vaffanculo a De Coubertin

vaffanculo a De Coubertin

Un’ avvertenza, chi come noi ama il calcio, frequenta i bar di quartiere e sfoglia curioso i quotidiani sportivi non avrà alcuna difficoltà a cogliere con tutte le approssimazioni del caso la metafora che segue, agli altri chiediamo invece di pazientare e sforzarsi per qualche riga.
Immaginate, solo per un attimo, di far parte di una squadra. Allenatore, dirigente, giocatore, magazziniere, ultras o semplice tifoso… il ruolo importa relativamente poco perché il calcio è uno dei residui mondi in cui, nel bene e nel male, si parla ancora utilizzando essenzialmente il “noi”. Abbiamo vinto… abbiamo perso… domenica giochiamo contro…, c’hanno rubato la partita… difficilmente sentirete parlare un tifoso al singolare. Insomma in questo nostro mondo non c’è molto spazio per l’individualismo, siamo soprattutto un io collettivo, una comunità di destino che non stenta a percepirsi come tale, un’identità che è al tempo stesso in sé e per sé. Immaginate adesso che questa squadra abbia anche un nome, scegliete voi… Spartak, Dinamo, Lokomotiv, Partizan oppure Stella Rossa. Ecco, si, per comodità facciamo che ci chiamiamo Stella Rossa. Un bel nome retrò (o come si direbbe oggi, vintage) che ben si attaglia all’abito da veterocomunisti che più di qualcuno vorrebbe cucirci addosso. Come dicevamo la nostra è una squadra con una storia gloriosa che però al momento non se la passa granché bene, le ragioni sono tante e complesse e sicuramente le sconfitte del passato pesano come macigni sul futuro. C’è poi da aggiungere che approfittando di un calciomercato che ormai dura tutta la stagione molti di quelli che credevamo nostri campioni hanno cambiato rapidamente casacca e sono passati armi e bagagli alle altre squadre, e la stessa cosa hanno fatto quella miriade di tifosi occasionali che ci si era avvicinata solo perché il vento soffiava dalla nostra parte. Insomma, qui per i lavoratori di roseo sembrerebbe esserci rimasta solo la Gazzetta. Eppure la Stella Rossa potrebbe contare su una forza potenzialmente enorme visto che gli uomini e le donne che per vivere sono costretti a vendere la propria forza lavoro sono oltre due miliardi. Per di più in un momento storico in le altre squadre nonostante i loro budget milionari, le partite truccate e gli arbitri comprati, arrancano visibilmente mostrando tutti i loro limiti di gioco. Continueranno pure a vincere, questo si, ma non convincono più. E dunque la sensazione è che basterebbero un progetto credibile, un modulo efficace e una filosofia di gioco in cui riconoscersi per tornare finalmente ad inanellare vittorie, ridare fiducia alla squadra e infiammare di nuovo gli spalti. Nel frattempo però, aspettando l’intervento del Lenin ex machina che ci tragga d’impaccio, il torneo e la storia con il loro procedere contradditorio e tortuoso vanno comunque avanti e ci pongono di fronte a delle scelte spesso difficili. Capita infatti che sempre più spesso nella parte alta del tabellone della Power League planetaria siano chiamate a sfidarsi tra loro squadre che non ci piacciono affatto, anzi che ci sono decisamente nemiche. Per chi “tifare” allora? O meglio, chi dobbiamo sperare che alla fine passi il turno visto che lo stallo può essere solo temporaneo? La squadra ricchissima dell’occidente imperialista, con i divi stile MTV in tribuna d’onore e piena zeppa di fuoriclasse patinati capaci di tirare bombe intelligenti? Oppure la squadra canaglia del momento, con le sue armi sporche e la tifoseria becera e oscurantista? Insomma: Bush o Saddam? Clinton o Milosevic? Sarkozy o Gheddafi? Obama o Assad? Un qualsiasi tifoso di calcio in una qualsiasi parte del mondo interpellato in proposito non avrebbe un secondo di esitazione e la risposta suonerebbe più o meno così: spero che vinca (indebolendosi) il peggiore, spero ovviamente che passi la squadra più debole e nel malaugurato caso che invece vada avanti la squadra più forte, spero ardentemente che subisca più danni possibili. E qui non c’entra affatto la storiella del nemico del mio nemico che per questo motivo diverrebbe automaticamente mio amico, perché come premesso noi odiamo entrambe le squadre tanto che le nostre tifoserie si scontrano ogni volta che vengono a contatto. C’entra invece la consapevolezza che la Stella Rossa, se davvero ambisce a mettere le mani su quella maledetta coppa, sarà chiamata prima o poi a confrontarsi  con  chi passerà il turno. E più debole e diviso sarà il nemico del momento, maggiori saranno le nostre chance di vittoria. Perché in fondo è questo che noi vogliamo per la nostra squadra, per la nostra classe, poter tornare a giocarci nel più breve tempo possibile e a livello globale la partita più importante, quella per il potere, inteso qui come l’infinito del possibile. Quindi vaffanculo a De Coubertin, nella Power League l’importante non è partecipare, ma vincere. Messa così la questione su quali posizioni prendere in campo internazionale non è poi così difficile da risolvere, o no?  Chi poi crede che questo sia un ragionamento esclusivamente ideologico farebbe bene a riflettere su quale impatto materiale abbia avuto, tanto per dirne una, l’implosione del blocco socialista sui salari di milioni di proletari al di qua e al di la dell’ex cortina di ferro e comunque per la sinistra platonica, quella convinta di poter “cambiare il mondo senza prendere il potere”, quella che continua a rassicurarci sul fatto che ormai il capitalismo ha i “secoli contati”… c’è sempre il curling.