2 o 3 cose sulla visita di Gheddafi in Italia

2 o 3 cose sulla visita di Gheddafi in Italia

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Troppo se ne è parlato, a questo punto due cose le diciamo anche noi.

La visita del leader libico in Italia ha dell’incredibile. Un leader formalmente di sinistra, socialista e anticolonialista, contestato dai movimenti sociali della città, è invece invitato ed accolto con tutti gli onori da un Governo di centrodestra. C’è sotto qualcosa. Probabilmente, milioni di euro; ma andiamo con ordine.

Innanzitutto, una cosa passata in secondo piano è il quadretto che Gheddafi, al solito abbigliato come un albero di Natale, si è portato appresso al momento dell’incontro con Berlusconi all’aeroporto. Ora, probabilmente è di poco conto, ma come è stata riportata la notizia dai giornali di quel quadro e del personaggio nella foto è a dir poco vomitevole. Al Muktar, eroe della resistenza libica contro il colonialismo e il fascismo, viene dipinto come l’eroe anti-italiano. Così…en passant, la si butta sul nazionalismo. Sarà di poco conto, ma descrive più di mille concetti a cosa è arrivata la mistificazione della storia in questo paese, nonché il livello dei media presente oggi in Italia, a dir poco penoso. Un partigiano libico, antifascista e anticolonialista, viene dipinto come un anti-italiano senza spiegare ragioni e motivazioni di quella sua anti-italianità, che in realtà era lotta contro il fascismo e l’invasore colonialista. Tanto per dire, al personaggio summenzionato è stato dedicato anche un film, “il leone del deserto” mi sembra a memoria di ricordare, ancora oggi censurato in Italia dopo quaranta (40) anni sulla storia appunto di Al Muktar e della sua lotta contro il fascismo. Nel 2009, tutto questo viene riassunto dai giornali con la definizione “eroe anti-italiano”. Bene così…

Al di la di questo, cosa rappresenta oggi Gheddafi? Sostanzialmente, un tradimento. Un tradimento perché l’esperienza del socialismo arabo da lui incarnata fu per molti anni una speranza. Senza ricordare i fasti del libretto verde, basterebbe evidenziare come la Libia sia uno dei rarissimi casi di paese arabo laico e aperto alla dialettica religiosa; in una regione in cui la chiusura integralista religiosa la fa da padrone, questo è già un punto a suo favore.

Senza dimenticare neanche il fatto che per decenni proprio la Libia è stata l’esponente di punta della lotta all’autodeterminazione dei popoli, della guerra al colonialismo e all’anti-imperialismo. E proprio l’anti-imperialismo ha portato questo Stato a durissimi confronti con gli USA, confronti molto spesso cruenti e oscuri. E noi non dimentichiamo neanche, e soprattutto, come la Libia sia stata per molti anni punto d’appoggio e canale di finanziamento per la varie formazioni europee in lotta contro gli invasori, dall’ ETA agli irlandesi dell’IRA, fino anche ai combattenti palestinesi. Questo non va dimenticato quando si parla di Libia e di Gheddafi.

Detto ciò, ci rendiamo anche conto di come ragionamenti di interesse economico e di sdoganamento politico abbiamo influito in questi anni su Gheddafi, tanto da abdicare a quel tipo di esperienza, dapprima riconciliandosi con gli Stati Uniti, poi scendendo a patti sulla pelle dei migranti con i governi europei, primo fra tutti quello italiano. Ed è proprio questo quello che viene contestato oggi al leader libico. E dal discorso tenuto all’università, non si può dare torto a chi glie ne chiede conto. Insomma, i finanziamenti occidentali possono tanto, ma arrivare a dire che i migranti devono essere fermati e rispediti a casa perché non sono prigionieri politici ma semplici pezzenti che cercano di raggiungere l’Europa, non capiamo veramente che tipo di giustificazione possa essere. Insomma, non c’è giustificazione che tenga agli accordi sull’immigrazione con i governi europei. E’ un tradimento, in diretta continuazione con il cambio di orizzonti politici del leader libico in questi ultimi anni.

Lontana da tutto questo è sembrata essere la politica italiana, in questi giorni. Fosse stato un altro, il governo avrebbe gridato al dittatore da spodestare, possibilmente con una bella guerra preventiva. E invece, accordi di frontiera a parte, la costruzione del gasdotto fra Italia e Libia sembra essere un motivo più che valido per accogliere Gheddafi in pompa magna. Questa visita mostra chiaramente tutta l’ipocrisia di cui i governi occidentali sono capaci. Sprezzanti di ogni tipo di coerenza, quando ci sono accordi economici il peggior dittatore diventa il miglior amico, e viceversa. Abbastanza esemplificativo, potremmo dire.

Per concludere quindi, a parte il governo italiano che come sempre lascia il tempo che trova, è giusto oggi contestare Gheddafi? Si e no. Si, perché gli ultimi 10/15 anni rappresentano appunto il tradimento dell’esperienza socialista libica. Tradimento passato dalla riapertura al libero mercato, alla nuova amicizia con gli USA, per giungere agli accordi sui migranti con i governi occidentali.

No, perché fra tutti coloro di cui possiamo pensar male, Gheddafi e l’esperimento libico rappresentano ancora oggi ciò che di più avanzato esiste in quella regione. Perché nonostante tutto, e nonostante non abbiamo alcun problema a definire oggi il colonnello libico né più né meno che uno dei vari presidenti autoritari al soldo delle economie occidentali, la Libia oggi è ancora lo stato più democratico dell’Africa del nord e del medi oriente, un Stato in cui la donna ha gli stessi diritti e doveri dell’uomo, in cui le condizioni sociali sono, tenuto conto della contestualizzazione geografica, comunque le migliori dell’area. In cui l’iniziativa privata è comunque soggetta al bene pubblico e in cui la religione non la fa da padrone ed è ben lontana dallo Stato.

Ci accontentiamo di poco, ma l’alternativa, in quella vasta regione che va dal Marocco all’Afganistan e al Pakistan , non esiste, e la sconfitta del colonnello non aprirà varchi di democrazia ma un ulteriore restringimento delle libertà civili, politiche e sociali per le popolazioni arabe.