montaggio, il nastro scorre e nel rincorrerlo finisci addosso all’operaio che ti precede. Il tempo di lavoro invece è la definizione del tempo che ti occorre per mettere un gommino, o le guarnizioni di plastica della portiera, e ogni operazione è compresa in un intervallo che sta tra i 60 e i 180 secondi. In un post precedente abbiamo visto (leggi) che con il nuovo metodo di misurazione della prestazione lavorativa Ergo Uas e con il taglio di 10 minuti di pausa un operaio su 8 ore di lavoro perderà, grazie a quest’accordo, circa 34 minuti di riposo. Ora facendo un calcolo approssimativo nel tempo di riposo sottrattogli l’operaio farà dalle 34 alle 11 operazioni in più, si stancherà di più, produrrà molta più ricchezza per il padrone e ne ricaverà “ben” 1,5 euro in più lordi al giorno. Tolte le tasse, neanche il prezzo di un cornetto. <Anche le distanze diventano importanti, se cambiano le pause io ce la faccio a correre in mensa e tornare? (…) queste cose, che per voi sono piccole, per noi sono la vita>. Ecco ora un altro operaio che da 17 anni lavora alle presse <Nel 2007 mi hanno operato al tendine carpale, sono uno di quelli che rischia di “sfasciarsi”, noi operiamo su macchine automatiche, dalle quali non ti puoi difendere, quelle vanno avanti comunque, quindi voglio capire come verrano gestiti gli RCL, i lavoratori a ridotta capacità lavorativa, perchè tra poco sento che diventerò uno di loro>. Anche qui l’accordo è cinicamente chiaro, con le nuove postazioni ideate col metodo Ergo Uas molti di quelli che fino a ieri erano considerati inidonei al lavoro alla catena verranno riclassificati e torneranno più abili che dopo una gita a Lourdes. E poi l’articolo chiude con una considerazione di un altro operaio che non possiamo sottoscrivere <andate tutti a fare in culo, tanto domani vi siete già dimenticati di noi>. Vengono in mente alcune parole scritte da Marx qualche anno fa: Nel sistema capitalistico, tutti i metodi per moltiplicare la potenza del lavoro collettivo si eseguono a spese del lavoratore individuale; tutti i mezzi per sviluppare la produzione si trasformano in mezzi di dominio e di sfruttamento del produttore; essi fanno di lui un uomo mutilato, atomistico, o l’appendice di una macchina; gli oppongono come tanti poteri ostili le potenze scientifiche della produzione; sostituiscono al lavoro come libera espressione di sè, il lavoro forzato; rendono le condizioni in cui il lavoro si svolge, sempre più anormali e sottomettono l’operaio, durante la sua prestazione, ad un dispotismo tanto illimitato quanto meschino; essi trasformano la sua intera vita in tempo di lavoro e gettano sua moglie ed i suoi figli sotto le ruote dello Jagernaut capitalistico. Che dire, ci vedeva lungo il vecchietto, no? E comunque, visto che siamo stati trasformati in appendici vediamo di riuscire almeno a fargli venire una bella appendicite, hai visto mai che prima o poi sfoci in una peritonite e che il paziente muoia?