Dicono i muri

Dicono i muri


Tribunale del popolo

Cancelliere: “Compagni silenzio, entra la corte!”
Presidente: “Introducete l’imputato”
Cancelliere: “Questo tribunale è costituito dai compagni Bruni, meccanico Gianni, taxista Rossi, contadino Paoli, studente Neri, pensionato Presiede il compagno Boni, tranviere”
Accusatore: “L’imputato ha confessato,
propongo sia interrogato”
Presidente: “Compagno imputato,
perchè hai commesso
questo reato?
Vuoi dirci in cosa
abbiamo sbagliato?”

Sante Notarnicola
Volterra 13 febbraio 1971

L’hanno detto gli ex detenuti, i compagni, le associazioni, gli osservatori, l’Istat, i centri di ricerca, alcuni partiti, gli assistenti sociali, gli avvocati e i giudici. L’hanno detto pure quegli infami dei secondini. L’hanno detto dall’Europa e da Strasburgo e quindi dopo essere stati scoperti hanno iniziato a dirlo in Italia anche ministri, senatori, Presidente della Repubblica, sinistra, destra, centro e costanti indignati. In carcere si vive in condizioni di totale annientamento della persona e della sua dignità, da un punto di vista fisico, psicologico e, per chi ci finisce per aver lottato contro il sistema che lo ha creato, politico. Si parla di uno stato di totale abbandono dei detenuti e delle loro famiglie, di sovraffollamento, di violenze e di speculazioni, con buona pace dell’improbabile funzione “rieducatrice” tanto decantata dagli esperti in materia. Senza contare tutti quegli strumenti repressivi che negli anni lo Stato ha raffinato ed adattato alle condizioni politiche e sociali del paese, da torture come il carcere duro, l’isolamento e il 41bis, ideate per reati di stampo mafioso e poi prontamente riadattate per i detenuti politici, alle carcerazioni legate alla Bossi-Fini e annesse leggi sull’immigrazione, alle assurde misure adottate sempre più in nome di escamotage linguistici, tanto cari ai giornali, quali “terrorismo” o “pericolosità sociale”.

Questo Settembre si è mosso qualcosa di diverso e ora tutto questo ce lo stanno dicendo gli stessi detenuti, organizzandosi e coordinandosi in una protesta mirata a richiamare l’attenzione e a creare una rete di unità e solidarietà tra chi è in carcere e chi sta fuori. Per questo non possiamo che supportare e diffondere queste giornate di scioperi della fame e proteste autodeterminate, convinti che la solidarietà sia il primo passo necessario per la condivisione delle lotte. Per questo la campagna contro la “tortura di Stato” viaggia e si coordina insieme a molte delle campagne che in questi mesi stanno animando il fronte di lotta contro la repressione. Per rompere il muro del silenzio, anche i muri devono tornare a parlare.

Di seguito riportiamo il comunicato del coordinamento dei detenuti.

Il coordinamento dei detenuti nato in maniera spontanea alla vigilia della manifestazione nazionale di Parma del 25-5-2013 [https://www.militant-blog.org/?p=9146] ha come obbiettivo coordinare e aiutare tutte le mobilitazioni contro le condizioni disumane a cui tutti i detenuti sono quotidianamente posti e alle barbarie del sistema giuridico italiano. Abbiamo indetto, come già comunicato durante questa estate, una mobilitazione nazionale per il mese di settembre che avrà inizio il giorno 10 e fine il giorno 30 dello stesso mese. È nostra intenzione far sentire la nostra voce e protestare contro la situazione esplosiva delle carceri italiane, la quale vede un sovraffollamento intollerabile con detenuti ammassati in celle lager, in condizioni igieniche e strutturali al limite dell’indecenza, speculazioni sui prezzi della merce, trattamenti inumani, abusi di qualsiasi genere e troppo, troppo altro ancora. Non possiamo inoltre esimerci dal protestare contro quelle forme di tortura legalizzata in cui versano gli internati nei regimi 41bis, 14bis e Alta Sorveglianza, che vengono quotidianamente uccisi, psicologicamente e fisicamente. Chiediamo quindi l’abolizione di questi strumenti degni della peggior dittatura e l’abolizione della legge Cirielli. Per la riuscita della mobilitazione chiediamo un aiuto particolare a tutti coloro che stanno vivendo sulla propria pelle la repressione dello stato italiano anche se non con il carcere. Sappiamo che centinaia di compagn@ sono oggi sottoposti agli arresti domiciliari o ad altre forme di privazione della libertà per la sola colpa di essersi opposti al sistema costituito. La nostra richiesta va, insieme alla nostra solidarietà, a tutti coloro che sono indagati per le loro idee politiche, per aver difeso il proprio territorio dalle speculazioni o essersi opposti con l’azione diretta al potere costituito. Chiediamo il vostro contributo attivo a questa mobilitazione perché pure voi state vivendo sulla vostra pelle la dittatura che si cela dietro le parole “legalità” e “sicurezza”.

Il primo passo per spezzare queste catene è rompere il muro dell’indifferenza.

La solidarietà è un’arma usiamola!

Chiediamo a tutti i compagn@ che leggeranno il comunicato di dare il loro impegno, aderendo come ritengono più opportuno alla protesta (noi detenuti attueremo lo sciopero della fame dal 10 al 18 settembre, e dal

18 al 30 settembre forme di protesta concordate e ritenute più idonee a seconda del carcere) e di diffonderlo ai loro conoscenti.