Charlie e i dannati della metropoli

Charlie e i dannati della metropoli

In questi giorni abbiamo volutamente evitato di alzare, anche solo virtualmente, matite e cartelli per testimoniare il nostro “essere Charlie”. Questa scelta non è statta dettata dall’indifferenza, da un vezzo anticonformista o da una malcelata simpatia nei confronti degli jihadisti, quanto piuttosto da una considerazione che andavamo maturando man mano che i fatti assumevano i contorni ormai noti a tutti. A dispetto degli sciacalli che fin da subito hanno provato a capitalizzare politicamente l’irruzione nella sede di Charlie Hebdo, nessuno dei tre assalitori era un immigrato “barbaro” venuto da fuori ad invadere la cristianissima Europa. Tanto i fratelli Koauchi che Amedy Coulibaly erano nati e cresciuti nei dintorni di Parigi, erano dei banlieusard formalmente “francesissimi” eppure assolutamente alieni alla società ufficiale. Cittadini di una colonia interna come altre migliaia di salariati “francesi”. Anche le biografie che adesso vengono proposte dai media ufficiali, se corrispondenti al vero, sono significative, con il passaggio  dalla piccola delinquenza alla radicalizzazione religiosa mediato dalla permanenza in una qualche istituzione totale. Come comunisti e come rivoluzionari crediamo che il vero nodo da affrontare stia proprio qui: fino a non molti anni fa la rabbia, la sacrosanta rabbia di questi proletari avrebbe incontrato un processo di emancipazione collettiva capace di indicare loro un’idea di società diversa, migliore. Oggi invece quest’odio viene intruppato e convogliato dall’Islam politico in un progetto reazionario e retrogrado, tanto nelle periferie delle metropoli quanto in molte periferie del mondo. E noi, che ci piaccia o meno, saremo chiamati prima o poi a farci i conti, perchè è nel nostro campo che questa egemonia si esercita.

C’è poi un altro aspetto di questa vicenda che ci ha colpito, ed è stato vedere molti, anche a sinistra, ergersi di scatto a difesa della liberta di stampa, dimenticando (o ignorando) che in sistema imperialista i media non sono mai “neutri”, ma rappresentano sempre uno strumento di costruzione del consenso e di controllo dei subalterni (leggi). A costo di apparire impopolari diciamo chiaramente che prendere per il culo le credenze o la religione degli oppressi non è satira, è propaganda bellica.  E la Francia (come dimostrano la Libia, la Siria, il Mali, tanto per fermarci agli ultimi anni) è un paese impegnato in un aggressione neocoloniale insieme e in competizione con i suoi alleati europei e nordamericani. Dunque poco importa se contemporaneamente si sbeffeggia il clero cattolico o qualche autorità religiosa ebraica, perchè non può esserci simmetria tra dominati e dominanti. Neanche a farlo apposta la tragica cronaca di questi giorni ce ne ha fornito un assaggio. Mentre tutta l’attenzione dell’occidente era concentrata sulle strade della capitale francese in Nigeria i guerriglieri di Boko Haram sferravano un secondo attacco contro la cittadina di Baga lasciando sul campo decine, forse centinaia di vittime. Eppure la notizia è stata relegata in fondo ai giornali e ai servizi televisivi per poi scomparire definitivamente il giorno dopo, a dimostrazione che una vittima bianca e occidentale sulla bilancia dei media “pesa” quanto qualche decina di africani, anche quando l’assassino è comunque un estremista islamico.

Anche per queste ragioni, come scrivevamo all’inizio, nous ne sommes pas tous Charlie!. Nè tantomeno voteremo i “crediti” alla guerra di civiltà che ci si sta prospettando, perchè il nostro posto sarà sempère e comunque dalla parte dei dannati della metropoli.