doctor Jekill e Mister marchionne

doctor Jekill e Mister marchionne

Descrizione della prima pagina della sezione economia del Corriere della Sera di lunedì 2 agosto. I due terzi dello spazio disponibile sono occupati da un lungo articolo sul calo delle immatricolazioni auto nel 2010. Secondo quanto riportato dal presidente di federauto il mese di luglio si chiude con un pesantissimo -25,7% che diventa un -30% per le automobili FIAT. Il giornalista che firma il pezzo spiega che questi dati sarebbero assai più pesanti se li si depurasse dalle autoimmatricolazioni, un escamotage adottato dalle concessionarie per “gonfiare” i volumi di vendita, e che i posti di lavoro a rischio sono oltre 650.000. Il cronista spiega anche che il trend negativo dura ormai da tempo e che gli incentivi degli anni passati hanno solo rallentato ma non invertito la tendenza. Terminato l’articolo un lettore medio ne trarrebbe giustamente la conclusione che il “mercato” non riesce più ad assorbire il volume di automobili  complessivamente prodotte dalle industrie del settore, ovvero che al momento si producono troppe auto. Il resto della pagina del Corriere è però occupato da un articolo che sostiene esattamente il contrario, ovvero che il problema, soprattutto in Italia, è quello della produttività. Ossia si produce troppo poco per ora lavorata, e si fa il paragone con la Germania dove, a detta del giornalista, nel settore auto gli accordi “alla Pomigliano” sarebbero ormai la norma e dove la tendenza sarebbe quella dell’aumento dell’orario di lavoro. Ma allora chi ha ragione, dottor Jekill o mister Marchionne? Si produce troppo o troppo poco? La realtà è che restando all’interno dei dogmi imposti dall’economia capitalista il problema è irrisolvibile. Il volume complessivo di auto prodotte eccede di gran lunga le capacità del “mercato”, le merci restano invendute e gli investimenti si bloccano perchè non c’è più alcuna prospettiva di valorizzazione del capitale impiegato. Io investo il capitale X perche alla fine del processo, una volta venduto ciò che ho prodotto, conto di ottenere X+Y. Ma se le merci mi restano in magazzino… addio profitti. E di fronte alla generalizzazione di uno scenario del genere, che non è l’eccezione ma la regola ciclica dell’economia capitalista, l’unica soluzione che sanno immaginare i Marchionne e gli altri alfieri del liberismo è appunto quella di produrre di più ma a minor costo, così da sperare di sottrarre quote di mercato alle industrie concorrenti. Peccato però che chi lavora per loro è anche chi poi compra le loro macchine, e se mi continui a ridurre il salario come pretendi che poi io spenda soldi per le tue auto? Un paradosso irrisolvibile, appunto.