Le parole della Carovana: intervista ad un compagno di ritorno dal Donbass

Le parole della Carovana: intervista ad un compagno di ritorno dal Donbass

 

Di seguito, riportiamo un colloquio che abbiamo avuto con un compagno della rete Noi Saremo Tutto, di ritorno dalla Carovana Antifascista nel Donbass. Una specie di intervista che speriamo possa servire a rispondere a quelle domande, sospetti e più o meno legittimi dubbi sulla lotta antifascista in Ucraina e sulla natura della Carovana Antifascista. Un’opinione che non vuole essere né un report della Carovana, né la posizione ufficiale di NST, quanto delle impressioni a mente fredda sulla delicata iniziativa di cui siamo stati protagonisti e co-organizzatori. L’opinione informale di un compagno che ha potuto vedere con i propri occhi, sentire con le proprie orecchie, toccare con le proprie mani, una lotta antifascista nel cuore dell’Europa liberista. Un contributo in più, secondo noi importante, per farsi un’idea più precisa di quello che sta avvenendo nel Donbass. Buona lettura…

 

 

  • Anzitutto, vorremmo avere una tua impressione generale, a mente fredda, della carovana per il Donbass. Ci piacerebbe capire che sensazioni ti ha lasciato questa esperienza, se la giudichi positiva o sono più i limiti che hai riscontrato in un approccio di questo tipo alla situazione ucraina.

L’ultimo frame che ho in testa è il viaggio notturno verso l’aeroporto da cui avrei preso l’aereo la mattina successiva… Una coppia di compagni antifascisti di Mosca mi hanno gentilmente portato in macchina, attraversando l’immensa periferia della Capitale. Ad un certo punto mi hanno detto di un loro amico che è andato a combattere in Donbass, scomparso da mesi e probabilmente morto, che aveva saputo della Carovana ed era entusiasta di potere ascoltare la Banda, tra l’altro desideroso di poterla scortare lui steso, insieme agli altri miliziani, all’interno della Novorossia.

Ogni qual volta sentirò: “Figli della stessa rabbia”, penserò a lui…

Ecco, la nostra breve e per niente semplice iniziativa è stata costellata di queste esperienze che ti entrano sotto-pelle, ti fanno dimenticare le notti pressoché insonni, i lunghi viaggi, le estenuanti e infruttuose attese vicino alla frontiera, i continui sbalzi climatici di un paese che è un continente, le difficoltà a stare tutti uniti, quando è un impresa comunicare il più possibile in tempo reale con l’esterno, ed è veramente impegnativo cercare di fare sempre la scelta più adeguata per sé e per gli altri…

La carovana ci ha dato modo di approcciarci alla complessità di un contesto politico-sociale specifico che ha bisogno di un solido impianto analitico per potere essere compreso, ci ha fatto conoscere tra compagni provenienti da differenti luoghi dell’Europa del Sud (penisola iberica, Italia e Grecia) e tra compagni italiani stessi, ci ha fatto incontrare e confrontare con una gamma di persone molto vasta: dall’uomo della strada al deputato comunista cosacco, dall’antifa al miliziano monarchico che ha studiato a Cuba, dall’ex ufficiale dell’Armata Rossa di stanza in Afghanistan al chirurgo di un ospedale locale…

Soprattutto attraverso la nostra iniziativa la “tendenza alla guerra” in quel quadrante geografico è stata al centro dell’attenzione di un numero consistente di compagne e compagne in quei giorni non solo in Italia…

Poi la serata con gli ex-miliziani e miliziane, ora esercito regolare della Novorossia è stata una più unica che rara occasione di confronto e di condivisione e di una performance musicale collettiva davvero notevole e culminata con un abbraccio in cerchio sulle note di “bandito senza tempo”…

I limiti direi che sono stati dovuti alla situazione “oggettiva” in cui ci siamo trovati e in cui penso che ci siamo districati, ai tempi “ristretti” che questo tipo di iniziativa ti costringe e che devi ottimizzare al meglio, alla possibile “estemporaneità” se il lavoro che ha preceduto e che ha accompagnato questa iniziativa si esaurisce solo in un bilancio e in qualche aneddoto da raccontare ad amici e compagni.

Pensare che poi uno striscione fatto dalla Rete Noi Saremo Tutto, concepito mesi fa per una iniziativa importante ma che non andava al di là della valenza di testimonianza etico-politica del tipo “una goccia nell’oceano”, ha fatto tanta strada divenendo una sorta di “cristallizzazione rappresentativa” a livello internazionale della solidarietà con il Donbass ed ora è nelle mani di coloro a cui la nostra solidarietà era indirizzata non è proprio una cosa di poco conto…

  • Sappiamo che vi siete confrontati con le varie organizzazioni comuniste presenti sia in Russia che in Ucraina: puoi darci una rapida sintesi delle organizzazioni presenti al fianco della lotta antifascista, e le loro varie posizioni? Soprattutto, le differenze sostanziali che hai potuto notare tra le sinistre europee e quelle russe o ucraine? Ci viene in mente il ruolo del KPFR di Zijuganov, da molte parti criticato in Europa per i suoi cedimenti pan-slavisti e la sua sostanziale a-conflittualità verso il potere di Putin.

Diciamo che il tratto  che accomuna le varie esperienze della sinistra russa e ucraina, ma direi di una parte cospicua e visibile della popolazione, è la solidarietà con la Novorossia, che comunque interessa un arco molto vasto di organizzazioni politiche (clero ortodosso, veterani dell’esercito, filo-monarchici)  tranne naturalmente quelle legate agli oligarchi filo-occidentali e ai fascisti…

Vi è la percezione di essere soggetti ad una aggressione a tutto campo da parte dell’ Occidente, Europa e Usa, senza cadere in una retorica sciovinista che identifica “i governanti” con “i governati”, attribuendo alle singole popolazioni europee le responsabilità di chi le “rappresenta”.

Vi è una grandissima attenzione da parte dei media russi ad ogni manifestazione di dissenso rispetto alle politiche belliciste europee, per esempio e la nostra iniziativa ha avuto un risalto notevole sui mezzi d’informazione russi. Poi gli sguardi commossi delle persone alle nostre risposte quando incuriositi dalla nostra presenza ci domandavano cosa fossimo andati a fare lì, dicono molto di più di ogni “posizionamento” ufficiale di qualsiasi organizzazione politica a  sinistra.

Non si può liquidare su due piedi la questione delle differenze tra le varie esperienze della sinistra russa, che vanno da una organicità con l’attuale blocco governativo con tutte le sue contraddizioni, rappresentandone l’ala più “socialdemocratica” in senso welfaristico e “patriottica” nel senso della tradizione Grande Guerra Patriottica contro il nazismo (1941-45), come il KPFR, che ha percentuali elettorali non proprio insignificanti, fino alla critica più serrata che però riguarda una piccola porzione politica “a sinistra” e che è del tutto ininfluente a livello sociale. Compagni con cui magari ci si ritrova maggiormente a livello di analisi e che è giusto sostenere, ma che non riescono a sviluppare, per tutta una serie di ragioni, tra cui tra l’altro margini di azione politica limitati, un intervento che coaguli una porzione sociale significativa.

Per farvi un esempio, l’estrema sinistra con posizioni e un linguaggio più simile a noi in senso lato, a Mosca non riesce a costruire mobilitazioni che superano un centinaio di persone, stando a ciò che ci ha riferito un compagno ucraino “esule” che vive a Mosca ed è vicino a queste posizioni, e su quella più “libertaria” tanto cara ad una cospicua parte del movimento in Italia che scende in piazza con fascisti ed oligarchi ultra-liberisti meglio stendere un velo pietoso…

Certo non solo a “sinistra”, nessuno a quella latitudine ha la minima fiducia nell’edificio politico europeo.

In Ucraina il quadro è ancora più complesso: è una notizia recente la creazione del Partito comunista nel Donetsk, che tra l’altro sta intavolando una trattativa elettorale (e non di fusione politico-organizzativa) con il raggruppamento marxista indipendente Borotba, come ci è stato confermato da un loro esponente in questi giorni, partito che ha dichiarato che sosterrà la candidatura di Zakharchenko alle prossime elezioni, che diciamo abbiamo delle difficoltà ad includere nell’album di famiglia.

Capite la complessità della situazione…

Diciamo che è assolutamente indispensabile ricostruire un ponte tra noi e le organizzazioni della sinistra sia russa che ucraina, anche perché le menzogne di guerra sono il pane quotidiano dell’intossicazione mediatica di cui in ogni modo, anche se indirettamente e criticamente siamo succubi…

  • Che impressione hai avuto, se avete avuto modo di farvi un’opinione in merito in così pochi giorni, del ruolo della Russia nella vicenda Ucraina in generale e rispetto alla carovana in particolare? C’è stato da parte russa un sostegno attivo, una sostanziale indifferenza o addirittura un tacito fastidio per la presenza nel suo territorio di una carovana antifascista?

Penso che il margine stretto entro cui ci siamo mossi sia stato essere ben accetti fino al momento in cui non fossimo divenuti un “caso diplomatico” strumentalizzabile dall’Occidente, mostrando come la Russia stessa non rispettasse i termini del cessate il fuoco di Minsk da lei stessa proposti, in particolare rispetto al controllo dei confini.

Abbiamo avuto la sensazione di essere stati continuamente “accompagnati”, ma difficilmente nelle forme che ha preso l’iniziativa poteva essere altrimenti, d’altronde non siamo stati mai apertamente ostacolati, né sconsigliati: diciamo che nessuno ci ha voluto autorizzare per ciò che concerne la parte controllata dalla Russia ad attraversare il confine…

Poi per ciò che riguarda l’attraversamento collettivo del confine ci sono in ballo tutta una serie di questioni immaginabili e della oggettive difficoltà della “presa in carico” da parte dell’esercito della Novorossia pertinenti allo stato di guerra e alla nostra sicurezza, e non è immaginabile per un battaglione di neo-nazisti, di cui una buona parte provenienti dall’estero, un bersaglio più appetibile di un autobus con una cinquantina di antifascisti giunti dall’Europa, anche solo, per così dire disincentivare la solidarietà internazionalista.

Nel bene e nel male la Russia da alla Novorossia quella “profondità strategica” e quella legittimità politico-diplomatica che altri fronti di resistenza hanno perso e non possiedono al mondo, e le sorti delle giovani repubbliche popolari sono decise anche ed in buona parte dall’appoggio fattivo della popolazione, non solo del governo, russo… Non dimentichiamoci che circa 5-6 mila combattenti, stando a quanto riportano le stesse repubbliche popolari provengono dalla Russia, e che la raccolta di beni per la popolazione del Donbass ha veramente un “ampio” raggio e una vasta gamma, come dimostrano gli stessi volantini con i beni richiesti che si trovano in punti chiave di Mosca…

  • Uno dei dati che più ci ha colpito della natura delle Repubbliche Popolari del Donbass è il loro carattere di classe. Dai minatori agli operai delle fabbriche agli strati più poveri della popolazione, le Repubbliche Popolari ci sono subito sembrate il risultato politico di una spinta di classe, magari in combinazione con altri interessi più direttamente legati alle oligarchie filo-russe, ma che non è possibile negare o minimizzare. Hai avuto anche tu questa percezione, o è una visione legata più all’immagine che ce ne siamo fatti qui in Italia?

Natura di classe e “spontaneamente” socialista, come l’ha definita un compagno, nonostante le varie anime che la compongono e le identità che la attraversano… Comunque basta guardare alla struttura produttiva e ai suoi riflessi sulla composizione di classe del Donbass per rendersene conto, cosa che gli stessi giornali borghesi sono stati talvolta costretti ad ammettere. Ricordo nitidamente un articolo di Repubblica di alcuni mesi fa, in stile reportage, che narrava la storia di questo operaio che finito il turno in miniera indossava la mimetica e imbracciava un fucile, divenendo miliziano, per poi il giorno successivo ritornare tra le viscere della terra. Direi che una delle chiavi di volta per comprendere il conflitto sia proprio la concentrazione in unità di lavoro del tutto significative anche a livello numerico di una parte della popolazione, la sua natura prevalentemente urbana, la disponibilità al combattimento storicamente radicata in una parte della classe operaia del Donbass. La forma miliziana inziale è stata una conseguenza dell’armamento popolare, mentre le capacità tecniche e organizzative riversate in ambito bellico da un proletariato altamente qualificato, ne hanno determinato anche un certo grado di autonomia nella traiettoria delle Repubbliche Popolari, che al contrario probabilmente non avrebbero avuto.

  • Molto si è scritto sulla presunta partecipazione di organizzazioni o individualità fasciste o nazionaliste all’interno della lotta antifascista per il Donbass. Che impressione hai avuto in merito? Hai potuto conoscere o percepire la presenza o il ruolo di queste organizzazioni o individualità?

A parte che la parola “nazionalismo” in questo caso risulta fuorviante… Se parliamo di “nazisti” russi tout court questi hanno storicamente rapporti con gli ucraini che costituiscono i battaglioni di volontari neo-nazisti. La cosa che ho percepito è che in un paese dove il russo è praticamente l’unica lingua parlata, a parte quella del proprio gruppo etnico di provenienza, tutti, ma proprio tutti,  conoscono almeno due termini di una lingua europea, e le due parole sono: No Pasaran! Con questo non voglio negare la probabile presenza di singoli individui fascisti che sono andati a combattere dalla parte delle Repubbliche Popolari. Ricordo di aver letto in una biografia degli stragisti neo-fascisti Mambro e Fioravanti che durante la guerra civile in Libano, mentre la maggior parte dei fascisti italiani sostenevano i Falangisti, altri “simpatizzavano” o addirittura combattevano per la parte avversa: naturalmente è una cosa che dovrei ricontrollare e verificare, ma quando la lessi mi colpì molto, e alla luce della continuità di una certa corrente del neo-fascismo italiano che arriva fino all’attuale “rosso-brunismo” mi sembrerebbe verosimile allora per il Libano come adesso per il Donbass. Poi della presenza di camerati nessuno di coloro che abbiamo conosciuto che c’è stato più tempo quest’estate e dopo ci ha detto nulla… Se poi la presenza di un singolo individuo è presa a pretesto per “delegittimare” una resistenza popolare chiaramente anti-fascista anche nella simbologia “ostentata” è sintomatico di una totale assenza di motivazioni per sostenere dignitosamente la propria posizione di mancato sostegno alle Repubbliche Popolari…

  • In conclusione, cosa è possibile trarre da questa esperienza per le sorti della sinistra di classe in Italia? Avete avuto modo di confrontarvi con compagni di tutta Europa che hanno partecipato alla carovana, e poi con i compagni russi e ucraini effettivamente in lotta contro il golpe nazi-liberista ucraino. E’ possibile riportare in Italia una sintesi politica di questa esperienza, o più prosaicamente il tutto si ridurrà a una bella avventura che però non avrà la forza di seminare coscienza nelle lotte di classe in Italia?

Penso che sia l’inizio della possibilità di costruzione di una concreta politica internazionalista, questa iniziativa ha dato la chance di aprire una porta che non dobbiamo richiudere, né tanto meno dobbiamo gestire gelosamente le sue chiavi solo tra coloro che hanno già un posizionamento politico ideologico di aperto sostegno alla Resistenza del Donbass, limitandoci a “predicare ai convertiti”. Dobbiamo dare continuità, strumenti organizzativi ed efficacia pratica, parlando sia a quella parte di proletariato russo e ucraino nel nostro paese che sempre meno sotto traccia, esprime la sua volontà di “mobilitarsi”, sia a tutte quelle situazioni che sentono la tendenza alla guerra manifestarsi pesantemente nei propri territori per la nefasta presenza di strutture militari NATO o USA, o UE.

Tutto questo senza dimenticare che si tratta del primo esempio “vittorioso” di sollevazione ai confini dell’Europa contro l’imperialismo dell’UE e degli USA, e contro la “fascistizzazione” del conflitto sociale.

E questa rivolta contro USA e UE ha molto da insegnarci.