Il cambio di passo renziano

Il cambio di passo renziano

 

A dispetto della sua immagine, di ciò che dice e dei suoi tweet compulsivi , Renzi non è affatto stupido, e in questi giorni ne abbiamo avuto una decisiva conferma. La nomina di Federica Mogherini a rappresentante della politica estera dell’Unione Europa è un fatto importante, da non sottovalutare, che descrive la capacità di Renzi di leggere le dinamiche politiche molto al di là di quanto potevamo immaginare. Insomma Renzi, a differenza di Berlusconi, Bersani o Letta, può essere politicamente un problema rilevante, e sarebbe opportuno rendercene conto prima di continuare a banalizzarlo (come anche noi in passato abbiamo fatto) quale ennesimo tentativo del PD di trovare il leader “giovanilista” di turno.

I vari commentatori politici e mediatici, anche rilevanti, stanno nei fatti sottovalutando l’operazione Mogherini, descrivendola come manovra più scenografica che di sostanza. E’ vero l’esatto contrario. Oggi il rafforzamento dell’Unione Europa passa attraverso un ruolo politico più che economico. E questo ruolo, che ambisce a diventare coerentemente imperialista, passa attraverso un cambio di passo della propria politica estera. La politica estera della UE è il campo di battaglia nel quale si misureranno le capacità dei singoli Stati di portare avanti la costruzione del polo imperialista, al di là dei particolarismi nazionali. Soprattutto in questa fase storico-politica, dove l’egemonia statunitense dovrà fare i conti sempre più con una intrinseca mancanza di strategia (come confermato dalle recenti dichiarazioni di Obama), e un protagonismo internazionale di attori regionali sempre più decisi a ritagliarsi un ruolo di primo piano nei vari settori geopolitici d’interesse. Siamo di fronte ad un vuoto di egemonia politica sullo scacchiere internazionale, e l’Unione Europea punta a colmare questo vuoto. O meglio, deve colmare questo vuoto, pena la perdita di rilevanza strategica. Una traiettoria tutta da tracciare, e che però è bene farlo tenendo le redini della direzione e non subendola vedendosi emarginato dalle situazioni che contano. Renzi ha capito questo, e dal minuto successivo alla sua vittoria elettorale ha puntato tutto sulla figura del “ministro degli esteri” della UE, cioè della figura politicamente più rilevante in questo momento presente nella costruzione del progetto europeista, perché quella da definire e attorno a cui prenderà vita l’accelerazione accentratrice del polo UE.

Controllando la principale istituzione economico-finanziaria dell’Unione Europea, quella da cui dipende, in sostanza, tutto il resto della politica economica del continente – la BCE – e ora guidando la sua politica estera, Renzi ha ritagliato all’Italia (o meglio per la sua borghesia europeista) un ruolo decisivo per lo sviluppo politico della UE. L’Italia continuerà nel suo percorso di perdita di peso economica e politica nel mondo e in Europa, inevitabile, ma allo stesso tempo Renzi rappresenta al momento, in Europa, quello con le idee più chiare in merito alla direzione politica da intraprendere. Questo fatto non va sottovalutato, e anzi sarebbe un errore imperdonabile volgarizzarlo. Troppi gli indizi a questo riguardo. Lo smarcamento dell’Italia dalla politica di chiusura verso la Russia nella crisi ucraina; il viaggio di Renzi in Iraq; l’imposizione italiana nei confronti dell’Europa sul problema migranti; l’asse con la Francia in vista di una definizione degli obiettivi politici europei. Insomma, un protagonismo davvero sui generis per un paese che conta poco e conterà sempre meno nello scacchiere internazionale, e che vede apparentemente più impellenti i propri problemi economici.

Renzi ci sembra aver capito una cosa. Sebbene saldo dal punto di vista economico e omogeneo nella visione di fondo ideologica, il progetto europeista ha bisogno di una sterzata politica non indifferente, perché la UE manca ancora di una cosa: un proprio ruolo specifico nel mondo, pari almeno alla sua forza economica, e che possa cementare proprio questa forza economica. E’ questo il progetto dell’èlite dominante europea, quella borghesia transnazionale di cui Renzi incarna lo spirito più cosciente e più predisposto alle fughe in avanti. Il fatto di essere riuscito nella sua manovra ne conferma anche la sua capacità, e questa sua forza sarà un problema soprattutto per quelle forze di sinistra che continueranno a porsi sullo stesso piano politico, e che le vedrà sempre perdenti. Combattere Renzi non sarà facile, servirà un cambio di paradigma e un salto culturale non indifferente, tutte cose che al momento non si intravedono all’orizzonte.